Fatto di Lieve Entità: La Cassazione Chiarisce i Limiti con l’Ordinanza 12430/2024
L’applicazione del fatto di lieve entità nei reati legati agli stupefacenti è un tema centrale nel diritto penale, capace di modificare significativamente l’esito di un processo. Con la recente ordinanza n. 12430 del 2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri per il suo riconoscimento, sottolineando come la valutazione non possa limitarsi al solo dato quantitativo della sostanza. La presenza di ingenti somme di denaro, infatti, può essere un indice decisivo di un’offensività non minima.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che aveva negato la qualificazione del reato come di lieve entità. All’imputato era stata contestata la detenzione di un quantitativo di cocaina dal quale era possibile ricavare ben 264,68 dosi. Oltre alla sostanza, le forze dell’ordine avevano rinvenuto una somma in contanti pari a 49.340,00 euro. L’imputato, nel suo ricorso, contestava sia il mancato riconoscimento della lieve entità del fatto sia la legittimità della confisca dell’ingente somma di denaro disposta ai sensi dell’art. 240 bis del codice penale.
L’Analisi della Corte sul Fatto di Lieve Entità
La Suprema Corte ha ritenuto il primo motivo di ricorso manifestamente infondato. Richiamando un consolidato orientamento delle Sezioni Unite (sent. n. 51063 del 2018), i giudici hanno ribadito che l’accertamento del fatto di lieve entità richiede una valutazione complessiva e non atomistica degli elementi della fattispecie.
La Corte ha specificato che per riconoscere la ‘minima offensività penale della condotta’ è necessario considerare:
* Il dato qualitativo e quantitativo della sostanza.
* I mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato non solo il numero elevato di dosi ricavabili, ma anche due elementi sintomatici di una spiccata pericolosità: il rinvenimento della cospicua somma di denaro, indicativa di rilevanti guadagni derivanti dall’attività illecita, e le particolari modalità di occultamento (chiave di casa nascosta). Pertanto, la conclusione che il fatto non fosse di minima offensività è stata ritenuta corretta in diritto e logicamente motivata.
La Questione della Confisca per Sproporzione
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla confisca della somma di 49.340,00 euro, è stato giudicato infondato. La difesa aveva sostenuto che l’imputato stesse semplicemente detenendo il denaro per conto di terzi ignoti, ma non aveva fornito alcuna prova di un’attività lavorativa lecita che potesse giustificare il possesso di una tale cifra.
La Cassazione ha sottolineato che si trattava di una confisca per sproporzione ai sensi dell’art. 240 bis c.p. e non di una confisca ordinaria. Questa misura si applica proprio quando vi è una manifesta sproporzione tra i beni posseduti e il reddito dichiarato o l’attività economica svolta, e il condannato non è in grado di giustificarne la legittima provenienza. L’assenza di prove a sostegno della liceità del denaro ha reso la confisca pienamente legittima.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda sul principio che la valutazione del fatto di lieve entità deve essere globale. Il solo dato ponderale dello stupefacente, sebbene importante, non può essere l’unico parametro di riferimento. Elementi contestuali, come l’ingente disponibilità di denaro contante, sono indicatori cruciali del livello di inserimento del soggetto nel mercato illegale e, di conseguenza, della gravità della condotta. La Corte ha chiarito che non si può ricorrere a medie statistiche per definire la lieve entità, ma è necessario un apprezzamento complessivo di tutti gli indici previsti dalla norma. La confisca, a sua volta, è stata ritenuta corretta in quanto l’imputato non ha superato l’onere di dimostrare la provenienza lecita della somma, risultata sproporzionata rispetto a qualsiasi attività legale.
Conclusioni
Questa ordinanza rafforza un principio fondamentale: per beneficiare dell’attenuante del fatto di lieve entità, non basta essere trovati in possesso di una quantità di droga al di sotto di determinate soglie quantitative. Il giudice deve esaminare l’intero quadro fattuale. La presenza di somme di denaro ingiustificate, attrezzature per il confezionamento o altre circostanze che suggeriscono un’attività strutturata e redditizia possono legittimamente portare all’esclusione dell’ipotesi lieve, con conseguenze significative sulla pena. La sentenza ribadisce inoltre la piena operatività della confisca per sproporzione come strumento per aggredire i patrimoni illeciti accumulati.
Quando può essere escluso il riconoscimento del fatto di lieve entità in un reato di droga?
Può essere escluso quando, oltre al dato quantitativo della sostanza, emergono altri elementi che indicano un’offensività non minima della condotta. Nel caso specifico, il rinvenimento di un’ingente somma di denaro (49.340,00 euro) è stato considerato un indice decisivo di un inserimento in un contesto delinquenziale più ampio.
La valutazione del fatto di lieve entità si basa solo sulla quantità di droga?
No. Secondo la giurisprudenza costante, la valutazione deve essere complessiva e considerare tutti gli indici sintomatici previsti dalla norma, ovvero il dato qualitativo e quantitativo, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Un’analisi basata solo sulla quantità è considerata insufficiente.
Perché è stata confermata la confisca della somma di denaro?
La confisca è stata confermata perché l’imputato non ha fornito alcuna giustificazione credibile sulla lecita provenienza del denaro. La somma è stata ritenuta sproporzionata rispetto a qualsiasi attività lavorativa lecita e, in assenza di prove contrarie, è stata assoggettata a confisca ai sensi dell’art. 240 bis del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12430 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12430 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 28/06/2023 della CORTE APPELLO di GENOVA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto che il primo motivo di ricorso di NOME COGNOME, che contesta la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al diniego di riconoscimento del fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 è manifestamente infondato.
Deve anzitutto rilevarsi che, quanto al diniego di riconoscimento del fatto lieve, la sentenza impugnata, nel disattendere l’orientamento minoritario di cui alla sentenza n. 45061 del 2022, ha ritenuto che il fatto non fosse riconducibile all’ipotesi di minore offensività in ragione del quantitativo di cocaina da cui erano ricavabili n. 264,68 dosi, dalla circostanza che parte di questa era ancora solida, dal rinvenimento di una ingente somma di denaro pari a C 49.340,00 in contanti, sintomatica di un suo inserimento in un contesto delinquenziale per il quale il fatto non può ritenersi di minima offensività.
Motivazione che non presta il fianco a rilievo di illogicità manifesta ed è corretta in diritto.
Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, ribadito dalle Sezioni Unite (S.U. n. 51063 del 27/09/2018. M., Rv. 274076 – 02), la lieve entità del fatto può essere riconosciuta solo in ipotesi di «minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dal disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione). L’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti da disposizione. L’aver valorizzato il dato ponderale, già significativo, accanto alla ingente disponibilità di denaro, segno di rilevanti guadagni ritratti dall’attività illecita, e alle modalità dell’azione (occultamento della chiave di casa) da cui ha tratto la conclusione della non minima offensività del fatto, è conforme a diritto i tenuto conto che in tema di stupefacenti, la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non può effettuarsi in base al solo dato quantitativo, risultante dalla ricognizione statistica su un campione di sentenze che hanno riconosciuto la minore gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della stessa, è necessario fare riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici richiamati dalla norma (Sez. 3 n. 12551 del 14/02/2023 Rv. 284319 – 01).
Rilevato che il secondo motivo di ricorso che contesta la correttezza della motivazione in relazione alla disposta confisca ex art. 240 bis cod.pen. della somma di denaro è f s manifestamente inf ndato in presenza di accertata sproporzione non avendo o l’imputato allegato volgimento di lecita attività lavorativa e in presenza di prospettazione difensiva secondo cui terzi ignoti gli avrebbero chiesto di detenere per loro conto il denaro. La censura che contiene anche ;In incongruo riferimento
all’ammissibilità dell’impugnazione sulla confisca nel caso di pena patteggiata è poi manifestamente infondata là dove ritiene che non sia praticabile la confisca in caso di mera detenzione di sostanza stupefacente, tenuto conto che qui non si tratta di applicazione della confisca ai sensi dell’art. 240 cod.pen. bensì di confisca ai sensi dell’art. 240 bis cod.pen.
Rilevato che pertanto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende.
Così deciso in Roma, il 15 marzo 2024
Il Consiglier COGNOME tensore
Il Presidente