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Fatto di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di due individui condannati per spaccio di stupefacenti. La Corte ha confermato che l’ingente numero di dosi ricavabili, il confezionamento della sostanza e il tentativo di fuga sono elementi che escludono la qualificazione del reato come fatto di lieve entità, indicando un inserimento strutturato nel mercato della droga.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Quando la Cassazione Esclude l’Ipotesi Mite

L’ordinanza n. 7556/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sulla qualificazione giuridica dello spaccio di stupefacenti, e in particolare sulla distinzione tra l’ipotesi ordinaria e il fatto di lieve entità previsto dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990. La Suprema Corte, dichiarando inammissibile il ricorso di due imputati, ha ribadito con fermezza quali sono gli indici che precludono l’applicazione della norma più favorevole, sottolineando come la valutazione debba basarsi su elementi oggettivi e non su mere contestazioni fattuali in sede di legittimità.

I Fatti del Caso

Due soggetti venivano condannati in Corte d’Appello per una serie di reati, tra cui la detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti (hashish), in violazione dell’art. 73, comma 4, del Testo Unico Stupefacenti. Gli imputati decidevano di ricorrere per Cassazione, sostenendo che la loro condotta dovesse essere ricondotta alla fattispecie più lieve del comma 5, ovvero il fatto di lieve entità. La loro difesa si basava su una presunta erronea qualificazione giuridica e su un vizio di motivazione da parte del giudice di merito.

La Decisione della Cassazione: Inammissibilità e il Ruolo della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente le argomentazioni dei ricorrenti, dichiarando i ricorsi inammissibili. La decisione si fonda su un principio cardine del giudizio di legittimità: la Corte non è un terzo grado di giudizio sul fatto, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge.

I giudici hanno chiarito che le censure mosse dagli imputati erano semplici ‘doglianze in punto di fatto’, ossia tentativi di ottenere una nuova e diversa valutazione delle prove, attività preclusa in Cassazione. I ricorsi, infatti, si limitavano a riproporre argomenti già esaminati e motivatamente respinti dalla Corte d’Appello, senza individuare specifici travisamenti del dato probatorio. In altre parole, non è sufficiente proporre una lettura alternativa dei fatti; è necessario dimostrare che il giudice di merito ha interpretato le prove in modo palesemente illogico o errato.

Le motivazioni

Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui la Corte ha confermato la correttezza della sentenza impugnata nell’escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità. La Corte d’Appello aveva analiticamente spiegato perché la condotta non potesse essere considerata di minima offensività. Gli elementi chiave valorizzati sono stati:

Quantità e Confezionamento

La sostanza stupefacente era suddivisa in ben diciotto involucri, da cui era possibile ricavare un numero elevatissimo di dosi, precisamente 2.177. Questo dato quantitativo, unito alla modalità di confezionamento, è stato ritenuto un indicatore inequivocabile di un’attività non occasionale o destinata a un mercato ristretto.

Condotta degli Imputati

Un altro fattore decisivo è stato il comportamento tenuto dai due soggetti al momento del controllo. Essi hanno tentato di darsi alla fuga e di disfarsi di gran parte della sostanza detenuta. Tale condotta, secondo la Corte, non è compatibile con una detenzione di modesta portata, ma rivela la piena consapevolezza dell’illiceità e la volontà di sottrarsi alle conseguenze di un’attività criminale strutturata.

Livello di Inserimento nel Mercato

Sulla base di questi elementi (quantità, confezionamento, tentativo di fuga), i giudici hanno concluso che gli imputati erano inseriti nel mercato dei narcotici a un livello ‘intermedio’. Questa valutazione complessiva esclude a priori la possibilità di qualificare il reato come un fatto di lieve entità, che per sua natura presuppone una lesività minima del bene giuridico protetto.

Conclusioni

L’ordinanza in esame ribadisce un principio consolidato: la valutazione sulla lieve entità del fatto non può basarsi solo sul dato ponderale della sostanza, ma deve tenere conto di un quadro complessivo che include le modalità dell’azione, la qualità e quantità della droga, e ogni altra circostanza del caso concreto. La decisione sottolinea inoltre i limiti del ricorso in Cassazione, che non può trasformarsi in un appello mascherato per ridiscutere il merito dei fatti. Per gli operatori del diritto, questo provvedimento è un monito a costruire ricorsi solidi, fondati su vizi di legittimità e non su mere speranze di una nuova valutazione probatoria.

Quando la detenzione di sostanze stupefacenti non può essere considerata un fatto di lieve entità?
Secondo la Corte, non si può parlare di fatto di lieve entità quando la valutazione complessiva degli elementi indica un’offensività non minima. In questo caso, l’enorme numero di dosi ricavabili, il confezionamento in più involucri e il tentativo di fuga sono stati considerati indici di un inserimento strutturato nel mercato della droga a un livello definito ‘intermedio’.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché le censure proposte dagli imputati erano ‘mere doglianze in punto di fatto’. Invece di contestare errori nell’applicazione della legge, i ricorrenti hanno tentato di ottenere una nuova valutazione delle prove, attività che non rientra nelle competenze della Corte di Cassazione, la quale giudica solo la legittimità della decisione.

Quali elementi specifici ha considerato la Corte per escludere la lieve entità del fatto?
La Corte ha valorizzato tre elementi principali indicati nella sentenza di merito: 1) la suddivisione della droga in diciotto involucri; 2) la possibilità di ricavare ben 2.177 dosi dalla sostanza sequestrata; 3) il tentativo degli imputati di fuggire e di disfarsi della droga, comportamento ritenuto indicativo di un’attività criminale non marginale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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