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Fatto di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità per detenzione di stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione di merito, sottolineando che la qualità, la quantità della sostanza e le modalità della detenzione erano incompatibili con tale ipotesi. La tesi dell’uso personale non è stata ritenuta provata, portando a escludere l’applicazione della fattispecie attenuata.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Quando la Cassazione Ne Esclude l’Applicazione

L’ordinamento giuridico italiano, in materia di stupefacenti, prevede una specifica attenuante per il fatto di lieve entità, disciplinata dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti. Questa norma consente di applicare pene notevolmente più miti quando il reato, per mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze, presenta un’offensività minima. Con l’ordinanza n. 6045/2024, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri per la sua applicazione, rigettando il ricorso di un imputato e confermando la decisione dei giudici di merito.

Il Caso in Esame: Dal Ricorso alla Decisione della Suprema Corte

La vicenda processuale ha origine dal ricorso presentato da un soggetto condannato dalla Corte d’Appello di Lecce per detenzione illecita di sostanze stupefacenti. La difesa del ricorrente sosteneva che la condotta dovesse essere inquadrata nella fattispecie del fatto di lieve entità, in virtù di un presunto uso personale della sostanza.

L’imputato ha quindi adito la Corte di Cassazione, contestando la valutazione della Corte territoriale e chiedendo una riconsiderazione del caso alla luce dell’ipotesi attenuata. La difesa mirava a dimostrare che le circostanze concrete della detenzione fossero compatibili con una minore gravità del reato.

La Valutazione del Fatto di Lieve Entità da parte della Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. I giudici di legittimità hanno ritenuto le censure proposte dalla difesa “manifestamente infondate”. La decisione si basa su un’attenta analisi delle motivazioni della sentenza impugnata, che la Cassazione ha giudicato puntuali, corrette e del tutto adeguate a giustificare l’esclusione della fattispecie attenuata.

I Criteri Determinanti: Qualità, Quantità e Modalità

La Corte ha ribadito che per valutare la sussistenza del fatto di lieve entità non è sufficiente considerare un singolo elemento, come la destinazione a uso personale addotta dalla difesa. È necessario, invece, un esame complessivo di tutti gli indici previsti dalla norma. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano evidenziato:

* Tratti qualitativi e quantitativi della sostanza detenuta.
* Modalità e circostanze della detenzione illecita.

Questi elementi, considerati nel loro insieme, sono stati ritenuti “coerentemente incompatibili” con l’ipotesi di una lieve offensività. La decisione della Corte d’Appello aveva tracciato un quadro probatorio che contrastava nettamente con la richiesta della difesa.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione di inammissibilità sottolineando l’inadeguatezza delle argomentazioni difensive. Il ricorso, secondo i giudici, non riusciva a scalfire la solidità del ragionamento della Corte d’Appello. In particolare, la Cassazione ha evidenziato come la difesa si basasse su una situazione di fatto – l’uso personale della sostanza – che la sentenza impugnata non solo non aveva affermato, ma aveva anzi esplicitamente rilevato come “non comprovata”.

In sostanza, il tentativo di rivendicare l’applicazione dell’attenuante si fondava su un presupposto fattuale che non aveva trovato riscontro nel giudizio di merito. Di conseguenza, le censure sono state considerate prive di fondamento. A fronte dell’inammissibilità del ricorso, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa pronuncia della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti applicativi del fatto di lieve entità. Le conclusioni che possiamo trarre sono principalmente due:

1. La valutazione è globale: L’analisi per il riconoscimento della lieve entità non può essere frammentaria, ma deve tenere conto di tutti gli indicatori previsti dalla legge (qualità, quantità, modalità, etc.).
2. L’onere della prova: La semplice allegazione di circostanze favorevoli, come l’uso personale, non è sufficiente se non è supportata da elementi di prova concreti. La valutazione del giudice di merito, se logicamente motivata e basata su dati oggettivi, è difficilmente censurabile in sede di legittimità.

La decisione riafferma quindi un principio di rigore nella valutazione, volto a evitare che l’attenuante venga applicata in situazioni che, pur non essendo di estrema gravità, non presentano quelle caratteristiche di minima offensività che la legge richiede.

Quando può essere escluso il riconoscimento del fatto di lieve entità nella detenzione di stupefacenti?
Può essere escluso quando i tratti qualitativi e quantitativi della sostanza, uniti alle modalità e alle circostanze della detenzione, sono ritenuti complessivamente incompatibili con un’ipotesi di lieve offensività, come stabilito dai giudici di merito e confermato dalla Cassazione.

La sola affermazione di uso personale della sostanza è sufficiente per ottenere l’attenuante del fatto di lieve entità?
No. Secondo l’ordinanza, una situazione di fatto come l’uso personale, se non è comprovata durante il processo, non è sufficiente a giustificare l’applicazione dell’attenuante, specialmente se altri elementi (quantità, qualità, etc.) depongono in senso contrario.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità comporta, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende, che nel caso di specie è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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