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Fatto di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la qualificazione del reato di spaccio come fatto di lieve entità. La detenzione di 56 grammi di cocaina, da cui si potevano ricavare quasi 300 dosi, e le caratteristiche della sostanza (in ‘pietre’ da lavorare) sono state ritenute incompatibili con la fattispecie di minore gravità, confermando la decisione della Corte d’Appello.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: No alla Qualifica per 56 Grammi di Cocaina

Il concetto di fatto di lieve entità nel diritto penale, specialmente in materia di stupefacenti, rappresenta una valvola di sfogo del sistema per distinguere i piccoli spacciatori dai trafficanti di droga. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva di diversi fattori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce come la quantità, la qualità e le modalità di detenzione della sostanza possano escludere a priori questa qualifica giuridica più favorevole.

I Fatti del Caso: Oltre la Semplice Quantità

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Milano. L’imputato era stato trovato in possesso di 56 grammi di cocaina. L’analisi della sostanza aveva rivelato un’elevata qualità del principio attivo, tale da poter ricavare oltre 290 dosi singole. Un ulteriore elemento, valorizzato dai giudici di merito, era la forma in cui la droga si presentava: due ‘pietre’, un formato che indicava chiaramente come la sostanza dovesse essere ancora lavorata, tagliata e confezionata per la vendita al dettaglio.

La Valutazione del Fatto di Lieve Entità

La difesa dell’imputato aveva basato il ricorso sulla richiesta di applicare la fattispecie attenuata del fatto di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990). Questa norma prevede pene notevolmente inferiori per i casi in cui i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione, ovvero la qualità e quantità delle sostanze, siano di lieve entità.

La Corte d’Appello, tuttavia, aveva respinto questa tesi con argomentazioni ritenute logiche e corrette dalla Cassazione. I giudici di merito avevano correttamente bilanciato i seguenti elementi:

Analisi Quantitativa e Qualitativa

Dato quantitativo: 56 grammi di cocaina sono un quantitativo significativo.
Dato qualitativo: L’elevata purezza, che permetteva di confezionare quasi 300 dosi, indicava una notevole potenzialità offensiva e diffusiva della sostanza.

Caratteristiche Merceologiche

La presentazione in ‘pietre’ non lavorate è stata interpretata come un indicatore del ruolo dell’imputato all’interno della catena dello spaccio, non un semplice pusher finale, ma un soggetto che doveva ancora preparare la droga per il mercato.

Il Ruolo della Cassazione e i Limiti del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale. Il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riesaminare i fatti. Il suo compito è il ‘sindacato di legittimità’, cioè verificare che i giudici precedenti abbiano applicato correttamente la legge e motivato la loro decisione in modo logico e non contraddittorio.

Nel caso specifico, l’imputato non contestava un errore di diritto, ma proponeva una diversa lettura dei fatti, chiedendo alla Suprema Corte di sostituire la propria valutazione a quella, del tutto logica, della Corte d’Appello. Questa richiesta di ‘rivalutazione in fatto’ è estranea ai poteri della Cassazione e conduce inevitabilmente alla dichiarazione di inammissibilità.

Le Motivazioni

La Corte ha ritenuto che il ricorso dovesse essere dichiarato inammissibile perché le argomentazioni difensive miravano a ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. La decisione della Corte territoriale di escludere il fatto di lieve entità era basata su motivazioni solide e non illogiche, fondate sulla combinazione di tre elementi: il dato quantitativo dello stupefacente (56 grammi di cocaina), il numero elevato di dosi ricavabili (oltre 290) e le caratteristiche merceologiche della sostanza (due pietre da lavorare). Questi elementi, complessivamente considerati, indicavano un’offensività non compatibile con la fattispecie di minore gravità.

Le Conclusioni

L’ordinanza riafferma che la valutazione del fatto di lieve entità non si esaurisce nel solo dato ponderale della sostanza. È un giudizio complesso che deve tenere conto di tutti gli indici rilevanti, inclusa la purezza, il numero di dosi potenziali e le modalità di detenzione. La decisione sottolinea inoltre i confini invalicabili del giudizio di cassazione, che non può trasformarsi in una sede per rimettere in discussione l’apprezzamento delle prove e dei fatti compiuto dai giudici di merito, quando questo sia supportato da una motivazione congrua e logica.

Perché il reato non è stato considerato un ‘fatto di lieve entità’?
La qualifica è stata esclusa a causa della combinazione di tre fattori: la quantità significativa di stupefacente (56 grammi di cocaina), l’elevata qualità che permetteva di ricavare quasi 300 dosi e le caratteristiche della sostanza (in ‘pietre’), indicative del fatto che dovesse ancora essere lavorata per lo spaccio.

Per quale motivo il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti e delle prove, attività che esula dalle competenze della Corte di Cassazione. Il ruolo della Suprema Corte è verificare la corretta applicazione della legge, non riesaminare il merito della vicenda.

La quantità di droga è l’unico elemento che conta per definire un fatto di lieve entità?
No. Questa ordinanza conferma che la quantità è solo uno degli elementi. La valutazione deve essere complessiva e considerare anche la qualità e purezza della sostanza, il numero di dosi ricavabili e ogni altra circostanza utile a definire la reale portata e offensività della condotta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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