Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 17999 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 17999 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a SAN MARCO IN LAMIS il 19/04/1990
avverso la sentenza del 13/02/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME NOME ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe, contestando, per violazione di legge e vizio di motivazione, il mancato accoglimento del motivo con cui chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità ex art. 73 co. 5 DPR. 309/90.
Il motivo è riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito, non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’att impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto e, pertanto, immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto con ampia motivazione, pienamente corrispondente ai principi più volte affermati sul punto, del perché hanno ritenuto i fatti in contestazione non riconducibili alla previsione incriminatrice di cui all’art. 73 co. 5 Dpr. 309/90 (cfr. pag. 3 e 4 sentenza impugnata), con riferimento all’elevato numero di cessioni in un limitato arco temporale, al quantitativo di stupefacente ceduto e all’elevato principio attivo e alle modalità di cessione che evidenziano dei contatti fiduciari con la criminalità organizzata tali da consentire all’imputato un approvvigionamento costante della sostanza.
La sentenza de quo, pertanto, appare pienamente conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’esit della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando
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R.G.
priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv.
274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010,
Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 cfr.
anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in
esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistati e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il
confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695
del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per
la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori).
4. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616
cod.proc.pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità (Corte Cost., sent. n. 186/2000), al versamento della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 8 aprile 2025 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Presidente