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Fatto di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità per spaccio di stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, escludendo la lieve entità a causa dell’elevato numero di cessioni, della quantità di droga e dei contatti con la criminalità organizzata.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: la Cassazione nega lo sconto per spaccio continuo

L’applicazione della circostanza attenuante del fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del D.P.R. 309/90 in materia di stupefacenti, è spesso al centro di dibattiti giurisprudenziali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito i confini restrittivi di questa norma, chiarendo che non può essere riconosciuta in presenza di una consolidata attività di spaccio, anche se i singoli episodi potrebbero apparire di modesta portata. La decisione sottolinea come una valutazione complessiva della condotta sia fondamentale per determinare la reale offensività del reato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. L’imputato aveva impugnato la sentenza della Corte d’Appello, lamentando il mancato riconoscimento della circostanza attenuante del fatto di lieve entità. La sua difesa sosteneva che le singole cessioni fossero di modesta entità e che, pertanto, la condotta complessiva dovesse essere inquadrata nella fattispecie meno grave prevista dalla legge.

Analisi dei criteri per il fatto di lieve entità

La Corte d’Appello aveva già respinto tale richiesta, basando la propria decisione su una serie di elementi concreti che delineavano un quadro ben diverso da un’attività occasionale o di minima importanza. I giudici di merito avevano evidenziato:

* L’elevato numero di cessioni avvenute in un arco temporale limitato.
* Il quantitativo totale di stupefacente ceduto.
* L’elevato principio attivo della sostanza, indice di una maggiore pericolosità.
* Le modalità di cessione, che suggerivano contatti fiduciari con la criminalità organizzata per garantire un approvvigionamento costante.

Questi fattori, considerati nel loro insieme, indicavano un’attività di spaccio strutturata e non meritevole del più mite trattamento sanzionatorio.

La Decisione della Cassazione e la valutazione complessiva

La Suprema Corte, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha pienamente condiviso l’impostazione della Corte d’Appello. I giudici di legittimità hanno innanzitutto qualificato il motivo di ricorso come una mera riproposizione di argomentazioni già adeguatamente valutate e respinte, prive di una reale critica alla motivazione della sentenza impugnata. Entrando nel merito della questione giuridica, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la valutazione del fatto di lieve entità deve essere complessiva e non atomistica.

Non basta guardare alla singola cessione, ma occorre considerare tutti i parametri indicati dalla norma: mezzi, modalità, circostanze dell’azione, nonché qualità e quantità delle sostanze. La Corte ha specificato che anche un solo indice negativo può essere “assorbente” e sufficiente a escludere la lieve entità, rendendo irrilevanti le altre considerazioni.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione si fonda su due pilastri principali. Il primo è di natura processuale: il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non si confrontava criticamente con le ragioni logiche e giuridiche della sentenza di appello, limitandosi a ripetere le stesse doglianze. La Corte ha ricordato che il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito dove poter ridiscutere i fatti, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge.

Il secondo pilastro è di natura sostanziale. La Corte ha ritenuto la motivazione dei giudici d’appello “logica, congrua e corretta in punto di diritto”. La decisione di negare la lieve entità era giustificata dall’analisi complessiva della condotta dell’imputato. L’elevato numero di cessioni, la quantità di sostanza e, soprattutto, i legami con la criminalità organizzata per l’approvvigionamento sono stati considerati elementi che dipingono un quadro di offensività penale tutt’altro che minima, incompatibile con la ratio della norma attenuante.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la qualificazione di un reato in materia di stupefacenti come fatto di lieve entità richiede un’attenta e globale analisi della condotta. Non è sufficiente che la singola cessione riguardi piccole quantità se l’attività è sistematica, prolungata nel tempo e, soprattutto, se rivela connessioni con ambienti criminali strutturati. La decisione serve da monito: la giustizia valuta il fenomeno nel suo complesso, e una comprovata continuità nell’attività di spaccio, unita a modalità operative allarmanti, chiude la porta a qualsiasi beneficio previsto per le condotte di minima offensività.

Quando può essere escluso il riconoscimento del fatto di lieve entità nello spaccio di stupefacenti?
Può essere escluso quando la condotta, valutata nel suo complesso, non presenta una minima offensività penale. Elementi decisivi in senso negativo possono essere un elevato numero di cessioni in un breve periodo, il quantitativo totale di droga, un alto principio attivo e modalità operative che indicano contatti con la criminalità organizzata per l’approvvigionamento.

Cosa rende un ricorso in Cassazione inammissibile in casi come questo?
Un ricorso è inammissibile se si limita a riproporre censure già esaminate e motivatamente respinte dal giudice di merito, senza una specifica e critica analisi delle argomentazioni della sentenza impugnata e senza enunciare chiaramente le ragioni di diritto che lo giustificano.

È sufficiente un solo parametro negativo per escludere la lieve entità del fatto?
Sì. La sentenza chiarisce che la valutazione deve essere complessiva, ma è possibile che uno solo degli indici previsti dalla legge (mezzi, modalità, circostanze, quantità e qualità) risulti “negativamente assorbente”, rendendo irrilevante ogni altra considerazione e portando di per sé all’esclusione del beneficio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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