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Fatto di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 43012/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità per spaccio di stupefacenti. La decisione si basa sulla notevole quantità di hashish (585g) e sulla presenza di cocaina, oltre che sull’inserimento del soggetto in una rete di spaccio collaudata, elementi ritenuti incompatibili con l’ipotesi di reato minore.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: I Criteri della Cassazione per Escluderlo

L’applicazione della norma sul fatto di lieve entità nel contesto dei reati di droga è uno dei temi più dibattuti nelle aule di giustizia. La sua concessione può trasformare radicalmente l’esito di un processo, riducendo notevolmente la pena. Tuttavia, i confini per la sua applicazione non sono sempre netti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 43012 del 2024, offre un importante chiarimento sui criteri che portano a escludere questa attenuante, anche quando le argomentazioni difensive sembrano plausibili.

Il Caso in Analisi: Oltre la Semplice Quantità

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello di Bari. L’imputato era stato condannato per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, nello specifico 585 grammi di hashish e 5,8 grammi di cocaina. La difesa puntava al riconoscimento dell’ipotesi del fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, sostenendo che le circostanze complessive del reato lo giustificassero.

La Corte d’Appello aveva già respinto questa tesi, e l’imputato ha quindi tentato la via del ricorso in Cassazione, contestando la motivazione dei giudici di secondo grado.

La Decisione della Cassazione sul Fatto di Lieve Entità

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando in toto la valutazione della Corte d’Appello. La decisione si fonda su un principio giuridico consolidato: la valutazione del fatto di lieve entità deve essere globale e tenere conto di tutti i parametri indicati dalla legge.

I Parametri di Valutazione

La legge richiede al giudice di considerare una serie di indici per stabilire se un episodio di spaccio possa essere qualificato come lieve. Questi includono:

* Dato quantitativo: il peso della sostanza stupefacente.
* Dato qualitativo: il tipo di droga e la sua capacità di produrre effetti dannosi.
* Mezzi e modalità dell’azione: le tecniche utilizzate per lo spaccio e l’organizzazione.
* Circostanze dell’azione: il contesto in cui si è svolto il reato.

La Corte ha sottolineato che, qualora anche uno solo di questi indici risulti “negativamente assorbente”, ovvero così grave da pesare più di tutti gli altri, ogni ulteriore considerazione diventa irrilevante.

L’Importanza della Rete di Spaccio

Nel caso specifico, i giudici hanno individuato due elementi decisivi per escludere la lieve entità. Il primo è il dato ponderale (quasi 600 grammi di hashish) e la compresenza di due diverse tipologie di droghe (droghe leggere e pesanti). Il secondo, ancora più significativo, è stato l’inserimento dell’imputato in una “rete di spaccio collaudata”. Questo elemento ha dimostrato una non occasionalità dell’attività criminale e un livello di organizzazione incompatibile con un fatto di modesta entità.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte Suprema sono chiare e dirette. Il ricorso è stato giudicato “del tutto generico” perché non ha saputo scalfire la logica e corretta applicazione dei principi di diritto operata dalla Corte d’Appello. La sentenza impugnata aveva correttamente valutato tutti gli elementi a disposizione, concludendo che le modalità dello spaccio e l’integrazione in una struttura organizzata erano circostanze ostative al riconoscimento della lieve entità. La Cassazione ribadisce che il giudice di merito ha il compito di bilanciare tutti gli indici e che, in presenza di elementi di particolare gravità, come la quantità ingente di una sostanza e l’appartenenza a un network criminale, la richiesta di applicazione del comma 5 dell’art. 73 non può trovare accoglimento.

Le Conclusioni

L’ordinanza n. 43012/2024 rafforza un orientamento giurisprudenziale ormai stabile: la valutazione del fatto di lieve entità non è un mero calcolo matematico basato sul peso della droga, ma un’analisi complessa del disvalore penale della condotta. L’implicazione pratica è fondamentale: chi viene trovato in possesso di stupefacenti non può sperare automaticamente in un trattamento sanzionatorio mite solo perché, magari, la quantità di una delle sostanze è modesta. Se il quadro generale, comprese le modalità operative e il contesto, rivela una professionalità e un’integrazione nel mercato illegale, le porte per l’applicazione della norma di favore si chiudono. Questa decisione serve da monito, sottolineando che l’organizzazione e la sistematicità dell’attività di spaccio sono fattori che aggravano la posizione dell’imputato in modo decisivo.

Quando un reato di spaccio non è considerato di lieve entità?
Un reato di spaccio non è considerato di lieve entità quando anche uno solo dei parametri di valutazione (quantità e qualità della droga, mezzi, modalità e circostanze dell’azione) risulta particolarmente grave. In questo caso, la notevole quantità di hashish, la presenza di cocaina e l’inserimento in una rete di spaccio organizzata sono stati ritenuti decisivi per escludere la lieve entità.

La sola quantità di droga sequestrata è sufficiente per escludere il fatto di lieve entità?
Sebbene la quantità sia un indice fondamentale, la valutazione deve essere complessiva. Tuttavia, l’ordinanza chiarisce che se un parametro, come un quantitativo particolarmente ingente, risulta ‘negativamente assorbente’, può essere da solo sufficiente a escludere l’ipotesi di reato minore, rendendo irrilevanti le altre considerazioni.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile, come in questo caso, non esamina il merito della questione. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, che qui è stata fissata in 3000 euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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