Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 30643 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 30643 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Cava dei Tirreni il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 24-10-2023 della Corte di appello di Salerno; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; lette le conclusioni rassegnate dall’AVV_NOTAIO COGNOME, difensore di fiducia dell’imputato, il quale ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24 ottobre 2023, la Corte di appello di Salerno confermava la decisione del 29 marzo 2023, con cui il G.U.P. del Tribunale di Salerno aveva condannato NOME COGNOME alla pena di anni 4, mesi 4 di reclusione e 18.000 euro di multa, in quanto ritenuto colpevole dei reati di cui agli art. 73, comma 1, e 73, comma 4, del d.P.R. n. 309 del 1990; fatti accertati in Vietri sul Mare il 9 novembre 2022.
Avverso la sentenza della Corte di appello campana, COGNOME, tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
Con il primo, la difesa eccepisce la nullità della sentenza, non avendo i giudici di secondo grado tenuto conto delle conclusioni scritte inviate dal difensore, come da ricevuta telematica datata 16 ottobre 2023, avendo la Corte territoriale affermato erroneamente che le uniche conclusioni pervenute erano quelle del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO.
Con il secondo motivo, la difesa censura il mancato riconoscimento della fattispecie di lieve entità, che ben poteva essere applicata in ragione dei quantitativi rinvenuti presso il domicilio dell’imputato e delle modalità dell’azione, relativa a episodi di “microspacci
2.1. Con memoria trasmessa il 28 marzo 2024, l’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, difensore di NOME, ha insistito nell’accoglimento del ricorso, ribadendone gli argomenti
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Iniziando dal primo motivo, occorre innanzitutto premettere che nella sentenza impugnata (pag. 4) si dà erroneamente atto che le uniche conclusioni pervenute sono quelle del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, mentre in realtà anche la difesa aveva fatto pervenire conclusioni scritte, con le quale l’appellante si riportava sostanzialmente ai motivi di impugnazione, senza aggiungere significativi elementi di novità rispetto ai contenuti dell’appello.
Orbene, ritiene il Collegio che l’omesso esame da parte della Corte territoriale delle conclusioni difensive non integra alcun profilo di nullità, dovendosi in tal senso richiamare l’affermazione della giurisprudenza di legittimità (cfr. Sez. 2, n. 25365 del 16/02/2023, Rv 284865, Sez. 2, n. 30232 del 16/05/2023, Rv. 284802 e Sez. 6, n. 44424 del 30/09/2022, Rv. 284004), secondo cui l’omessa valutazione delle conclusioni scritte inviate dalla difesa a mezzo PEC ex art. 23-bis del decreto legge n. 137 del 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 176 del 2020, integra un’ipotesi di nullità AVV_NOTAIO a regime intermedio per lesione del diritto di intervento dell’imputato, ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c), proc. pen., a condizione che esse abbiano un autonomo contenuto argomentativo volto a sostenere le ragioni del gravame, perché solo in tal caso costituiscono effettivo esercizio del diritto di difesa, mentre l’omessa valutazione delle conclusioni da parte della Corte di appello dà luogo a un’irregolarità non invalidante, trattandosi di conclusioni meramente “apparenti”,
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come appunto devono essere reputate quelle che la Corte di appello ha omesso di menzionare, assumendo invece rilievo il fatto che la sentenza impugnata si è confrontata con tutti i temi devoluti nell’appello, fornendo ad essi risposte pertinenti ed esaurienti. Di qui l’infondatezza della doglianza difensiva.
Alla medesima conclusione deve pervenirsi rispetto al secondo motivo, riguardante il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 del d.P.R. n. 309 del 1990.
2.1. Sul punto occorre innanzitutto richiamare il costante orientamento di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 13982 del 20/02/2018, Rv. 272529), secondo cui, in tema di stupefacenti, la valutazione dell’offensività della condotta non deve essere ancorata al solo dato della quantità di volta in volta ceduta, ma deve essere frutto di un giudizio più ampio che coinvolga ogni aspetto del fatto nella sua dimensione oggettiva, avuto riguardo, in particolare, all concrete capacità di azione del soggetto e alle sue relazioni con il mercato di riferimento, all’entità della droga movimentata in un determinato lasso di tempo, al numero di assuntori riforniti, alla rete organizzativa e/o alle peculiari modalità adottate per porre in esser condotte illecite al riparo da controlli e azioni repressive delle forze dell’ordine. Tale appr interpretativo è stato sviluppato ulteriormente dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 51063 del 27/09/2018, Rv. 274076, ricorrente COGNOME, con cui si è precisato che la valutazione degli indici di lieve entità elencati dal comma 5 dell’art. 73 deve esser complessiva, il che significa abbandonare l’idea che gli stessi possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, riconoscendo o escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri. Ma, allo stesso tempo, ciò significa anche che tali indici non devono tutti indistintamente avere segno positivo o negativo, nel senso che il percorso tracciato dal legislatore impone di considerare anche la possibilità che tra gli stessi si instaurino rappor di compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto, anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Orbene, la Corte di appello si è posta in sintonia con tale impostazione, valorizzando, in senso ostativo al riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73 comma 5 de d.P.R. n. 309 del 1990, sia la quantità dello stupefacente caduto in sequestro, idoneo al confezionamento di 1179 dosi di hashish, 261 dosi di marijuana e 55 dosi di cocaina, sia l’eterogeneità delle sostanze trattate, circostanza rivelatrice della capacità dell’imputato procurarsi merce di varia natura e provenienza, sia la natura non occasionale della condotta, essendo avvenuto il ritrovamento dello stupefacente in occasione di una perquisizione domiciliare svolta all’atto della notifica di un’ordinanza cautelare emessa a carico de ricorrente e relativa proprio a reati di droga, a ciò aggiungendosi che, dopo l’arresto per fatti di causa, COGNOME, benché ristretto in regime custodiale domestico, ha continuato trafficare droga, tanto è vero che la misura disposta nei suoi confronti è stata aggravata.
Ora, a fronte di un apparato argomentativo tutt’altro che illogico, non vi è spazio l’accoglimento delle censure difensive, che, senza invero smentire gli elementi fattua valorizzati dalla sentenza impugnata, prospettano, peraltro in termini non adeguatamente specifici, differenti valutazioni di merito che esulano dal perimetro del giudizio di legitti
In conclusione, stante l’infondatezza delle doglianze sollevate, il ricorso propo nell’interesse di COGNOME deve essere rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ai s dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 12/04/2024