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Fatto di lieve entità: quando non si applica?

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per spaccio di stupefacenti che chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità. La decisione si basa sulla correttezza della valutazione della Corte d’Appello, che aveva escluso la lieve entità in considerazione della notevole quantità di cocaina (mezzo chilogrammo), dei precedenti specifici dell’imputato e dell’esistenza di uno stabile canale di approvvigionamento. L’ordinanza ribadisce che la valutazione sulla gravità del fatto è un’analisi complessiva che spetta ai giudici di merito.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Quando la Quantità e i Precedenti Contano di Più

Nel diritto penale in materia di stupefacenti, la distinzione tra lo spaccio ‘ordinario’ e il fatto di lieve entità previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990 è fondamentale, poiché comporta conseguenze sanzionatorie molto diverse. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione (n. 13283/2024) offre un chiaro esempio di come i giudici valutano i criteri per concedere o negare questa attenuante, sottolineando l’importanza di un’analisi complessiva che va ben oltre il solo peso della sostanza.

I Fatti del Caso: un Ricorso contro la Condanna per Spaccio

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo condannato dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria per traffico di stupefacenti. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. Il punto centrale del ricorso era la richiesta di derubricare il reato nella fattispecie più lieve, sostenendo che la corte di merito non avesse valutato correttamente la sua posizione. Tuttavia, la difesa non ha convinto i giudici di legittimità.

La Valutazione del Fatto di Lieve Entità secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo di natura prettamente ‘valutativa’. In altre parole, l’imputato chiedeva alla Suprema Corte una nuova valutazione dei fatti, un compito che non le spetta. Il ricorso, inoltre, non presentava una critica argomentata e specifica delle ragioni esposte nella sentenza impugnata. La Corte ha invece confermato la correttezza del ragionamento seguito dalla Corte d’Appello, che aveva applicato i principi stabiliti dalle Sezioni Unite (sentenza Murolo, n. 51063/2018).

Gli Indici Sintomatici per Escludere la Lieve Entità

La decisione di negare il fatto di lieve entità non era affatto immotivata. I giudici di merito avevano fondato la loro conclusione su una serie di elementi concreti e inequivocabili:

* Il dato ponderale: La quantità di sostanza sequestrata, pari a mezzo chilogrammo di cocaina, è stata considerata un elemento di per sé significativo.
* I precedenti penali: L’imputato era già stato condannato in passato per un reato della stessa natura, un fattore che indica una certa inclinazione a delinquere.
* L’organizzazione del traffico: Dalle indagini era emerso che l’imputato disponeva di un ‘stabile canale di fornitura’. Questo gli permetteva di gestire un traffico di droga non occasionale, che si estendeva dalla sua terra d’origine, il Salernitano, fino alla provincia di Reggio Calabria, come dimostrato dai numerosi viaggi documentati in quella zona.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte di Cassazione è chiara e si fonda su principi consolidati. L’accertamento della lieve entità del fatto non può basarsi su un singolo elemento, come la quantità o la qualità della droga, ma richiede una valutazione complessiva di tutti gli ‘indici sintomatici’ previsti dalla norma. La Corte d’Appello ha eseguito correttamente questa valutazione, esaminando in modo logico e coerente il peso della sostanza, la storia criminale dell’imputato e la struttura organizzativa del suo traffico illecito. Poiché la motivazione della sentenza impugnata era immune da vizi logici, non era censurabile in sede di legittimità. Di conseguenza, stante l’inammissibilità del ricorso e l’assenza di una scusabile colpa nel proporlo, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità, non basta sperare in una valutazione isolata di un singolo elemento favorevole. È necessario che l’intera vicenda, nel suo complesso, mostri una ridotta offensività. La presenza di un quantitativo ingente, unita a precedenti specifici e a una rete di traffico ben avviata, crea un quadro probatorio che rende quasi impossibile la concessione dell’attenuante. Per la difesa, ciò significa che un ricorso in Cassazione su questo punto ha scarse probabilità di successo se non è in grado di dimostrare un’evidente illogicità o contraddittorietà nella motivazione della sentenza di merito.

Quando può essere escluso il fatto di lieve entità nello spaccio di stupefacenti?
Secondo questa ordinanza, il fatto di lieve entità può essere escluso quando una valutazione complessiva degli elementi indica una significativa gravità del reato. Fattori determinanti sono stati la notevole quantità di droga (mezzo chilo di cocaina), la presenza di precedenti penali specifici e l’esistenza di un canale di fornitura stabile e organizzato.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché è stato ritenuto di natura puramente valutativa, ovvero chiedeva alla Corte Suprema di riesaminare i fatti, compito che spetta ai giudici di merito. Inoltre, mancava di un’analisi critica e specifica delle argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, che era stata motivata in modo logico e coerente.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria aggiuntiva di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dalla legge quando non si ravvisa un’assenza di colpa nel determinare la causa di inammissibilità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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