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Fatto di lieve entità: quando non si applica

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato, confermando la decisione di non riconoscere il fatto di lieve entità per la detenzione di sostanze stupefacenti. La motivazione si basa sull’ingente quantitativo di droga (oltre 1200 dosi totali tra cocaina e marijuana) e sulla professionalità dimostrata, elementi considerati incompatibili con la minima offensività richiesta dalla legge. Viene inoltre respinta la richiesta di continuazione tra reati a causa di un lasso temporale di sette anni.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando centinaia di dosi escludono la lieve entità

L’applicazione del fatto di lieve entità nei reati legati agli stupefacenti è un tema centrale nel diritto penale, poiché consente una significativa riduzione della pena. Tuttavia, non è un’ipotesi applicabile indiscriminatamente. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti di questa fattispecie, sottolineando come l’ingente quantitativo di droga e la professionalità dell’agente siano elementi ostativi al suo riconoscimento.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un soggetto contro una sentenza della Corte d’Appello. Quest’ultima aveva negato la qualificazione del reato come fatto di lieve entità, ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. La decisione dei giudici di merito si fondava su dati oggettivi incontrovertibili: l’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo di sostanze stupefacenti di diverso tipo (cocaina e marijuana) dal quale sarebbe stato possibile ricavare ben 846 dosi di marijuana e 378 dosi di cocaina. Oltre a ciò, le circostanze dell’azione evidenziavano una chiara professionalità nell’attività illecita.

La Decisione della Corte di Cassazione e i Criteri per il Fatto di Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo manifestamente infondato. I giudici hanno ribadito che la configurabilità del fatto di lieve entità dipende da una valutazione complessiva di tutti gli indici previsti dalla norma: mezzi, modalità, circostanze dell’azione, nonché i dati qualitativi e quantitativi della sostanza. L’obiettivo è accertare una “minima offensività penale della condotta”.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha articolato le sue motivazioni su alcuni punti cardine. In primo luogo, ha evidenziato come il dato quantitativo, nel caso di specie, fosse di per sé ostativo. La detenzione di sostanze sufficienti a confezionare centinaia di dosi (oltre 1200 in totale) rappresenta un’aggressione ai beni giuridici protetti incompatibile con una valutazione di ridotta offensività.

I giudici hanno richiamato il principio della “pregnanza negativa assorbente”, secondo cui un singolo indice, se particolarmente grave, può essere talmente pregiudizievole da neutralizzare ogni altro elemento potenzialmente favorevole. In questo contesto, l’enorme quantità di droga è stata considerata un fattore così negativo da rendere irrilevante qualsiasi altra considerazione.

La Cassazione ha inoltre distinto nettamente la situazione in esame dalle ipotesi di “piccolo spaccio”. Quest’ultima si caratterizza per una minore portata dell’attività, una ridotta circolazione di merce e denaro, e guadagni limitati. La detenzione di una scorta per la vendita può rientrare nel piccolo spaccio solo se le dosi sono conteggiabili a “decine”, non a “centinaia” come nel caso di specie.

Infine, è stato respinto anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla mancata applicazione dell’istituto della continuazione tra reati (art. 671 c.p.p.). La Corte ha ritenuto che il notevole lasso temporale di sette anni tra i reati già giudicati e quelli attuali escludesse la sussistenza di un medesimo disegno criminoso.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso: il riconoscimento del fatto di lieve entità non è un automatismo, ma il risultato di un’attenta e complessiva analisi della specifica vicenda. Un quantitativo di stupefacenti particolarmente ingente, soprattutto se unito a indicatori di professionalità, costituisce un ostacolo insormontabile all’applicazione della norma di favore. La decisione riafferma che la finalità dell’art. 73, comma 5, è quella di mitigare il trattamento sanzionatorio solo per condotte che presentino un’offensività realmente minima, escludendo categoricamente le attività di spaccio strutturate e su larga scala.

Quando può essere escluso il riconoscimento del ‘fatto di lieve entità’ in un reato di droga?
Secondo la Corte, il ‘fatto di lieve entità’ è escluso quando gli elementi del caso concreto indicano un’offensività non minima. In particolare, la detenzione di sostanze di tipo diverso (cocaina e marijuana) da cui è possibile ricavare centinaia di dosi (in questo caso, 846 di marijuana e 378 di cocaina) e le circostanze che denotano la professionalità del reo sono fattori decisivi per negare il beneficio.

Cosa si intende per ‘pregnanza negativa assorbente’ nella valutazione del reato?
È un principio secondo cui uno degli indici previsti dalla legge (come la quantità della droga) può risultare talmente grave e negativo da essere ‘assorbente’, cioè da rendere irrilevante ogni altra considerazione potenzialmente favorevole. Un dato così pregiudizievole non può essere neutralizzato o attenuato da altri indici, portando di fatto all’esclusione della lieve entità.

Perché la Corte ha negato l’applicazione della continuazione tra reati?
La Corte ha respinto la richiesta di applicare l’articolo 671 del codice di procedura penale (continuazione) perché ha ritenuto insussistente il ‘medesimo disegno criminoso’. Il fattore determinante per questa decisione è stato il rilevante lasso temporale, pari a sette anni, trascorso tra i reati già giudicati e quelli oggetto del procedimento attuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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