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Fatto di lieve entità: quando lo spaccio è grave

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per spaccio di stupefacenti, la quale richiedeva la riqualificazione del reato come fatto di lieve entità. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, sottolineando che elementi come la pluralità di sostanze smerciate, il numero di acquirenti e la destinazione della droga alla reimmissione sul mercato indicano un’attività di traffico non occasionale e allarmante, incompatibile con la fattispecie di minor gravità.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Quando lo Spaccio di Droga non è Mai “Piccolo”

Nell’ambito dei reati legati agli stupefacenti, la distinzione tra spaccio ‘comune’ e fatto di lieve entità rappresenta un punto cruciale, con enormi differenze sul piano sanzionatorio. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito con fermezza i criteri per questa distinzione, chiarendo come un’attività strutturata e non occasionale escluda automaticamente la possibilità di beneficiare della qualifica più mite. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i confini di questa importante fattispecie.

Il Caso in Esame: Pluralità di Sostanze e Acquirenti

Il caso ha origine dal ricorso di una donna condannata dalla Corte d’Appello per il reato di spaccio di sostanze stupefacenti, previsto dall’art. 73 del d.P.R. 309/1990. La difesa dell’imputata mirava a ottenere una riqualificazione del reato, sostenendo che le circostanze concrete lo rendessero un fatto di lieve entità, come previsto dal comma 5 dello stesso articolo. Tale richiesta era già stata respinta nel giudizio di merito.

I giudici di secondo grado avevano infatti basato la loro decisione su elementi probatori chiari: l’attività di spaccio non era isolata, ma coinvolgeva una pluralità di sostanze stupefacenti, un numero significativo di acquirenti e, aspetto decisivo, la droga ceduta era destinata a essere a sua volta reimmessa sul mercato. Questi fattori, nel loro insieme, delineavano un quadro di traffico rilevante, ben lontano dall’occasionalità tipica dei casi meno gravi.

La Valutazione Complessiva per il Fatto di Lieve Entità

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha colto l’occasione per riaffermare il principio fondamentale che governa la configurabilità del fatto di lieve entità. La valutazione non può essere parcellizzata o limitata a un singolo aspetto (come la sola quantità di droga). Al contrario, il giudice deve compiere un’analisi complessiva che tenga conto di tutti gli indicatori della condotta.

Questi indicatori includono:
* Mezzi: le modalità organizzative dell’attività.
* Modalità e circostanze dell’azione: il contesto in cui si svolge lo spaccio.
* Quantità e qualità delle sostanze: inclusa la purezza del principio attivo.

Solo quando l’esame congiunto di questi elementi porta a concludere che l’offensività del fatto è contenuta e la pena ordinaria risulterebbe sproporzionata, si può applicare la norma più favorevole.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile principalmente perché tendeva a una rivalutazione del materiale probatorio, un’operazione preclusa in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che la motivazione della Corte territoriale era del tutto logica e coerente. La Corte d’Appello aveva correttamente valorizzato elementi fattuali decisivi, come la varietà delle droghe e il numero di clienti, deducendo logicamente che l’imputata si trovava al centro di una rilevante attività di traffico.

La decisione di considerare il fatto come non occasionale e allarmante è stata ritenuta ben fondata. La Corte ha ribadito che la pluralità di acquirenti e la destinazione della sostanza a un’ulteriore commercializzazione sono indici chiari di un’operatività criminale strutturata, che per sua natura è incompatibile con la nozione di lieve entità. In sostanza, il ricorso non presentava vizi di legittimità, ma si limitava a riproporre argomentazioni di merito già adeguatamente respinte.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. L’insegnamento pratico è chiaro: per sperare in una riqualificazione del reato come fatto di lieve entità, non basta concentrarsi su un singolo aspetto potenzialmente favorevole. È necessario che l’intera condotta, analizzata in ogni suo aspetto (organizzativo, quantitativo e modale), risulti complessivamente di minima offensività. La presenza di indici che suggeriscono professionalità o un inserimento stabile nel mercato dello spaccio, come la gestione di diversi tipi di droga e una clientela consolidata, costituisce un ostacolo quasi insormontabile all’applicazione della fattispecie di minor gravità.

Quali criteri usa un giudice per decidere se uno spaccio è un fatto di lieve entità?
Il giudice deve effettuare una valutazione complessiva del fatto, considerando i mezzi utilizzati, le modalità e le circostanze dell’azione, nonché la quantità, la qualità e il grado di purezza delle sostanze. Non è sufficiente basarsi su un solo elemento.

Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non denunciava un errore nell’applicazione della legge, ma chiedeva alla Corte di riesaminare i fatti e le prove, un’attività che non rientra nelle sue competenze. La motivazione della corte precedente è stata ritenuta logica e corretta.

Vendere diversi tipi di droga a più persone può essere considerato un fatto di lieve entità?
Secondo questa ordinanza, no. La Corte ha specificato che la pluralità di sostanze stupefacenti smerciate e il numero di acquirenti sono elementi che indicano un’attività di traffico rilevante, non occasionale e allarmante, incompatibile con la definizione di lieve entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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