Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26240 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26240 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NASRI COGNOME (CUI 063VNXK) nato il 01/01/1984
avverso la sentenza del 03/10/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lucca del 27 gennaio 2022, ha confermato la condanna dell’imputato in ordine ai reati di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen., 73, comma 1 e 6 d. P.R., n. n. 309/1990 (capi di imputazione VII, X, XI, XVI, XIX), dichiarando l’estinzione per intervenuta prescrizione dei reati di cui agli altri capi di imputazione. Il ricorrente deduce violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione in relazione al mancato riconoscimento del fatto di lieve entità ex art. 73 co. 5 DPR. 309/90.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità. Lo stesso, in particolare, lungi dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limita a reiterare profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello, altresì lamentando, in maniera del tutto generica e aspecifica, una presunta carenza o illogicità della motivazione non emergente dal provvedimento impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
2.1. I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto con ampia motivazione, pienamente corrispondente ai principi più volte affermati sul punto, del perché hanno ritenuto i fatti in contestazione non riconducibili alla previsione incriminatrice di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90 (cfr. pagg. 10-11 della sentenza impugnata), a tal fine evidenziando la natura coordinata e sistematica dell’attività di spaccio, nel cui ambito si inserisce la condotta dell’imputato, il qual è stato trovato in possesso di strumenti funzionali a eludere i controlli e le azioni repressive delle forze dell’ordine – tra cui, in particolare, schede SIM intestate a soggetti terzi.
La Corte territoriale ha inoltre tenuto conto del contesto spazio-temporale dell’azione e dell’elevato numero di assuntori riforniti, tra cui anche soggetti minori di diciotto anni. Tali elementi sono stati ritenuti indicativi dell’esistenza di un’at vità di spaccio avente carattere professionale, verosimilmente riconducibile alla gestione strutturata di una vera e propria “piazza di spaccio”.
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R.G.
La sentenza impugnata, pertanto, appare pienamente conforme al dictum
di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anch
all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013
(conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo
nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla
disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti
dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv.
274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010,
Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 cfr.
anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistati e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
mende. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am-