Fatto di Lieve Entità: La Quantità da Sola Può Escludere l’Attenuante?
Nel diritto penale in materia di stupefacenti, la distinzione tra un reato ‘ordinario’ e un fatto di lieve entità è cruciale, poiché determina una differenza abissale nel trattamento sanzionatorio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna su questo tema, chiarendo come un singolo parametro, quello quantitativo, possa diventare l’elemento decisivo per escludere l’applicazione della norma più favorevole. Analizziamo insieme la decisione per capire i principi applicati dai giudici.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da due individui, precedentemente condannati dalla Corte d’Appello per il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti, previsto dall’articolo 73 del Testo Unico Stupefacenti. La difesa dei ricorrenti puntava a ottenere una riqualificazione della condotta nella fattispecie attenuata del comma 5 dello stesso articolo, sostenendo che il fatto dovesse essere considerato di ‘lieve entità’. La Corte d’Appello aveva già respinto questa tesi, e il caso è quindi giunto all’esame della Suprema Corte.
L’Ordinanza della Cassazione e il Fatto di Lieve Entità
La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi inammissibili. La decisione non è entrata nel merito della vicenda, ma si è concentrata sulla correttezza giuridica del ragionamento seguito dal giudice di secondo grado. Secondo gli Ermellini, il motivo del ricorso era meramente ‘reiterativo’, ovvero riproponeva una censura già adeguatamente e logicamente respinta in appello. La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio fondamentale nella valutazione del fatto di lieve entità.
Le Motivazioni: Il Principio del Parametro Assorbente
Il cuore della motivazione risiede nel richiamo a un consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 35737/2010). Secondo questo principio, l’ipotesi del fatto di lieve entità può essere riconosciuta solo in casi di ‘minima offensività penale’ della condotta. Questa valutazione complessiva si basa su diversi parametri indicati dalla legge: la qualità e la quantità della sostanza, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione.
Tuttavia, la Corte chiarisce un punto essenziale: se anche uno solo di questi indici risulta ‘negativamente assorbente’, ovvero di gravità tale da sovrastare tutti gli altri, ogni ulteriore considerazione diventa irrilevante. Nel caso specifico, l’elemento quantitativo è stato ritenuto decisivo. Dalla coltivazione si sarebbero potute ricavare ben 3.247 dosi singole. Un numero così elevato, secondo la Corte territoriale prima e la Cassazione poi, è di per sé sufficiente a escludere la minima offensività della condotta, rendendo superflua l’analisi degli altri parametri.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza conferma una linea interpretativa rigorosa. Per ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità, non è sufficiente che alcuni aspetti della condotta appaiano di modesta gravità. È necessario che l’intera vicenda, nel suo complesso, mostri una lesività minima del bene giuridico protetto. L’elemento quantitativo, quando raggiunge una soglia considerevole come quella del caso di specie, agisce come una sorta di ‘sbarramento’, impedendo l’accesso alla fattispecie più mite. Di conseguenza, i ricorrenti sono stati condannati non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una sanzione pecuniaria di tremila euro ciascuno alla Cassa delle ammende, a conferma della definitività della loro condanna per il reato contestato in origine.
Quando un reato di droga può essere considerato un ‘fatto di lieve entità’?
Un reato relativo agli stupefacenti può essere qualificato come ‘fatto di lieve entità’ solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta. La valutazione deve tenere conto sia del dato qualitativo e quantitativo della sostanza, sia degli altri parametri come mezzi, modalità e circostanze dell’azione.
La grande quantità di stupefacente esclude sempre il ‘fatto di lieve entità’?
Sì, secondo il principio applicato dalla Corte, se un solo indice, come l’elemento quantitativo, risulta ‘negativamente assorbente’ (cioè talmente grave da prevalere sugli altri), ogni altra considerazione perde di rilevanza. In questo caso, la possibilità di ricavare oltre 3.200 dosi è stata ritenuta sufficiente per escludere la lieve entità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non esamina il merito della questione. A norma dell’articolo 616 del codice di procedura penale, i ricorrenti vengono condannati al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro a titolo di sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 13473 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 13473 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a PALERMO il 26/07/1985 NOME nato a PALERMO il 24/08/1979
avverso la sentenza del 15/12/2021 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe e con la quale sono stati condannati in relazione al reato previsto dall’art.73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
L’unitario motivo di ricorso – con il quale è stata contestata la mancata riqualificazione del fatto sotto la specie di quello previsto dall’art.73, comma 5, T.U. stup. – è inammissibile, in quanto reiterativo di censura già spiegata di fronte al giudice d’appello e da questi rigettata con congrua e non illogica motivazione.
A tale proposito, deve essere richiamato il principio in base al quale l’ipotesi del fatto di lieve entità può essere riconosciuta solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio (Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911)
Sul punto, quindi, la Corte territoriale ha congruamente valorizzato l’elemento quantitativo rappresentato dallo stupefacente frutto dalla coltivazione, da cui erano ricavabili ben 3.247 dosi singole.
Segue, a norma dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro tremila ciascuno a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11 marzo 2025
Il Consigliere estensore
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