Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31329 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31329 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME NOME COGNOME nato il 05/02/2002 NOME nato il 04/01/1999
NOME nato il 28/05/2004
avverso la sentenza del 06/12/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 6 dicembre 2024 la Corte di appello di Roma ha confermato la pronuncia del locale Tribunale del 24 maggio 2024 con cui NOME COGNOME NOME e NOME COGNOME erano stati condannati alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 18.000,00 di multa (NOME ed NOME) e di anni due, mesi otto di reclusione ed euro 12.000,00 di multa (NOME COGNOME) in ordine a reati in materia di sostanze stupefacenti. e
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo dei loro difensori, deducendo, con tre differenti atti: vizio di motivazione in ordine all’omessa riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990; violazione di legge per mancata diversificazione del titolo di responsabilità del ricorrente rispetto a quello degli altri concorrenti; vizio motivazione in ordine alla mancata concessione dell’attenuante della minima partecipazione, di cui all’art. 114 cod. pen. (NOME); vizio di motivazione con riguardo alla mancata riqualificazione del reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 (NOME); violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata riqualificazione del reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 (NOME COGNOME).
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato successiva memoria scritta, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto proposti con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riguardo alla censura dedotta da tutti e tre i ricorrenti circa la mancata riqualificazione del reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990, deve essere osservato come il riconoscimento dell’ipotesi della lieve entità richieda un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità dell pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto
materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra le tante, Sez. n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua entit alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruito si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Risulta allora che, nel caso di specie, la Corte territoriale, correttamente valutando i plurimi e variegati dati probatori disponibili, ha offerto una motivazione pienamente adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità (cfr. p. 4 della sentenza impugnata), essendo stati posti in rilievo alcuni aspetti rivelatori della professionalità con cui l’attività di spaccio veniva svolta da parte degli imputati, perciò negando la ricorrenza della più lieve ipotesi sulla base di elementi cui ha ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fini dell’esclusione della minima offensività.
2.2. Parimenti inammissibili sono le ulteriori due doglianze eccepite da parte di NOMECOGNOME considerato che esse, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in replica alle analoghe doglianze eccepite con l’atto di appello – nella quale erano state congruamente evidenziate le ragioni di insussistenza di una diversa responsabilità del ricorrente rispetto a quello degli altri concorrenti, nonché della possibilità di concessione in suo favore dell’attenuante prevista dall’art. 114 cod. pen. (cfr. pp. 2 e ss.) – reitera le medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto impugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraver presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. p pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con speci indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fond
dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta. Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
E’ inammissibile, quindi, il ricorso per cassazione che riproduce e reitera gli stessi motivi prospettati con l’atto di appello e motivatamente respinti in secondo grado, senza confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato ma limitandosi, in maniera generica, a lamentare una presunta carenza o illogicità della motivazione (così, tra le altre: Sez. 2, n. 27816 del 22/03/2019, COGNOME, Rv. 276970-01; Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, COGNOME, Rv. 260608-01; Sez. 6, n. 20377 del 11/03/2009, COGNOME, Rv. 243838-01).
3. All’inammissibilità dei ricorsi segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025
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Il Consigliere estensore
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