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Fatto di lieve entità: quando il quantitativo lo esclude

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13679/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti e resistenza. La Corte ha confermato la decisione di merito che escludeva l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’ a causa del notevole quantitativo di marijuana (pari a 772 dosi) e dei precedenti penali specifici del soggetto, ritenuti indici di un inserimento in contesti criminali.

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Pubblicato il 11 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: La Cassazione Chiarisce i Criteri di Valutazione

La qualificazione di un reato di droga come fatto di lieve entità rappresenta una linea di difesa cruciale, capace di modificare radicalmente l’esito di un processo. Tuttavia, i criteri per ottenerla non sono automatici e richiedono una valutazione complessa da parte del giudice. Con l’ordinanza in commento, la Corte di Cassazione ribadisce che il solo dato quantitativo, se particolarmente significativo, unito ai precedenti dell’imputato, può essere sufficiente a escludere questa attenuante.

I Fatti del Caso

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello di Bologna, che ha condannato un individuo per due distinti capi d’imputazione: il primo per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti e il secondo per reati di resistenza e lesioni. L’imputato era stato trovato in possesso di un quantitativo di marijuana pari a 149,2 grammi, da cui era possibile ricavare ben 772 dosi medie singole.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione affidandosi a due principali motivi:

1. Errata qualificazione giuridica: Sosteneva che la sua condotta dovesse essere inquadrata nella fattispecie più lieve prevista dal comma 5 dell’art. 73 del d.P.R. 309/1990, ovvero il cosiddetto “fatto di lieve entità”.
2. Mancata concessione delle attenuanti generiche: Lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e un aumento di pena eccessivo per i reati in continuazione (resistenza e lesioni).

L’Analisi della Cassazione sul Fatto di Lieve Entità

La Suprema Corte ha ritenuto il primo motivo manifestamente infondato. La Corte d’Appello aveva correttamente evidenziato la significatività del dato ponderale. Un quantitativo capace di soddisfare un “cospicuo numero di tossicodipendenti” è stato ritenuto intrinsecamente incompatibile con la lieve entità del fatto.

Oltre alla quantità, i giudici di merito avevano valorizzato altri elementi cruciali:

* I precedenti penali specifici: L’imputato aveva a suo carico precedenti recenti per reati della stessa natura.
* Il collegamento con ambienti criminali: I precedenti indicavano un’inclinazione a delinquere e un inserimento in contesti dediti allo spaccio.

La Cassazione ha sottolineato che la valutazione deve essere globale e non può basarsi su un singolo parametro. La ricostruzione dei fatti operata dalla Corte territoriale è stata giudicata precisa, circostanziata e giuridicamente corretta, avendo considerato tutte le argomentazioni difensive.

Trattamento Sanzionatorio e Precedenti Penali

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha stabilito che le decisioni sul trattamento sanzionatorio sono insindacabili in sede di legittimità se, come in questo caso, sono sorrette da una motivazione logica e priva di vizi.

La Corte territoriale aveva giustificato la negazione delle attenuanti generiche facendo riferimento alla “capacità a delinquere” dell’imputato, dimostrata dai suoi precedenti specifici e recenti, che non avevano avuto alcun effetto deterrente. L’aumento di pena per i reati connessi (resistenza e lesioni) è stato ritenuto congruo in ragione della pluralità di persone offese e dell’elevata intensità del dolo, manifestata nel tentativo di sottrarsi al controllo e assicurarsi l’impunità per la detenzione della droga.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché basato su censure manifestamente infondate. La motivazione della sentenza d’appello è stata ritenuta completa, approfondita e immune da vizi logico-giuridici. I giudici di merito hanno correttamente escluso il fatto di lieve entità non solo per il dato quantitativo, ma anche per il contesto generale della condotta e la personalità dell’imputato, come desunta dai suoi precedenti. La valutazione complessiva ha portato a una ricostruzione dei fatti e a un inquadramento giuridico che la Cassazione non ha potuto sindacare. La condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende è la diretta conseguenza della sua colpa nel proporre un ricorso privo di fondamento.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: la qualificazione di un fatto di lieve entità non è un automatismo, ma il risultato di un’attenta ponderazione di tutti gli indici rilevanti. Il quantitativo di stupefacente, se particolarmente elevato, costituisce un elemento di forte peso, ma è la sua valutazione congiunta con la personalità del reo e il contesto dell’azione a determinare la decisione finale. La pronuncia ribadisce, inoltre, l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella determinazione della pena, un ambito in cui la Corte di Cassazione interviene solo in presenza di vizi motivazionali evidenti.

Quando la detenzione di droga può essere considerata un ‘fatto di lieve entità’?
La qualificazione dipende da una valutazione complessiva del giudice che considera tutti gli elementi del caso, come la quantità e qualità della sostanza, le modalità dell’azione, i mezzi usati e la personalità del reo. Come dimostra questa ordinanza, un quantitativo notevole (in questo caso 772 dosi) e la presenza di precedenti penali specifici sono elementi che possono portare a escludere tale ipotesi.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati giudicati manifestamente infondati. La Corte ha ritenuto che la sentenza d’appello fosse ben motivata, logica e giuridicamente corretta, e che il ricorrente stesse in realtà chiedendo una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di legittimità.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale, quando il ricorso è dichiarato inammissibile, la parte privata che lo ha proposto viene condannata al pagamento delle spese del procedimento. Inoltre, se si ritiene che il ricorso sia stato proposto per colpa, il ricorrente è condannato a versare una somma in favore della Cassa delle ammende, che in questo caso è stata fissata in tremila euro.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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