LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fatto di lieve entità: quando è escluso nello spaccio

Una coppia ricorre in Cassazione contro una condanna per spaccio, chiedendo il riconoscimento del fatto di lieve entità e contestando la complicità della donna. La Corte dichiara il ricorso inammissibile, confermando la piena partecipazione della donna e l’impossibilità di qualificare il reato come lieve a causa della varietà di droghe, del volume d’affari e dell’organizzazione dell’attività su più appartamenti. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione complessiva di tutti gli indici di gravità del reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando è escluso nello spaccio di droga

L’applicazione dell’ipotesi di fatto di lieve entità nel reato di spaccio di stupefacenti è una questione centrale nel diritto penale, capace di modificare radicalmente l’entità della pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i parametri per escludere tale attenuante, analizzando un caso che coinvolge una coppia condannata per spaccio. La Corte ha ribadito che la valutazione deve essere complessiva, considerando non solo la quantità di droga, ma anche l’organizzazione, la varietà delle sostanze e il volume d’affari, confermando che una condotta strutturata non può essere considerata di minima offensività.

I Fatti del Caso: La Condanna per Spaccio di Coppia

Il caso riguarda due conviventi condannati per attività di spaccio di sostanze stupefacenti. L’indagine era partita dalla denuncia di un parente di uno degli imputati. Durante le perquisizioni, le forze dell’ordine avevano rinvenuto sostanze stupefacenti non solo nell’abitazione dell’uomo, ma anche in un secondo appartamento, residenza della sua compagna. Questo secondo luogo era ritenuto una base logistica alternativa o nuova per l’attività illecita. La Corte d’Appello aveva confermato la responsabilità di entrambi, ritenendo la donna non una mera spettatrice, ma una complice attiva nell’attività di spaccio del compagno.

L’Appello e i Motivi del Ricorso in Cassazione

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione contestando due punti principali della sentenza d’appello:

1. La responsabilità della donna: La difesa sosteneva che la sua condotta fosse di mera connivenza e non di concorso attivo nel reato, attribuendo l’intera attività al compagno.
2. Il mancato riconoscimento del fatto di lieve entità: Per entrambi gli imputati, si chiedeva l’applicazione dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, sostenendo che l’offensività complessiva della condotta fosse minima.

La difesa ha quindi richiesto l’annullamento della sentenza impugnata, basandosi su un presunto vizio di motivazione da parte dei giudici di merito.

La Decisione della Cassazione e il concetto di fatto di lieve entità

La Corte di Cassazione ha dichiarato i ricorsi manifestamente infondati e, di conseguenza, inammissibili. I motivi del ricorso sono stati giudicati generici, assertivi e riproduttivi di censure già correttamente esaminate e respinte dalla Corte d’Appello. Secondo i giudici supremi, il ricorso non conteneva una critica puntuale e specifica delle argomentazioni della sentenza impugnata, trasformandosi in una richiesta di rivalutazione dei fatti, inammissibile in sede di legittimità.

Le motivazioni: La Complicità Attiva della Convivente

La Corte ha confermato la correttezza della motivazione della sentenza d’appello riguardo al ruolo della donna. La sua condotta non poteva essere interpretata come semplice connivenza. Elementi chiave hanno dimostrato un’adesione consapevole e fattiva all’attività di spaccio, tra cui:

* L’interesse economico: La donna aveva una cointeressenza nell’attività, come dimostrato dal suo attivismo per recuperare un borsello contenente non solo gioielli ma anche droga.
* L’uso del suo appartamento: La scoperta di stupefacenti nella sua residenza ha indicato che l’immobile fungeva da base logistica per lo spaccio, una sede alternativa che implicava una sua piena consapevolezza e partecipazione.

Questi elementi delineano un quadro di concorso attivo nel reato, ben diverso dalla passività di chi si limita a non denunciare.

Le motivazioni: Perché il fatto di lieve entità è stato escluso

Anche sul punto decisivo del fatto di lieve entità, la Cassazione ha ritenuto la decisione dei giudici di merito logica e giuridicamente corretta. L’ipotesi attenuata è stata esclusa sulla base di una valutazione complessiva che ha tenuto conto di diversi indici, come previsto dalla giurisprudenza consolidata (incluse le Sezioni Unite):

* Varietà delle sostanze: L’offerta non era limitata a un solo tipo di droga, indicando una maggiore capacità criminale e un mercato più ampio.
* Volume d’affari: Le annotazioni contabili rinvenute suggerivano un’attività non occasionale ma strutturata e con un certo giro economico.
* Modalità organizzative: L’utilizzo di due appartamenti distinti come piazze di spaccio denotava un livello di organizzazione incompatibile con una condotta di minima offensività.

La Corte ha ricordato che, per riconoscere il fatto di lieve entità, è necessaria una minima offensività penale della condotta, desumibile da tutti i parametri qualitativi e quantitativi indicati dalla legge (mezzi, modalità, circostanze dell’azione). In questo caso, la complessità e la portata dell’attività di spaccio rendevano impossibile qualificarla come lieve.

Le conclusioni

L’ordinanza ribadisce due principi fondamentali. Primo, la distinzione tra mera connivenza e concorso di persone nel reato si basa sulla prova di un contributo attivo e consapevole alla condotta illecita. Secondo, la qualificazione di un’attività di spaccio come fatto di lieve entità richiede un’analisi rigorosa e globale di tutti gli indicatori di offensività. La presenza di elementi come una pluralità di sostanze, un’organizzazione logistica e un volume d’affari non trascurabile è sufficiente a escludere l’applicazione del trattamento sanzionatorio più mite, anche in assenza di quantitativi ingenti di droga. La decisione serve da monito: un’attività di spaccio ben organizzata, anche se su scala non vastissima, difficilmente potrà beneficiare dell’ipotesi attenuata.

Quando la semplice convivenza si trasforma in concorso nel reato di spaccio?
La convivenza si trasforma in concorso attivo nel reato quando la persona non si limita a tollerare l’attività illecita del partner, ma fornisce un contributo consapevole e fattivo. Nel caso di specie, la donna si è attivata per recuperare la droga e il suo appartamento era usato come base logistica, dimostrando un’adesione all’attività e non una mera connivenza passiva.

Quali elementi escludono la configurabilità del fatto di lieve entità nello spaccio di droga?
La configurabilità del fatto di lieve entità viene esclusa da una valutazione complessiva che rivela una non minima offensività della condotta. Gli elementi decisivi in questo caso sono stati: la varietà delle droghe offerte, il volume d’affari desumibile da annotazioni contabili e la diversificazione delle piazze di spaccio (due appartamenti), che indicano un’organizzazione incompatibile con un’attività occasionale o modesta.

Perché un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione può essere dichiarato inammissibile quando è manifestamente infondato, ovvero quando i motivi sono generici, assertivi o si limitano a riproporre questioni già respinte nei gradi di merito senza una critica specifica e giuridicamente pertinente alla motivazione della sentenza impugnata. In pratica, quando si chiede alla Corte di riesaminare i fatti invece di pronunciarsi sulla corretta applicazione della legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati