Fatto di lieve entità: quando la quantità e la purezza della droga lo escludono
La recente ordinanza della Corte di Cassazione, n. 5390/2024, offre un importante chiarimento sui criteri per l’applicazione della norma sul fatto di lieve entità in materia di stupefacenti. La Suprema Corte ha stabilito che la detenzione di un quantitativo significativo di droga, unita a un elevato grado di purezza e al possesso di cospicue somme di denaro, è incompatibile con la nozione di minima offensività richiesta per questa attenuante, delineando una condotta di stampo professionale.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un individuo condannato per la detenzione illecita di 40 grammi di cocaina, un reato previsto dall’articolo 73, comma 1, del d.P.R. 309/90. Inizialmente, la Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, aveva escluso l’applicazione della fattispecie attenuata del fatto di lieve entità, prevista dal comma 5 dello stesso articolo.
L’imputato ha quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge penale. A suo dire, la Corte territoriale avrebbe sbagliato a non qualificare la sua condotta come di lieve entità, nonostante le argomentazioni difensive.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la sentenza impugnata fosse sorretta da una motivazione logica, coerente e corretta nell’applicazione dei principi di diritto. Inoltre, le lamentele del ricorrente sono state giudicate come una mera riproposizione di censure già esaminate e respinte in appello, nonché un tentativo di ottenere una nuova valutazione dei fatti, non consentita nel giudizio di legittimità.
Le Motivazioni: i criteri per escludere il fatto di lieve entità
Il cuore della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno confermato l’esclusione del fatto di lieve entità. La Corte di Appello, con una valutazione complessiva e approfondita, aveva correttamente identificato una serie di elementi probatori che, letti insieme, deponevano per una condotta ben più grave di quella riconducibile alla minima offensività.
Gli elementi decisivi sono stati:
1. Il quantitativo rilevante: 40 grammi di cocaina non sono stati considerati una quantità modesta.
2. L’elevato grado di purezza: La qualità della sostanza indicava un prodotto non ancora ‘tagliato’ per la vendita al dettaglio, suggerendo un ruolo non marginale nella catena dello spaccio.
3. La detenzione di un’ingente somma di denaro: Questo elemento è stato interpretato come un chiaro indicatore della professionalità dell’attività illecita e dei proventi da essa derivanti.
Secondo la Cassazione, la combinazione di questi fattori delinea un quadro di professionalità e una notevole capacità di diffusione della droga sul mercato, concetti del tutto incompatibili con la nozione di fatto di lieve entità, che presuppone invece una lesione minima del bene giuridico protetto.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
L’ordinanza in esame ribadisce un principio fondamentale: la valutazione sulla lieve entità del fatto non può basarsi su un singolo elemento (es. solo la quantità), ma deve scaturire da un’analisi globale di tutte le circostanze del caso concreto. La presenza simultanea di una quantità non trascurabile di stupefacente, un’alta purezza e la disponibilità di somme di denaro significative costituisce un forte indizio di un’attività di spaccio strutturata e non occasionale.
Per gli operatori del diritto, questa pronuncia conferma che per sostenere con successo la tesi del fatto di lieve entità è necessario dimostrare l’assenza di indicatori di professionalità, evidenziando come la condotta sia stata sporadica e marginale nel panorama del traffico di stupefacenti.
Quando viene escluso il ‘fatto di lieve entità’ nel reato di spaccio?
Viene escluso quando una valutazione complessiva degli elementi (come il rilevante quantitativo, l’elevato grado di purezza della sostanza e la detenzione di ingenti somme di denaro) indica una professionalità nell’attività illecita e una capacità di diffusione sul mercato non compatibili con la nozione di minima offensività.
Quali elementi ha considerato la Corte per negare la lieve entità nel caso specifico?
La Corte ha considerato il quantitativo di 40 grammi di cocaina, il suo elevato grado di purezza e il possesso di una considerevole somma di denaro, ritenendoli indicatori di un’attività di spaccio professionale.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le censure erano riproduttive di argomenti già valutati dalla Corte d’Appello con motivazione logica e coerente, e perché le doglianze si concentravano su una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5390 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5390 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 29/11/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto a mezzo del difensore da NOME COGNOME, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90 per avere illecitamente detenuto grammi 40 di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Rilevato che il ricorrente lamenta inosservanza o erronea applicazione dell’art. 73 d.P.R. 309/90; mancanza, illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza nella parte in cui la Corte di appello, in riforma della pronuncia di primo grado su impugnazione del P.M., ha escluso la ricorrenza della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
Ritenuto che la sentenza gravata è sostenuta da conferente motivazione sotto ogni profilo dedotto nel ricorso e che le doglianze difensive, oltre ad essere riproduttive di censure attentamente vagliate dalla Corte di merito sono palesemente versate in fatto.
Considerato che la Corte di appello ha fatto buon governo della norma che si assume violata: attingendo correttamente a tutti i dati probatori disponibili ed effettuando una valutazione complessiva della condotta dell’imputato, ha escluso la ricorrenza della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 sulla base di una serie di elementi (rilevante quantitativo della sostanza detenuta, elevato grado di purezza della sostanza, detenzione di una ingente somma di danaro) indicativi della professionalità dell’attività illecita a cui era ded l’imputato e della rilevante capacità di diffusione sul mercato degli stupefacenti non compatibile con la nozione della minima offensività.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 gennaio 2024
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Il Consigliere estensore