Fatto di lieve entità: la Cassazione chiarisce i limiti applicativi
Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sui criteri per l’applicazione dell’ipotesi di fatto di lieve entità nel contesto dei reati legati agli stupefacenti. La decisione sottolinea come la valutazione non possa basarsi su un singolo elemento, ma debba scaturire da un’analisi complessiva che tenga conto della quantità, qualità della sostanza e, soprattutto, delle modalità della condotta. Il caso in esame riguardava la detenzione di quasi mezzo chilo di cocaina, un quantitativo che i giudici di legittimità hanno ritenuto incompatibile con il riconoscimento del reato minore.
I Fatti di Causa: la Condanna per quasi 500 grammi di cocaina
Il procedimento trae origine dalla condanna, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna, di un soggetto alla pena di quattro anni di reclusione e 20.000 euro di multa. L’accusa era quella di aver acquistato un quantitativo di cocaina pari a quasi 500 grammi (498,966 per la precisione), suddiviso in quattro panetti. Le analisi avevano rivelato un principio attivo variabile tra il 30% e il 40%, sufficiente a confezionare circa 940 dosi medie singole.
Il ricorso e la richiesta di riconoscimento del fatto di lieve entità
L’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando l’erronea applicazione della legge penale. La difesa sosteneva che i giudici di merito non avessero correttamente qualificato il reato ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, che disciplina appunto il fatto di lieve entità. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello sarebbe stata contraddittoria, riconoscendo da un lato un effetto drogante limitato e un principio attivo non elevato, ma escludendo dall’altro l’ipotesi meno grave.
Le motivazioni della Cassazione: perché si esclude il fatto di lieve entità
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una mera riproposizione di doglianze fattuali già esaminate e respinte nei precedenti gradi di giudizio. I giudici hanno chiarito che il compito della Cassazione non è quello di riesaminare le prove, ma di verificare la corretta applicazione della legge.
La valutazione quantitativa e qualitativa
La Corte ha ribadito che la motivazione della sentenza d’appello era logica e priva di contraddizioni. Il dato ponderale di quasi 500 grammi di cocaina, sebbene con un principio attivo non ‘elevatissimo’, non poteva in alcun modo essere considerato ‘irrisorio’. La capacità di produrre ben 940 dosi è stata ritenuta un indice inequivocabile della capacità di soddisfare un’elevata domanda di mercato e di generare profitti significativi, elementi che cozzano con la nozione di lieve entità.
Le modalità della condotta
Oltre al dato quantitativo, la Cassazione ha valorizzato le modalità ‘particolarmente allarmanti’ della condotta. Il ricorrente aveva intrattenuto contatti diretti con fornitori esteri e aveva appositamente inviato un corriere per il trasporto della sostanza. Questa pianificazione e organizzazione denotano una professionalità e un inserimento nel traffico di stupefacenti che sono incompatibili con la natura occasionale e circoscritta che caratterizza, di norma, il fatto di lieve entità.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un orientamento consolidato della giurisprudenza: la configurabilità del fatto di lieve entità richiede un giudizio globale. Non è sufficiente che un singolo parametro (come la percentuale di principio attivo) sia modesto. Quando la quantità totale è ingente, il numero di dosi ricavabili elevato e le modalità operative rivelano un’organizzazione strutturata, è corretto escludere l’applicazione della norma più favorevole. La decisione serve da monito sul fatto che una valutazione complessiva degli indici previsti dalla norma è imprescindibile per determinare la reale portata offensiva della condotta.
Quando si può escludere l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’ nei reati di droga?
Si esclude quando la valutazione complessiva del caso rivela elementi di particolare gravità, come un quantitativo ingente di sostanza, un elevato numero di dosi ricavabili e modalità della condotta che indicano un’organizzazione strutturata e non occasionale, come contatti con fornitori esteri.
Un quantitativo di quasi 500 grammi di cocaina è compatibile con il ‘fatto di lieve entità’?
No. Secondo la Corte di Cassazione, un tale quantitativo, capace di produrre circa 940 dosi, è un elemento che, valutato insieme alle modalità organizzate della condotta, è di per sé sufficiente a escludere la configurabilità dell’ipotesi meno grave.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma di denaro in favore della cassa delle ammende, qualora, come nel caso di specie, l’inammissibilità sia riconducibile a una sua colpa.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22193 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22193 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 02/11/1966
avverso la sentenza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto:
–che la Corte di appello di Bologna, con sentenza del 07/05/2024, ha confermato la sentenza del 28/04/2015 28/04/2015 del G.i.p(di Modena emessa nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME i condanna alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 20.000,00 di multa per il reato di c all’art. 73 / comma 1-bis del d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione all’acquisto di un quantitativo pari a 498,966ídi sostanza stupefacente dei tipo cocaina con un principio attivo variabile tra 30 ed il 40%, pari ad un totale di circa 940 dosi medie singole; 42
–che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, deducendo con un unico motivo inosservanza o erronea applicazione della legge penale in ordine alla mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R, n. 309 del 1990, per non aver la Corte tenuto conto del limitato effetto drogante della sostanza e per i ye esser stata contraddittoria avendo al contrario ritenuto che ad ogni buon conto principio attivo fosse elevato;
–che, il ricorrente si è limitato, nella sostanza, a proporre mere doglianze in punto di fat nonché a riprodurre profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi dal giudice di merito volti a prefigurare una rivalutazione Ra!ternativa filettur delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legittimità, nonché ad asserìre un difetto o contraddittorietà della motivazione non emergente dal provvedimento impugnato posto che la Corte di appello ha correttamente ritenuto che, nel case di specie-, il dato ponderale della cgci – na sequestrata e c ì t ( ) Aq 40 c. k, m. suddivisa in in quattro panetti, il complessivo peso di circa gr. 500 dotata di un principio attivo i che, quand’anche non elevatissimo, non era di certa irilsorio c dunque idoneo a procurare ben 940 dosi tali da soddisfare un’elevata domenda e (le procurare.: elevati profitti e da ultimo modalità della condotta particolarmente allarmanti attesi i contatti del ricorrente con i fo esteri ‘che invio agposi – tamente TI corTier non consentono di ritenere !a condotta di lieve entità i GLYPH ‘ –che, a norma dell’att. 616 c.p.p., alla declaratoria d! inammissibilità – non potendosi escludere che essa .sia ascrivlbile ti coe’ -‘ i ricerrentea (Corte C3SE. 7 -13 giugno 2000, n. 186) segue l’onere de:le spese de: Drocedinlers. GLYPH –. .;:n que:lo del versamento, in favore della (
Cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti in euro tremila;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processual della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 28/02/2025
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Il Consigliere relatore
Il Presidente