Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11651 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11651 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 03/08/1974
avverso la sentenza del 29/10/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo con unico motivo violazione di legge e vizio motivazionale in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di reato meno grave di cui all”art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990.
Lamenta che non siano state valutate adeguatamente a tal fine modalità della condotta e circostanze dell’azione che, secondo la tesi proposta in ricorso, stante anche il quantitativo ridotto della sostanza, farebbero rientrare la fattispecie di cui all’imputazione nell’ipotesi di cui al quinto comma.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il motivo in questione non è consentito dalla legge in sede di legittimità perché riproduttivo di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito e non è scandito da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata ed è privo della puntuale enunciazione delle rag GLYPH di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla motivazione dell’atto impugnato (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione). Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I giudici del gravame del merito (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata), hanno dato infatti conto degli elementi di prova in ordine alla mancata riconduzione della fattispecie nell’alveo del disposto dell’art. 73 comma 5, ed in particolare: a. il cospicuo quantitativo importato dall’Olanda (470 grammi di cocaina, di cui sono stati recuperati 264,64 grammi netti corrispondenti a 27 ovuli da 10 grammi ciascuno); b. il quantitativo di principio attivo cocaina cloridrato di cocaina contenuto nella sostanza (67,48 grammi); c. l’elevato livello di organizzazione dell’attività illecita con una ripartizione di ruoli che prevedeva lo COGNOME come custode e venditore della sostanza. In più nel caso in questione – rileva la sentenza impugnata – lo COGNOME oltre ad esser stato ideatore del dirottamento della sostanza ha preso personalmente in consegna la cocaina e reperito un altro soggetto per custodire la stessa. Quindi stante la potenzialità diffusiva del quantitativo, il contesto del fatto, e i
collegamenti anche con l’ambiente internazionale del narcotraffico, i giudici del gravame non hanno ritenuto che il fatto fosse connotato da minima offensività.
Ciò nel solco del consolidato dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistati e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 11/03/2025