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Fatto di lieve entità: quando è escluso dalla Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità, basandosi sulla notevole quantità e varietà delle sostanze detenute (hashish, cocaina e crack), sulla parziale suddivisione in dosi e sul rinvenimento di una somma di denaro in banconote di piccolo taglio, considerati indici inequivocabili della finalità di spaccio e della non tenuità del fatto.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: Quando la Cassazione nega lo sconto di pena

In una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il tema della detenzione di stupefacenti, chiarendo i criteri per escludere l’applicazione dell’ipotesi attenuata del fatto di lieve entità. Questa decisione ribadisce come la valutazione del giudice debba basarsi su un’analisi complessiva degli elementi fattuali, quali la quantità, la varietà delle droghe e la presenza di denaro contante. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso

Il ricorrente era stato condannato in primo grado, con sentenza confermata in appello, alla pena di quattro anni e due mesi di reclusione e 18.000 euro di multa per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Durante un controllo, era stato trovato in possesso di un notevole quantitativo di droghe di diversa tipologia:

* 57,2 grammi di hashish
* 35,5 grammi di cocaina
* Tre involucri di cocaina per un totale di 10,5 grammi, già pronti per la cessione
* Tre involucri di crack per un totale di 15,5 grammi, destinati alla vendita

Oltre alle sostanze, le forze dell’ordine avevano rinvenuto la somma di 600 euro in contanti, suddivisa in banconote di piccolo taglio, un elemento tipicamente associato all’attività di spaccio.

I Motivi del Ricorso e l’Esclusione del Fatto di Lieve Entità

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali. Il primo contestava la motivazione sulla finalità di spaccio. Il secondo e il terzo, strettamente collegati, lamentavano il mancato riconoscimento dell’ipotesi del fatto di lieve entità (prevista dall’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/1990) e della circostanza attenuante del danno di speciale tenuità.

La difesa sosteneva che il caso dovesse rientrare in una fattispecie meno grave, ma la Corte d’Appello aveva già respinto questa tesi. I giudici di merito avevano infatti sottolineato come la diversità delle sostanze, il loro peso complessivo e il denaro contante fossero elementi sufficienti per escludere la lieve entità del reato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo tutti i motivi manifestamente infondati. La decisione si articola su punti chiari e rigorosi.

La Prova della Finalità di Spaccio

Il primo motivo è stato liquidato come infondato. Secondo la Corte, la destinazione a terzi delle sostanze era palese, data la detenzione di droghe di tre diverse tipologie, la quantità significativa, la suddivisione in dosi pronte per la vendita e il possesso di denaro in piccolo taglio, considerato il tipico provento dell’attività di spaccio.

I Criteri per Negare il Fatto di Lieve Entità

Il cuore della decisione riguarda il secondo motivo. La Cassazione ha confermato la correttezza della valutazione della Corte territoriale. Le ragioni per escludere il fatto di lieve entità erano ben argomentate e logicamente coerenti con le prove processuali. In linea con l’insegnamento delle Sezioni Unite (sentenza Murolo), i giudici hanno ribadito che la valutazione deve considerare l’insieme degli indici qualitativi e quantitativi. Nel caso specifico, la detenzione di droghe pesanti e leggere, il rilevante peso ponderale e la somma di denaro hanno giustificato pienamente l’esclusione del beneficio.

Inammissibilità della Mera Riproposizione dei Motivi

Infine, la Corte ha colto l’occasione per ribadire un importante principio processuale. Quando un ricorso si limita a riproporre le stesse questioni già adeguatamente esaminate e risolte dal giudice precedente, senza introdurre nuove argomentazioni critiche, il giudice dell’impugnazione può motivare la propria decisione anche in modo sintetico o per relazione, confermando la correttezza della sentenza impugnata. Non vi è obbligo di esaminare argomenti superflui, generici o palesemente inconsistenti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di stupefacenti. La qualificazione di un reato come fatto di lieve entità non è automatica ma richiede una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli indicatori della condotta. La varietà delle sostanze, il loro quantitativo non trascurabile e le modalità di detenzione (dosi pronte, denaro contante) costituiscono elementi decisivi che possono portare il giudice a escludere l’applicazione della norma più favorevole. Questa decisione serve da monito: la mera contestazione formale delle conclusioni dei giudici di merito, senza solidi argomenti giuridici, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità del ricorso.

Quando viene escluso il ‘fatto di lieve entità’ nello spaccio di stupefacenti?
Secondo la sentenza, il ‘fatto di lieve entità’ viene escluso quando la valutazione complessiva del caso rivela indici di una certa gravità, come la detenzione di sostanze stupefacenti di diversa tipologia (es. droghe leggere e pesanti), un rilevante peso ponderale complessivo e il possesso di una somma di denaro in piccolo taglio, indicativa dell’attività di spaccio.

Perché la detenzione di denaro in piccolo taglio è un indizio di spaccio?
La detenzione di una somma di denaro suddivisa in banconote di piccolo taglio è considerata un forte indizio dell’attività di spaccio perché rappresenta il tipico provento della vendita al dettaglio di singole dosi di stupefacente.

Un ricorso in Cassazione può essere respinto se ripropone le stesse argomentazioni già esaminate?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che, qualora le censure sollevate siano una mera riproposizione di questioni già adeguatamente esaminate e correttamente risolte dal giudice del grado precedente, il ricorso può essere dichiarato inammissibile. Il giudice dell’impugnazione non è tenuto a riesaminare argomenti generici, superflui o manifestamente infondati.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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