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Fatto di lieve entità: quando è escluso dalla Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una condanna per spaccio di droga. La Corte ha confermato la decisione di merito che escludeva l’ipotesi del fatto di lieve entità a causa dell’ingente quantitativo di cocaina (oltre 100 grammi, pari a 527 dosi), ritenendolo un indice ‘negativamente assorbente’ rispetto ad altri parametri. Anche i motivi sulla resistenza a pubblico ufficiale e sul bilanciamento delle circostanze sono stati respinti.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: La Cassazione e il Criterio della Quantità di Droga

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura sull’applicazione dell’ipotesi del fatto di lieve entità nei reati legati agli stupefacenti, come previsto dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La decisione chiarisce come un singolo elemento, in particolare l’ingente quantitativo di droga, possa essere determinante per escludere questa attenuante, anche a fronte di altre potenziali circostanze. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e i principi di diritto affermati dai giudici di legittimità.

Il Caso in Esame

Un individuo, condannato dalla Corte d’Appello per reati legati allo spaccio di sostanze stupefacenti e per resistenza a pubblico ufficiale, ha presentato ricorso per Cassazione. I motivi del ricorso si concentravano su tre punti principali: una presunta erronea valutazione della sua responsabilità per il reato di resistenza, il mancato riconoscimento dell’ipotesi del fatto di lieve entità per il reato di droga e un errato bilanciamento delle circostanze attenuanti.

La Decisione della Corte di Cassazione e il Fatto di Lieve Entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure sollevate. La parte più significativa della decisione riguarda la valutazione del fatto di lieve entità. I giudici hanno confermato la correttezza della sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva escluso l’applicazione di tale attenuante basandosi su un principio di diritto consolidato.

Il Principio del Parametro ‘Negativamente Assorbente’

La Cassazione ha ribadito che la valutazione del fatto di lieve entità deve avvenire alla stregua di tutti i parametri indicati dalla legge: il dato qualitativo e quantitativo della sostanza, i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Tuttavia, la Corte ha sottolineato che, qualora uno di questi indici risulti ‘negativamente assorbente’, ossia talmente grave da prevalere su tutti gli altri, ogni ulteriore considerazione perde di rilevanza. Nel caso di specie, l’enorme quantitativo di cocaina sequestrata (104,45 grammi, corrispondenti a 79,161 grammi di principio attivo e 527 dosi) è stato considerato un elemento di tale gravità da rendere incompatibile, di per sé, la qualificazione del fatto come lieve.

Gli Altri Motivi di Ricorso

Anche gli altri motivi sono stati ritenuti infondati. La censura relativa alla resistenza a pubblico ufficiale è stata giudicata generica, in quanto mirava a una nuova valutazione delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. Riguardo al bilanciamento delle circostanze, la Corte ha osservato che i giudici d’appello avevano già accolto la richiesta della difesa, applicando la riduzione massima prevista per le attenuanti generiche.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su principi procedurali e sostanziali chiari. In primo luogo, la valutazione dei fatti e l’apprezzamento delle prove sono di esclusiva competenza dei giudici di merito, e la Cassazione non può sostituire il proprio giudizio, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. In secondo luogo, per quanto riguarda il fatto di lieve entità, la Corte ribadisce che il giudizio deve essere complessivo, ma non esclude che un singolo parametro, per la sua eccezionale gravità, possa essere decisivo. L’assenza di elementi favorevoli specificati dal ricorrente ha ulteriormente rafforzato la decisione. Infine, l’inammissibilità del ricorso ha comportato, come previsto dall’art. 616 del codice di procedura penale, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.

Le conclusioni

Questa ordinanza conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in materia di stupefacenti quando i quantitativi sono significativi. La decisione insegna che, per sperare di ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità, non è sufficiente lamentare genericamente la mancata applicazione, ma è necessario indicare elementi concreti e favorevoli che possano controbilanciare dati oggettivamente gravi come l’elevato numero di dosi ricavabili dalla sostanza. Inoltre, si ribadisce l’importanza di formulare ricorsi specifici e non meramente ripetitivi delle doglianze già esaminate nei gradi di merito, per evitare una declaratoria di inammissibilità e le relative conseguenze economiche.

Quando si può escludere l’applicazione del ‘fatto di lieve entità’ per i reati di droga?
Secondo l’ordinanza, l’ipotesi del fatto di lieve entità può essere esclusa quando anche uno solo dei parametri di valutazione (come la quantità della sostanza) risulta ‘negativamente assorbente’, ovvero talmente grave da rendere irrilevanti le altre circostanze. Nel caso specifico, un quantitativo di oltre 100 grammi di cocaina (527 dosi) è stato ritenuto incompatibile con la lieve entità del fatto.

Perché la Corte di Cassazione può ritenere un motivo di ricorso ‘generico’ o ‘manifestamente infondato’?
Un motivo è ritenuto generico o manifestamente infondato quando non contesta specificamente la logica giuridica della sentenza impugnata, ma si limita a proporre una diversa ricostruzione dei fatti o una differente valutazione delle prove. Queste attività sono di esclusiva competenza del giudice di merito (tribunale e corte d’appello) e non possono essere riesaminate in sede di legittimità dalla Cassazione.

Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
La dichiarazione di inammissibilità, come previsto dall’art. 616 c.p.p., comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (in questo caso 3000 euro) in favore della Cassa delle ammende, a titolo di sanzione per aver presentato un ricorso privo dei requisiti di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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