Fatto di Lieve Entità: I Criteri della Cassazione per Escluderlo
L’ordinanza n. 36702/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione su come viene valutata la detenzione di sostanze stupefacenti e, in particolare, su quali elementi impediscono di qualificare il reato come fatto di lieve entità. Questa decisione ribadisce che la valutazione non si basa solo sulla quantità di droga, ma su un insieme di circostanze che possono rivelare una professionalità e una capacità di diffusione sul mercato incompatibili con la minima offensività richiesta dalla legge. Analizziamo insieme i dettagli di questo caso.
I Fatti di Causa: Detenzione di Hashish e Cocaina
Il caso nasce dal ricorso presentato da un soggetto condannato dalla Corte d’Appello di Roma per il reato di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, specificamente hashish e cocaina. Dalle sostanze sequestrate era possibile ricavare un numero molto elevato di dosi medie singole: 1093 di hashish e 158 di cocaina. La condanna si basava sull’articolo 73, commi 1 e 4, del d.P.R. 309/90, che punisce la produzione, il traffico e la detenzione illecita di sostanze stupefacenti.
Il Ricorso in Cassazione e la Richiesta di Riqualificazione
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione nella sentenza d’appello. Il punto centrale del ricorso era la richiesta di riqualificare il reato nella fattispecie meno grave prevista dal comma 5 dello stesso articolo 73, nota come “fatto di lieve entità”. Secondo la difesa, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente motivato le ragioni per cui il comportamento del suo assistito non potesse rientrare in questa ipotesi più lieve.
La Decisione della Suprema Corte: Quando il Fatto di Lieve Entità è Inapplicabile
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione dei giudici di merito. La Suprema Corte ha chiarito che il ricorso non presentava motivi validi per un giudizio di legittimità, ma mirava a ottenere una nuova valutazione dei fatti, attività preclusa in sede di Cassazione. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di riesaminare le prove, ma di controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata. E, in questo caso, la motivazione è stata giudicata pienamente logica e coerente.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha evidenziato che la sentenza d’appello aveva correttamente escluso l’ipotesi del fatto di lieve entità sulla base di una serie di elementi concreti e indicativi. Questi elementi, considerati nel loro insieme, delineavano un quadro di attività illecita ben strutturata e non meramente occasionale. Nello specifico, i fattori determinanti sono stati:
1. Il dato quantitativo: Il numero totale di dosi ricavabili (oltre 1200) era di per sé un indicatore di una detenzione finalizzata a un’ampia distribuzione.
2. La diversità delle sostanze: La detenzione simultanea di droghe diverse (hashish e cocaina, cosiddette “droghe leggere” e “pesanti”) suggerisce una capacità di soddisfare una clientela variegata e un’organizzazione più complessa.
3. Il possesso di strumenti professionali: Il ritrovamento di un bilancino di precisione è stato considerato un chiaro indizio di un’attività di pesatura e confezionamento delle dosi, tipica dello spaccio organizzato.
4. La presenza di sostanza da taglio: Il notevole quantitativo di sostanza da taglio rinvenuto ha ulteriormente rafforzato l’idea di un’attività volta a massimizzare i profitti attraverso la manipolazione dello stupefacente, indicando una spiccata professionalità criminale.
Conclusioni
L’ordinanza in esame conferma un principio consolidato nella giurisprudenza: la qualificazione di un reato in materia di stupefacenti come “fatto di lieve entità” richiede una valutazione complessiva che tenga conto non solo della quantità, ma anche della qualità della sostanza, dei mezzi utilizzati e di ogni altra circostanza che possa indicare la reale offensività della condotta. Quando elementi come la pluralità di droghe, l’uso di bilancini di precisione e la disponibilità di sostanze da taglio si sommano a un quantitativo non trascurabile, emerge un quadro di “professionalità” dell’attività illecita. Questa professionalità, che implica una rilevante capacità di diffusione sul mercato, è intrinsecamente incompatibile con la nozione di “minima offensività” che sta alla base della fattispecie attenuata, rendendone impossibile l’applicazione.
Quando la detenzione di stupefacenti non può essere considerata un “fatto di lieve entità”?
Secondo la sentenza, non può essere considerata un fatto di lieve entità quando sono presenti indicatori di professionalità, come un notevole quantitativo di droga, la diversità delle sostanze (es. hashish e cocaina), il possesso di strumenti come un bilancino di precisione e la disponibilità di sostanza da taglio. Questi elementi nel loro complesso indicano una capacità di diffusione sul mercato incompatibile con la minima offensività.
Quali elementi indicano una “professionalità” nell’attività di spaccio secondo la Cassazione?
Gli elementi indicativi di professionalità menzionati sono: il dato quantitativo dello stupefacente, la diversità delle sostanze detenute, il possesso di un bilancino di precisione per la pesatura e il confezionamento, e la detenzione di un notevole quantitativo di sostanza da taglio per aumentare il volume del prodotto finale.
È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di rivalutare le prove del processo?
No, non è possibile. Il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile proprio perché la richiesta della difesa mirava a una “rivalutazione meramente in fatto”, ovvero a un nuovo esame delle prove. Il compito della Corte di Cassazione è limitato al cosiddetto “sindacato di legittimità”, cioè a verificare che la legge sia stata applicata correttamente e che la motivazione della sentenza sia logica e non contraddittoria.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36702 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36702 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esamiNOME il ricorso proposto, a mezzo del difensore, da COGNOME NOME, ritenuto responsabile dei reati di cui all’art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/90 per avere illecitamente detenuto sostanza stupefacente del tipo hashish e cocaina per un quantitativo da cui erano ricavabili rispettivamente n. 1093 e n. 158 dosi medie singole.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa si duole della mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90, deducendo il vizio della motivazione.
Ritenuto che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argomentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Ritenuto che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile perché proposto per motivi non consentiti dalla legge dal momento che la prospettazione difensiva svolta con i motivi di ricorso è volta a conseguire una rivalutazione meramente in fatto estranea al sindacato di legittimità, in presenza di argomentazioni non illogiche con le quali la Corte territoriale ha escluso che il fatto potesse essere sussunto nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/1990 in ragione del dato quantitativo dello stupefacente detenuto dall’imputato, della diversità delle sostanze, del possesso di un bilancino di precisione e di un notevole quantitativo di sostanza da taglio, circostanze indicative della professionalità dell’attività illecita e della rilevante capacità diffusione sul mercato degli stupefacenti non compatibile con la nozione della minima offensività.
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
Il
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