Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29863 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29863 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Nigeria il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 16/10/2024 della Corte d’appello di Milano visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza del Tribunale di Milano del 24/05/2024, che aveva condannato NOME in ordine al delitto di cui a ll’ articolo 73, comma 1, d.P.R. 309/1990, alla pena di anni 4 di reclusione ed euro 21.000,00 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione, lamentando, con un primo e unico motivo, violazione di legge laddove la sentenza non ritiene di riconoscere l’ipotesi di cui all’articolo 73, comma 5, d.P.R. 309/1990.
3. Il ricorso è inammissibile.
La Corte di appello (pag. 6) evidenzia come la droga rinvenuta in possesso dell’imputato ( shaboo ) sia uno stupefacente collegato ad un fenomeno di rilevante allarme sociale e che garantisce importanti guadagni (50 euro per una dose di 0.1 gr.); che il quantitativo (circa 300 dosi); le modalità di confezionamento (già suddiviso in 9 dosi) e di occultamento (all’inter no dei calzini); il dato storico costituito dalla segnalazione da parte degli operanti dell’imputato circa la reiterazione di analoghe condotte, unitamente ai precedenti specifici, sono elementi tutti che, considerati complessivamente, fotografano la dedizione non occasionale ma sistematica al commercio di stupefacenti da parte del NOME, impedendo di considerare il fatto come di lieve entità.
Tale motivazione fa buon governo dei principi espressi da questa Corte nella sua massima composizione, che ha in primo luogo evidenziato (Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911-01) che la fattispecie in esame è configurabile «solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio», successivamente confermando (Sez. U, n.51063 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076) che l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indici sintomatici previsti dalla disposizione.
4. Non può quindi che concludersi nel senso dell’inammissibilità del ricorso.
Tenuto altresì conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa d i inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende. Così deciso l’11 aprile 2025.