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Fatto di lieve entità: quando è escluso?

La Corte di Cassazione conferma la condanna per detenzione di cocaina, escludendo l’ipotesi del fatto di lieve entità. Decisivi il quantitativo, pari a 158 dosi, le modalità di occultamento in una cassetta di sicurezza e il legame fiduciario con terzi, indice di inserimento in contesti criminali.

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Pubblicato il 17 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando quantità e legami con terzi lo escludono

La qualificazione di un reato in materia di stupefacenti come fatto di lieve entità rappresenta uno snodo cruciale nel processo penale, potendo portare a una significativa riduzione della pena. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 470/2024) ha ribadito i criteri per escludere tale ipotesi, sottolineando l’importanza di una valutazione complessiva che non si limiti al solo dato quantitativo della sostanza sequestrata.

Il caso in esame riguarda un soggetto condannato per la detenzione di oltre 32 grammi lordi di cocaina, e offre spunti fondamentali per comprendere come le modalità di occultamento e i rapporti con terzi possano indicare un livello di criminalità incompatibile con la lieve entità.

I Fatti del Processo

L’imputato veniva condannato in primo grado e in appello per la detenzione di un quantitativo di cocaina che, una volta analizzato, risultava essere di quasi 24 grammi di principio attivo puro, corrispondente a 158 dosi singole. La sostanza era stata rinvenuta occultata all’interno di una cassetta di sicurezza chiusa a chiave, a sua volta nascosta in una busta di tela.

L’imputato, attraverso il suo difensore, proponeva ricorso in Cassazione, sostenendo che il fatto dovesse essere riqualificato come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90. La difesa argomentava che il dato quantitativo non era di per sé sufficiente a escludere la lieve entità e che l’aver agito per conto di terzi non implicava necessariamente un inserimento in contesti di narcotraffico di alto livello.

La valutazione della Cassazione sul fatto di lieve entità

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendo infondate le argomentazioni della difesa e confermando la decisione della Corte di Appello. I giudici hanno sottolineato che la valutazione sulla lieve entità del fatto non può essere parcellizzata, ma deve derivare da un’analisi globale di tutti gli indici sintomatici previsti dalla norma, come chiarito anche dalle Sezioni Unite.

Nel caso specifico, sono stati tre gli elementi considerati ostativi al riconoscimento della fattispecie attenuata:

1. Il quantitativo e la qualità: Sebbene non sia l’unico criterio, il possesso di una quantità di cocaina pura sufficiente a confezionare 158 dosi è stato ritenuto un elemento di notevole peso negativo.
2. Le modalità di occultamento: La scelta di nascondere la droga in una cassetta di sicurezza chiusa a chiave è stata interpretata come un indice di professionalità e non di un’attività occasionale o amatoriale.
3. Il collegamento con terzi: L’aver detenuto la sostanza per conto di altri soggetti, a fronte di un compenso, è stato considerato l’elemento decisivo. Tale circostanza, secondo la Corte, dimostra l’esistenza di un collegamento fiduciario con settori della criminalità organizzata, escludendo la natura marginale dell’attività illecita.

Le Motivazioni

Il Collegio ha ritenuto il percorso argomentativo dei giudici di merito immune da vizi di logicità. La motivazione della Corte di Cassazione si fonda sul principio che per riconoscere il fatto di lieve entità è necessaria una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli indicatori. Non è possibile isolare un singolo elemento (come il quantitativo) e minimizzare gli altri.

La Corte ha specificato che la disponibilità a detenere la droga per conto terzi, in cambio di denaro, costituisce un ‘indice convergente escludente’. Questo significa che tale comportamento, unito agli altri elementi, crea un quadro probatorio solido che allontana in modo decisivo l’ipotesi della lieve entità. Il rapporto fiduciario con chi fornisce la droga indica un inserimento, anche se non a livello apicale, in una rete di narcotraffico strutturata, che la norma intende punire più severamente.

Conclusioni

La sentenza in commento consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso nella valutazione del fatto di lieve entità. Essa ci insegna che, al di là del mero peso della sostanza stupefacente, assumono un’importanza cruciale le circostanze concrete dell’azione. La professionalità nell’occultamento e, soprattutto, l’agire come ‘custode’ per conto di terze persone sono elementi che, secondo la Suprema Corte, delineano un profilo di colpevolezza e pericolosità sociale incompatibile con il più mite trattamento sanzionatorio previsto per i casi di minima offensività. Di conseguenza, chiunque si presti a custodire droga per altri, anche per un piccolo compenso, rischia di vedersi preclusa la possibilità di beneficiare dell’attenuante, anche se il quantitativo non è di per sé esorbitante.

Quali elementi ha considerato la Corte per escludere il fatto di lieve entità?
La Corte ha considerato tre elementi principali: 1) il quantitativo e la qualità della sostanza (23,7 grammi di cocaina pura, pari a 158 dosi); 2) le modalità di occultamento (all’interno di una cassetta di sicurezza chiusa a chiave); 3) la disponibilità a detenere la droga per conto di terzi previo compenso, indice di un legame fiduciario con la criminalità.

Perché la detenzione di droga per conto terzi è così rilevante?
Secondo la sentenza, detenere la droga per conto di terzi dietro compenso è un ‘indice convergente escludente’ perché dimostra un collegamento fiduciario con settori della criminalità. Questo indica che l’attività non è sporadica o marginale, ma si inserisce in una rete più ampia, una circostanza incompatibile con la lieve entità del fatto.

Un quantitativo di 158 dosi può mai rientrare nel fatto di lieve entità?
La sentenza non lo esclude a priori, ma chiarisce che il dato quantitativo deve essere valutato insieme a tutti gli altri indicatori. In questo caso, il quantitativo, unito alle modalità professionali di occultamento e al legame con terzi, è stato considerato un elemento ostativo sufficiente per negare il riconoscimento della fattispecie attenuata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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