LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Fatto di lieve entità: non basta la quantità di droga

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4048/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un uomo condannato per detenzione di hashish. La difesa sosteneva si trattasse di un fatto di lieve entità, ma la Corte ha ribadito che la valutazione non può basarsi solo sul dato ponderale (quantità). Elementi come il numero di dosi ricavabili (oltre 3.000), le modalità di occultamento e i precedenti specifici dell’imputato sono decisivi per escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità e giustificare una pena superiore al minimo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità nello Spaccio: Oltre il Peso della Droga

La qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità rappresenta una delle questioni più dibattute nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4048/2024) torna sul tema, chiarendo ancora una volta che la sola quantità di stupefacente non è sufficiente per ottenere il riconoscimento di questa attenuante. Vediamo nel dettaglio il caso e i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso e il Ricorso in Cassazione

Un uomo veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di tre anni di reclusione e 20.000 euro di multa per la detenzione, a fini di spaccio, di otto panetti di hashish. Tramite il suo difensore, l’imputato presentava ricorso alla Corte di Cassazione, basandolo su due motivi principali:

1. Errata qualificazione giuridica: si sosteneva che la condotta dovesse essere ricondotta all’ipotesi di fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/90), che prevede pene notevolmente più miti.
2. Difetto di motivazione sulla pena: si contestava la congruità della pena inflitta, ritenuta eccessiva e non adeguatamente giustificata dai giudici di merito.

La contestazione del Fatto di Lieve Entità

Il punto centrale del ricorso era la richiesta di derubricare il reato. Secondo la difesa, le circostanze del caso avrebbero dovuto portare a una valutazione di minore gravità. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha ritenuto il motivo manifestamente infondato, confermando la decisione dei giudici di merito.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto entrambe le doglianze, fornendo una motivazione chiara e in linea con il proprio orientamento consolidato.

Per quanto riguarda la qualificazione del reato, i giudici hanno sottolineato che la valutazione del fatto di lieve entità non può mai risolversi in una mera analisi del dato ponderale (il peso della sostanza). La legge impone una valutazione globale che tenga conto di tutti gli indici sintomatici della condotta. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente evidenziato elementi ostativi al riconoscimento dell’attenuante:

* Il numero di dosi: il principio attivo contenuto nello stupefacente sequestrato avrebbe permesso di confezionare oltre 3.000 dosi medie. Questo dato, da solo, indicava un’offensività tutt’altro che trascurabile.
* Le modalità della condotta: le tecniche di conservazione e occultamento della sostanza erano prodromiche a una successiva lavorazione e commercializzazione su larga scala, delineando un’attività di spaccio ben organizzata e non occasionale.

La Corte ha ribadito che l’individuazione del fatto lieve richiede di considerare le modalità dell’azione, i mezzi impiegati e la professionalità che emerge dalla condotta, lasciando sullo sfondo il mero dato quantitativo.

Anche riguardo alla dosimetria della pena, la Cassazione ha ritenuto la motivazione dei giudici di merito adeguata e logicamente argomentata. La pena, fissata in misura di poco superiore alla media edittale, era giustificata sulla base dei criteri dell’art. 133 del codice penale. In particolare, sono stati valorizzati:

* La gravità del fatto, desunta dal numero di dosi e dal collegamento con realtà criminali di rilievo.
* La personalità negativa dell’imputato, gravato da precedenti specifici.
* La circostanza aggravante che il reato fosse stato commesso mentre l’imputato era già sottoposto a una misura cautelare detentiva.
* Il comportamento processuale tutt’altro che collaborativo.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame conferma un principio fondamentale in materia di stupefacenti: per distinguere lo spaccio ‘comune’ dal fatto di lieve entità, è necessaria un’analisi olistica. Il giudice non deve limitarsi a pesare la droga, ma deve scandagliare l’intero contesto dell’azione illecita. La professionalità, l’organizzazione, il numero di dosi potenziali e i legami con ambienti criminali sono tutti indicatori che, se presenti, escludono la possibilità di applicare il trattamento sanzionatorio più mite. Questa decisione riafferma la necessità di un approccio rigoroso e multifattoriale per contrastare efficacemente il traffico di sostanze stupefacenti.

Come si determina se un reato di spaccio è un ‘fatto di lieve entità’?
La determinazione non si basa solo sulla quantità di droga (dato ponderale), ma richiede una valutazione globale di tutti gli elementi del caso. Si considerano le modalità dell’azione, i mezzi impiegati, la qualità e quantità della sostanza, e il numero di dosi ricavabili, per valutare la reale offensività della condotta.

Il peso della droga è irrilevante per la legge?
No, il peso non è irrilevante, ma non è l’unico né il più importante fattore. La giurisprudenza costante della Corte di Cassazione afferma che il dato ponderale deve essere valutato insieme a tutti gli altri indici sintomatici per comprendere la portata e la professionalità dell’attività illecita.

Quali fattori possono giustificare una pena superiore al minimo per lo spaccio?
Secondo la sentenza, diversi fattori possono giustificare una pena superiore al minimo: la gravità oggettiva del fatto (come l’elevato numero di dosi), la negativa personalità del reo (evidenziata da precedenti penali specifici), la commissione del reato mentre si è sottoposti ad altre misure cautelari e un comportamento processuale non collaborativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati