Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 32014 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 32014 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ACERRA il 02/01/1955
avverso la sentenza del 18/11/2024 della Corte d’appello di Ancona Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria scritta del Procuratore generale, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Ancona ha parzialmente riformato la sentenza emessa il 24/04/2023 dal GUP presso il Tribunale di Ancona nei confronti di NOME COGNOME imputato del reato previsto dall’art.73, comma 1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, disponendo la revoca della confisca del telefono cellulare sequestrato all’odierno ricorrente e confermando la sanzione già determinata dal giudice di primo grado -previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e applicata la diminuente determinata dalla scelta del rito -in anni due e mesi otto di reclusione, sostituita con la detenzione domiciliare di pari durata, ed € 12.000,00 di multa.
La Corte territoriale ha esposto che il riconoscimento di responsabilità dell’imputato si fondava sulle risultanze del verbale di arresto, delle dichiarazioni fatte dallo stesso in sede di udienza di convalida e degli accertamenti espletati sulla sostanza stupefacente sequestrata; in particolare, ha esposto che, all’esito di un controllo effettuato presso il mezzo di trasporto condotto dall’imputato, era
stata rinvenuta sostanza stupefacente dal peso di grammi 54,576 oltre a una somma di € 4.000 in contanti; ha altresì esposto che, a seguito degli accertamenti tossicologici, la sostanza era risultata del tipo cocaina e che dalla stessa erano ricavabili 122 dosi medie, rilevando -ulteriormente – che lo stesso imputato, in sede di interrogatorio, aveva ammesso che lo stupefacente era destinato allo smercio a terzi all’interno del territorio delle Marche.
Il giudice d’appello ha rigettato il motivo tendente a ottenere la riqualificazione del fatto sotto la specie di quello di lieve entità, atteso il non modesto dato ponderale della sostanza e l’accertato possesso di una somma di denaro in contanti non propo rzionata alle condizioni reddituali dell’imputato, da ritenere collegata a precedenti cessioni di stupefacente e la cui disponibilità non era stata adeguatamente giustificata, tutti elementi ritenuti sintomatici di una dedizione non occasionale all’attivit à di spaccio.
Ha rigettato il motivo con il quale era stata contestata la confisca per sproporzione della suddetta somma, attesa la non credibilità della versione fornita dall’imputato in ordine alla sua origine; ha invece ritenuto fondato il motivo inerente alla confisca del telefono cellulare mancando la dimostrazione del collegamento tra il reato e il suddetto apparecchio non risultando altresì essere stati eseguiti accertamenti sulla memoria del telefono medesimo; ha, infine, rigettato il motivo inerente alla determinazione del trattamento sanzionatorio.
Avverso la predetta sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando quattro motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. -la violazione dell’art.73, commi 1 e 5, T.U. stup…
Ha esposto che la valutazione dei giudici di merito si fondava in modo esclusivo sull’esame del dato ponderale, non tenendo quindi conto dei principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in ordine alla non rilevanza del dato rappresentato dal peso lordo del materiale in sequestro.
Con il secondo motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. -la manifesta illogicità della motivazione in punto di valutazione della gravità del fatto sulla base del solo peso della sostanza in sequestro.
Ha esposto che la valutazione dei giudici di merito era stata operata in riferimento al peso lordo della sostanza comprensivo del confezionamento e senza adeguato riferimento al principio attivo contenuto nella sostanza medesima.
Con il terzo motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. -la manifesta illogicità della motivazione in punto di modalità e circostanze della condotta in riferimento all’art.73, comma 5, T.U. stup..
Ha dedotto il carattere illogico della valutazione delle dichiarazioni fornite dall’imputato in sede di udienza di convalida e, specificamente, nella parte in cui questi aveva esposto che la somma in contanti trovata in suo possesso doveva ritenersi il frutto dei propri risparmi nonché di un prestito richiesto nei confronti di un amico, a propria volta finalizzato all’acquisto di sostanza stupefacente; ha dedotto che la Corte avrebbe illogicamente ritenuto il suddetto mutuante come un consapevole finanziatore dell’attività di acquisto di sostanza stupefacente; ha quindi ritenuto che la Corte avrebbe illogicamente desunto il carattere non occasionale dell’attività di spaccio ed escluso quindi la presenza della fattispecie di lieve entità.
Con il quarto motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. -la manifesta illogicità della motivazione e la violazione dell’art.240 -bis cod.pen. in punto di confisca della somma in sequestro.
Ha richiamato quanto esposto nel precedente motivo di ricorso, evidenziando come la confisca della somma fosse stata posta in connessione con una pregressa e non precisata attività delinquenziale e per la quale mancava qualsiasi indizio di effettiva sussistenza.
3. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. I primi tre motivi di impugnazione possono essere congiuntamente esaminati in considerazione della loro stretta connessione logica; avendo il ricorrente, nell’esposizione degli stessi, contestato la mancata qualificazione del fatto ascritto sotto la sp ecie di quello di lieve entità regolato dall’art.73, comma 5, T.U. stup., richiamando – sul punto – i dati fattuali rappresentati dalla concreta entità della sostanza sequestrata, in considerazione della valutazione della stessa ‘al lordo’ del confezionamento e delle concrete modalità e circostanze dell’azione.
I motivi sono complessivamente inammissibili, in quanto manifestamente infondati in punto di diritto e comunque estrinsecamente aspecifici in quanto omissivi del necessario onere di confronto con la motivazione della sentenza gravata.
Specificamente, il ricorrente -preso atto del dato ponderale della sostanza rinvenuta in suo possesso (54,76 grammi di cocaina) – ha richiamato il precedente di questa Corte, in base al quale, in tema di reati concernenti le sostanze
stupefacenti, ai fini della valutazione della sussistenza del “fatto lieve”, da effettuarsi con riguardo alla fattispecie complessivamente considerata, quanto al dato ponderale il giudice può tener conto del fatto che lo stesso sia stato ritenuto, dalla giurisprudenza maggioritaria risultante dalla ricognizione statistica su un campione significativo di sentenze, compatibile con l’art. 73, comma 5, T.U. stup(Sez. 6, n. 45061 del 03/11/2022, COGNOME, Rv. 284149 e nella quale è stato dato che il ‘limite massimo’ per la sussistenza della fattispecie del fatto lieve è stato ravvisato nel quantitativo di g 150 per la cocaina, dando peraltro atto di una prevalenza di sentenze che avevano riconosciuto il fatto lieve sino a un limite di g 23,66 per la stessa sostanza).
Peraltro -evidenziando che il predetto arresto aveva richiamato la relativa ricognizione statistica alla sola stregua di elemento ‘utile’ ai fini dell’eventuale ravvisabilità dell’ipotesi di fatto lieve – la successiva giurisprudenza di questa Corte ha specificato che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, T.U. stup., non può effettuarsi in base al solo dato quantitativo, risultante dalla ricognizione statistica su un campione di sentenze che hanno riconosciuto la minore gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della stessa, è necessario fare riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici richiamati dalla norma (Sez. 3, n. 12551 del 14/02/2023, Pascale, Rv. 284319); con l’ulteriore specificazione in base alla quale la non occasionalità della condotta costituisce, ad un tempo, elemento specializzante integrante l’aggravante di cui all’art. 73, comma 5, secondo periodo, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, introdotta dall’art. 4, comma 3, d.l. 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 159, e fattore che concorre, unitamente ad altri, ad escludere la lieve entità del fatto (Sez. 3, n. 14220 del 25/02/2025, COGNOME, Rv. 287869).
Conclusioni che, a propria volta, devono ritenersi coerenti con quelle espresse da Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076; secondo la quale il giudice è tenuto a svolgere, ed esprimere nella motivazione, una valutazione «complessiva» del caso concreto per desumerne l’insussistenza degli indici della fattispecie di cui all’art.73, comma 5, d.P.R. n.309/1990.
Con la citata sentenza, il massimo consesso della Corte di legittimità ha precisato che, nella verifica, occorre abbandonare l’idea che gli indici attinenti al valore ponderale, alle modalità del fatto, ai mezzi dell’azione e alla pericolosità sociale della condotta possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, «riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri. Ma allo stesso tempo anche che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo»; essendovi «la possibilità che tra
gli stessi indici si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso».
Solo all’esito «della valutazione globale di tutti gli indici che determinano il profilo tipico del fatto di lieve entità, è poi possibile che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri».
Ciò posto, deve ritenersi che le censure spiegate dal ricorrente -sostanzialmente accentrate sul solo dato ponderale, con argomentazioni riferite alla citata pronuncia n.45061/2022 -omettano di raffrontarsi con il complesso delle argomentazioni poste alla base della sentenza gravata.
Nella quale è stata evidenziata la sussistenza -da valutare unitamente al dato ponderale, comunque non modesto -di ulteriori indici rivelatori; specificamente rappresentati, oltre che dalle modalità di occultamento dello stupefacente, dal possesso di un’ingente somma in contanti (€ 4.000,00) e che, considerando le condizioni economiche del ricorrente, la Corte territoriale ha ritenuto di ricondurre, con valutazione non palesemente illogica, a una precedente attività di cessione di sostanze illecite; sottolineando, pure con valutazione intrinsecamente coerente, che tanto il dato ponderale quanto la predetta somma fossero indici rivelatori della presenza di un non indifferente platea di destinatari rispetto alla cessione finale.
Argomentazioni rispetto alle quali, in sede di esposizione dei motivi, il ricorrente si è limitato -con censura puntata evidentemente su un non consentito profilo di mero fatto -a richiamare la tesi difensiva, comunque del tutto apodittica e autoevidente, inerente alla sussistenza di un, non identificato, soggetto che avrebbe previamente prestato un finanziamento finalizzato all’acquisto di sostanze stupefacenti da destinare alla rivendita al dettaglio.
Parimenti inammissibile, per considerazioni conseguenti rispetto a quelle predette, deve ritenersi il quarto motivo di ricorso, relativo alla statuizione inerente alla confisca della somma di denaro disposta ai sensi dell’art.240 -bis cod.pen.; rilevando che, sul punto, l’argomentazione contenuta nel motivo di impugnazione appare del tutto scollegata rispetto alla motivazione sottesa alla statuizione ablatoria.
Nella quale la confisca non è stata giustificata in relazione alla sussistenza di pregresse condotte illecite ma in riferimento al mero dato dell’evidente
sproporzione tra la somma trovata in possesso dell’imputato e le sue condizioni economiche, descritte come precarie da parte dello stesso prevenuto in sede di interrogatorio reso in sede di udienza di convalida oltre che sul dato, sopra sottolineato, della mancanza di una plausibile giustificazione in ordine alla liceità della sua provenienza.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così è deciso, 18/09/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME