Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35686 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35686 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: MERCEDES NOME (CODICE_FISCALE) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 08/03/2022 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e/o vizio motivazionale con un primo motivo in relazione all’affermazione di responsabilità, con particolare riferimento all’utilizzabilità dei riconoscimenti fotografici innanzi alla PG, con un secondo motivo in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi meno grave di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90, con un terzo motivo quanto al mancato riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 73 comma 7 d.P.R. 309/90 e con il quarto e il quinto motivo in punto di dosimetria della pena e di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Gli stessi, in particolare, non sono consentiti dalla legge in sede di legittimità perché sono riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente, in concreto, non si confronta adeguatamente con la motivazione della corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
2.1. Quanto al primo motivo, in punto di responsabilità, va evidenziato che i giudici del gravame del merito, hanno dato conto degli elementi di prova in ordine alla responsabilità del prevenuto, ed in particolare alle pagg. 16 e ss. hanno dato conto, uno per uno, dei singoli riconoscimenti fotografici, nel solco della richiamata giurisprudenza indicata a pag. 20 che vuol,e pienamente utilizzabili le dichiarazioni eteroaccusatorie degli acquirenti di sostanze stupefacenti, e di tutto il restante compendio probatorio, tra cui le conversazioni telefoniche intercettate, che hanno univocamente condotto alla declaratoria di penale responsabilità dell’odierno ricorrente.
2.2. Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso, avendo la Corte territoriale a pag. 27 dato motivatamente conto del diniego sul rilievo che, come affermato anche dal Tribunale Distrettuaie del Riesame nella ordinanza del 6.8.2019 (v. pag. 8, aff. 1370) gli atti nei confronti dell’imputato ne “hanno deli neato il ruolo di vero e proprio fornitore in grado di soddisfare in maniera sistematica e reiterata una discreta platea di acquirenti ed anche per un certo lasso temporale che va quanto meno da gennaio ad aprile del 2019; ulteriore riscontro alla sua stabile attività di spacciatore proviene poi dalla perquisizione effettuata in
data 22.3.2019 che ha portato al rinvenimento di cinque involucri contenenti cocaina e di altri strumenti utilizzabili per il confezionamento di dosi…” in gran par da qualificarsi come ‘droga pesante’ della tipologia più nociva e lucrativa, non condividendosi quanto riduttivamente affermato dalla difesa secondo cui l’imputato avrebbe svolto solo in poche occasioni attività di vendita di droga e ad un parco clienti limitato.
Secondo la Corte territoriale non si è trattata di attività marginale, senza professionalità, largamente fungibile, né di particolare tenuità. L’imputato è stato rinvenuto nella disponibilità di strumentazione per la pesatura del narcotico (ben due bilancine), oltre che del narcotico di cui si è detto, a lui riferibile detenuto e cedut ha anche adottato cautele e modalità comunicative criptiche per dissimulare la reale natura illecita dei traffici e degli incontri emersi in atti. L’odierno ricorre anzi, ha cercato di rendere maggiormente credibile la dissimulazione adottata sfruttando il fatto di svolgere attività lavorativa in un bar, così da rendere pi difficoltoso il disvelamento dei traffici sistematicamente attuati (se si tiene conto del numero delle cessioni, del tempo in cui sono state realizzare, del numero dei cessionari e della tipologia del narcotico trattato). L’imputato utilizzava altresì proprio telefono cellulare per fissare incontri, recandosi nelle vicinanze dei cessionari o facendoli venire presso di sé anche a casa, così da fidelizzare la clientela e legarla più saldamente a sé e ha così messo su un’ articolata struttura organizzativa volta a gar il buon esito dei traffici in tal modo intrapresi e dissimularlo in ca di interventi di p.,g. incisivi di quelli posti in essere.
Non si è trattato di semplice pedina dell’ultima cessione, tenuto conto di quanto eme in ordine alle cessioni effettuate a beneficio del COGNOME.
E’ emersa, secondo la concorde valutazione dei giudici di merito, una attività di cessione anche a beneficio di clientela delle zone limitrofe Porto S. Stefano. Siamo di fronte ad un’attività di spaccio in grado di travalicare gli stretti lim geo grafici della città di Grosseto.
Ed è stata proprio la valutazione complessiva dei fatti ad escludere per la Corte territoriale la qualificabilità degli stessi i termini di lieve entità. Le moda di detenzione ed occultamento e le cautele dissimulative nelle cessioni, coi clientela fidelizzata e non occasionale ed impiego di utenza telefonica per facilitare l’incontro tra domanda ed offerta ed organizzare gli incontri, valgono ad assorbire il dato, del tutto recessivo delle quantità comunque contenute delle singole cessioni narcotico. L’imputato è divenuto un punto di riferimento del mercato prevalentemente locale del narcotico anche della più nociva e lucrativa tipologia anzidetta.
La sentenza de quo, pertanto, appare pienamente conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatt
di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’esito de formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistat e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori).
2.3. Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso in quanto la Corte territoriale ben evidenzia il dato assolutamente decisivo rappresentato dalla inapplicabilità della attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. 309/90 al presente procedimento e con riguardo alle imputazioni in esso contestate in quanto nessun apporto è stato fornito che integri la circostanza attenuante quale intesa dalla giurisprudenza.
Si ricorda in sentenza che, come affermato dall’ispettore COGNOME NOME il procedimento de quo era seguito dai Carabinieri e quindi il teste COGNOME, ispettore di polizia, non é intervenuto. Nessun apporto dichiarativo e collaborativo è stato fornito nel presente procedimento da parte dell’imputato, il che osta alla fruizione di una siffatta richiesta riduzione di pena. Con riguardo, invece, agli apporti forniti nel pregresso, questi sono stati invece logicamente ritenuti non rilevano nel presente procedimento in assenza di alcuna correlazione tra tali precedenti dichiarazioni ed i fatti di cui al processo.
2.4. In punto di diniego delle circostanze attenuanti generiche la Corte territoriale ha legittimamente richiamato le articolate e convergenti ragioni poste a
fondamento della manca concessione delle generiche e ha ribadito che non si ravvisa neppure l’esigenza, tramite la richiesta fruizione di dette attenuanti, di consentire un migliore adeguamento della pena al caso concreto, stan la piena congruità, adeguatezza e conformità ai parametri di legge di cui all’art. 133 c.p. della pena inflitta in primo grado che si conferma.
La Corte territoriale richiama anche le modalità del fatto e l’esistenza di precedenti penali a carico dell’odierno ricorrente, con una sentenza che pertanto si colloca nel solco del costante dictum di questa Corte di legittimità, che ha più volte chiarito che, ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a qu ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altr da tale valutazione (così Sez. 3, n. 23055 del 23/4/2013, RAGIONE_SOCIALE e altro, Rv. 256172, fattispecie in cui la Corte ha ritenuto giustificato il diniego delle attenuant generiche motivato con esclusivo riferimento agli specifici e reiterati precedenti dell’imputato, nonché al suo negativo comportamento processuale).
2.5. In ultimo la Corte motiva appieno in punto di dosimetria della pena facendo proprie le valutazioni e determinazioni espresse in primo grado, ritenendo la quantificazione della pena (sia avuto riguardo alla pena base, che agli aumenti per l’aggravante della recidiva e la continuazione, che ala pena finale inflitta, per come determinato in primo grado) congrua con i parametri di legge, tenuto conto delle gravi modalità dei fatti, della pluralità dei reati ascritti, della non incensu tezza, dei plurimi precedenti penali, della pregressa patita restrizione per altra causa, della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e della complessiva valutazione della condotta anche processuale dell’imputato (il quale si trova ristretto in misura cautelare).
La pena finale complessivamente irrogata in primo grado per la Corte territoriale appare pertanto congrua in ragione della compiuta osservazione comportamentale e di personalità sull’imputato nel corso del giudizio ai sensi dell’art. 133 c.p., anche in ragione della finalità rieducativa della pena.
Siffatta motivazione in punto di dosimetria della pena è logica, coerente e corretta in punto di diritto (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena cfr. Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna di parte ricorrente
N. 10577/2024 GLYPH R.G.
al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2024