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Fatto di lieve entità: no se lo spaccio è sistematico

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito di non riconoscere l’ipotesi del ‘fatto di lieve entità’ (art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90), sottolineando che la natura sistematica, professionale e continuativa dell’attività di spaccio, rivolta a una clientela fidelizzata e con l’uso di cautele per eludere i controlli, prevale sulla modesta quantità delle singole cessioni. Il ricorso è stato giudicato manifestamente infondato in tutti i suoi punti.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Quando lo Spaccio Sistematico Esclude l’Attenuante

Nel complesso ambito del diritto penale relativo agli stupefacenti, una delle difese più comuni è il tentativo di ricondurre la condotta al cosiddetto fatto di lieve entità. Questa specifica attenuante, prevista dall’articolo 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, può comportare una significativa riduzione della pena. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce con fermezza i limiti di questa norma, specificando come un’attività di spaccio sistematica e professionale, anche se caratterizzata da singole cessioni di modesta quantità, non possa beneficiare di tale sconto di pena. Analizziamo insieme la decisione per comprendere i criteri utilizzati dai giudici.

I Fatti del Processo: Un’Attività di Spaccio Organizzata

Il caso riguarda un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per spaccio di sostanze stupefacenti. Dalle indagini era emerso un quadro chiaro: l’imputato non era uno spacciatore occasionale, ma un vero e proprio punto di riferimento per una clientela consolidata. L’attività si svolgeva in modo continuativo per diversi mesi, da gennaio ad aprile 2019.

Le prove a suo carico erano numerose e variegate: riconoscimenti fotografici, dichiarazioni degli acquirenti e, soprattutto, conversazioni telefoniche intercettate. Queste ultime rivelavano l’adozione di cautele e modalità comunicative criptiche, tipiche di chi vuole dissimulare traffici illeciti. Inoltre, una perquisizione aveva portato al rinvenimento di cocaina, due bilancini di precisione e altro materiale per il confezionamento delle dosi. L’imputato sfruttava anche la sua attività lavorativa in un bar come copertura per rendere più difficili i controlli.

Il Ricorso in Cassazione e la Questione del Fatto di Lieve Entità

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diversi motivi. Il più rilevante riguardava la richiesta di applicazione dell’attenuante del fatto di lieve entità. La difesa sosteneva che l’attività si limitasse a poche occasioni e a un numero ristretto di clienti, con cessioni di quantità minime. Oltre a questo, venivano contestati il mancato riconoscimento di altre attenuanti (come quella per la collaborazione) e la congruità della pena inflitta.

L’Analisi Complessiva della Condotta

La Corte di Cassazione ha rigettato completamente questa linea difensiva, definendo il ricorso manifestamente infondato. I giudici hanno spiegato che per valutare la sussistenza del fatto di lieve entità non si può guardare solo alla quantità di droga ceduta nella singola occasione. È necessaria una valutazione complessiva che tenga conto di tutti i parametri indicati dalla norma: mezzi, modalità, circostanze dell’azione e qualità della sostanza.

Nel caso specifico, la Corte ha evidenziato come l’attività dell’imputato fosse tutt’altro che marginale. Era caratterizzata da professionalità, continuità e un’organizzazione strutturata, volta a fidelizzare la clientela e a garantire il buon esito dei traffici.

Oltre la Singola Cessione: Professionalità e Clientela Fidelizzata

Secondo la Corte, elementi come l’uso del telefono per fissare incontri, la disponibilità di strumenti per pesare e confezionare la droga, e l’adozione di un linguaggio criptico dimostrano un livello di organizzazione incompatibile con la lieve entità. L’imputato era diventato un fornitore stabile, in grado di soddisfare una ‘discreta platea di acquirenti’ in maniera sistematica e reiterata. L’attività, inoltre, non era confinata a un’area ristretta, ma si estendeva anche a zone limitrofe, dimostrando una capacità operativa che travalicava i confini di un piccolo spaccio locale.

Il Diniego delle Altre Attenuanti

La Cassazione ha confermato anche il diniego delle altre attenuanti richieste. L’attenuante della collaborazione (art. 73, comma 7) è stata esclusa perché l’imputato non ha fornito alcun contributo utile alle indagini nel procedimento in corso. Le attenuanti generiche, invece, sono state negate in ragione della gravità dei fatti, dei precedenti penali dell’imputato e del suo comportamento processuale negativo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ribadito un principio consolidato nella giurisprudenza: la valutazione per il riconoscimento del fatto di lieve entità deve essere globale. In questa valutazione, un singolo indice, come la quantità modesta della singola cessione, può risultare ‘negativamente assorbente’ da altri indicatori di segno contrario. L’attività sistematica, protratta nel tempo, rivolta a un numero non esiguo di clienti e gestita con metodi professionali, delinea una condotta di significativa offensività penale. Questa offensività impedisce di qualificare il fatto come ‘lieve’, anche se le singole dosi vendute sono piccole. I giudici hanno sottolineato che l’imputato aveva messo in piedi una ‘articolata struttura organizzativa’ per portare avanti e dissimulare i suoi traffici illeciti, rendendo la sua condotta incompatibile con il beneficio richiesto.

Conclusioni: L’Importanza della Valutazione Globale nel Fatto di Lieve Entità

Questa ordinanza offre un importante insegnamento: la qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità non dipende da un calcolo meramente quantitativo. È il risultato di un’analisi complessiva della condotta del reo. La professionalità, la sistematicità e la capacità di organizzare l’attività illecita sono elementi decisivi che possono escludere l’applicazione dell’attenuante, anche di fronte a singole cessioni di modesta entità. La sentenza conferma che il legislatore ha inteso riservare il trattamento sanzionatorio più mite solo a quelle condotte che presentano un’offensività penale veramente minima in tutti i loro aspetti.

Quando lo spaccio di droga può essere considerato un ‘fatto di lieve entità’?
Può essere considerato tale solo quando la condotta presenta una minima offensività penale, valutata complessivamente considerando i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e la quantità/qualità delle sostanze. Non basta che la singola cessione sia di piccola quantità.

Una attività di spaccio continuativa può rientrare nel ‘fatto di lieve entità’?
No. La sentenza chiarisce che una attività sistematica, professionale, protratta nel tempo e rivolta a una clientela fidelizzata è incompatibile con la lieve entità, poiché tali elementi indicano una significativa gravità della condotta che prevale sulla modesta quantità delle singole dosi.

Perché sono state negate le circostanze attenuanti generiche all’imputato?
La Corte ha ritenuto giustificato il diniego sulla base di elementi decisivi sfavorevoli, quali la gravità delle modalità del fatto, l’esistenza di precedenti penali a carico dell’imputato e il suo comportamento processuale complessivamente negativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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