Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35656 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35656 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN GIORGIO DEL SANNIO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/11/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio motivazionale e violazione di legge con un primo motivo in relazione al mancato accoglimento del motivo con cui chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità ex art. 73 co. 5 d.P.R. 309/90, con un secondo motivo in relazione all’eccessività della pena e alla mancata esclusione della recidiva e con un terzo motivo in relazione all’intervenuta confisca, soprattutto sotto il profilo della spr porzione. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi e meramente riproduttivi di profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in pun di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
2.1. Quanto al primo motivo, i giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto con ampia motivazione, pienamente corrispondente ai principi più volte affermati sul punto, del perché hanno ritenuto i fatti in contestazione non riconducibili alla previsione incriminatrice di cui all’art. 73 co. 5 Dpr. 309/90 (c pag. 7 della sentenza impugnata), sia con riferimento al dato ponderale accertato con riferimento al reato di cui ai capo a) – gr. 37,30 di principio attivo di sostanz stupefacente del tipo cocaina, da cui erano ricavabili 248,7 dosi medie singole elemento cui si aggiungono quelli relativi al carattere articolato e continuo dell’at tività di approvvigionamento e di cessione di cocaina ari un gruppo di clienti fidelizzati. La vendita dello stupefacente – come si legge in sentenza – non rappresentava per il COGNOME un’attività sporadica ed occasionale, ma ai contrario costituiva la fonte primaria e pressoché esclusiva di sostentamento suo e del suo nucleo familiare. In questo contesto, la detenzione di cui ai capi a) ed e) e le cessioni di cui ai capi b), e), ci), h), i), I), m) ed n) sono state logicamente ritenute integrare un’ipotesi di reato di lieve entità, ma costituire espressione di un’attivi di spaccio assunta a sistema di vita, che prevedeva la consegna periodica dì droga cosiddetta “pesante” a clienti fidelizzati.
I giudici del gravame del merito si sono confrontati anche con l’obiezione difensiva secondo cui il COGNOME avrebbe svolto “in nero” attività lavorativa di muratore e carpentiere, rilevando come dagli atti non emerga adeguata prova della stessa e come in base alle stesse dichiarazioni rese dall’imputato la sua attività
lavorativa è stata in qualche modo connessa e strumentale rispetto alla produzione di sostanze stupefacenti da parte dei suoi fornitori (il COGNOME ha parlato della costruzione di una serra su incarico di NOME COGNOME, verosimilmente destinata alla coltivazione di sostanze stupefacenti). Per i giudici del gravame del merito, l’attività di muratore e carpentiere dell’imputato non si pone, in altri term come alternativa rispetto all’attività di spaccio, ma come funzionale e strumentale a quest’ultima.
La sentenza de quo, pertanto, appare pienamente conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatt di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’esito de formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n, 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 dei 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistat e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.2. Quanto al secondo motivo, lo stesso afferisce al trattamento punitivo benché lo stesso sia sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
La Corte territoriale ha motivatamente ritenuto di confermare l’applicazione della recidiva, avendo l’imputato riportato precedenti specifici, alcuni annosi, l’ul timo invece risalente al 23/2/2016 (GUP Tribunale Modena, irrevocabile 1’1/4/2016) per fatti del 2014, oltre a numerosi precedenti per reati contro il patrimonio, commessi anche con l’uso di violenza. Ne ha desunto, perciò, chei fatti
oggetto di processo costituiscono espressione di ingravescenza della pericolosità sociale dell’imputato e di accentuata rimproverabilità della condotta, dal momento che pur avendo riportato condanne e scontato periodi di espiazione pena per fatti della medesima indole, il COGNOME ha nuovamente violato la legge penale, dedicandosi in modo sistematico allo spaccio di cocaina.
Quanto agli aumenti per la continuazione il motivo di appello è stato invece accolto con riferimento all’entità degli stessi, che è stata mitigata, al fine di evita che la sanzione risultasse eccessivamente afflittiva.
In proposito, va ricordato che in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite con grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previst 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269).
2.3. Pienamente motivata è, in ultimo, la conferma della confisca dei beni in sequestro.
Quanto a quella dell’apparecchio cellulare e della scrittura privata intercorsa tra l’odierno imputato e il fratello sono stati motivatamente ritenuti sussistenti presupposti di cui all’art. 240 cod. pen., essendo il primo l’apparecchio utilizzato per contattare la compagna ed avvisarla di essere inseouito dalla Polizia, e documentando il secondo l’anome.!a (date le condizioni personali) disponibilità di denaro in capo al COGNOME determinata dai proventi dell’attività di spaccio.
Per la confisca dei beni mobili e immobili sottoposti a sequestro preventivo sono state, invece, ritenute sussistenti le condizioni di cui all’art. 240 bis cod. pen in particolare risultando la fittizietà dell’intestazione degli immobili alla compagna NOME COGNOME, che dal 28/2/2019 non svolgeva alcuna attività lavorativa e in precedenza aveva avuto solo occupazioni precarie (tanto da percepire dall i 1/1/2016 al 28/2/2019 una somma inferiore a 1.500 euro), e la sproporzione tra il valore di detti beni ed i redditi del COGNOME e del suo nucleo familiare (il COGNOME disoccupato o al più svolgente saltuari lavori da muratore e carpentiere “in nero”). Gli acquisti immobiliari – si ricorda in sentenza – risalgono al periodo in cui l COGNOME era totalmente priva di occupazione e non è stata documentata in alcun modo la ricezione di donazi9ni da parte dei suoi familiari. Per queste ragioni, richiamando altresì sul punto la motivazione dei provvedimenti di sequestro e la
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motivazione della sentenza di primo grado, la Corte territoriale ha ritenuto motivatamente di confermare anche la confisca dei beni mobili registrati, immobili e del danaro contante.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2024