Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23759 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato il DATA_NASCITA
NOME nato a EL KELAA DES( MAROCCO) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di VENEZIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte per l’udienza camerale senza discussione orale (art. 23 co. 8 d.l. 137/2020 conv. dalla I. n. 176/2020, come prorogato, in ultimo, ex art. 11, comma 7, dl. 30 dicembre 2023, n.215, conv. dalla I. 23 febbraio 2024 n. 18) , del P.G., in persona del AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi rigettarsi i ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 29 dicembre 2023 il Tribunale di Venezia ha rigettato la richiesta di riesame personale avanzata nell’interesse di NOME e NOME avverso l’ordinanza emessa in data 28 novembre 2023 con la quale il GIP del Tribunale di Venezia aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti del primo e quella degli arresti domiciliari nei confronti della seconda in relazione ai reati di cui al capo 2 (reiterate cessioni di cocaina dal 6/8/22 al 20/1/23) e al capo 3 (detenzione a fini di spaccio di tre involucri di cocaina del peso di gr 0,85 ciascuno consumata il 21/1/23) dell’incolpazione provvisoria.
Ad COGNOME e a COGNOME si contesta, inoltre, il reato di cui al capo 4 relativo alla detenzione e cessione di cocaina i! 20/8/2022 ed il 26/11/22.
La richiesta di misura veniva invece respinta in relazione al capo sub 1 (importazione di 120 kg di hashish in concorso e con l’aggravante dell’ingente quantità) in quanto il Gip di Vicenza in relazione agli stessi si riteneva incompetente per esserlo il Gip di Verona.
2. COGNOMErrono entrambi gli indagati, a mezzo del comune difensore di fiducia, con due separati atti, in larga parte sovrapponibili, deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen., la violazione dell’art 309, comma 9, cod. proc. pen. nonché carenza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in relazione alla mancata valutazione in ordine alla corretta qualificazione giuridica dei fatti in contestazione.
Il difensore ricorrente ricorda che per entrambi i propri assistiti aveva contestato la qualificazione giuridica dei fatti, ritenuti dal Gip riconducibili al pr comma dell’articolo 73 d.P.R. 309 del 1990, invocando una pronuncia che li riconducesse nell’ipotesi di lieve entità di cui al quinto comma del medesimo articolo.
Censura la asserita carenza di interesse di cui si legge a pagina 7 dell’ordinanza impugnata, che richiama in proposito Sez. 6 n. 10941/ 2017.
Per quanto riguarda lo specifico della donna lamenta che il tribunale del riesame sia fuoriuscito da quella che è l’incolpazione provvisoria, in quanto alla NOME è contestato il reato di cui ad un unico capo, ben circoscritto nel tempo, con nessun n riferimento a fantomatiche ipotesi di favoreggiamento del marito.
L’ordinanza impugnata – ci si duole – non opererebbe un buon governo @ella giurisprudenza di questa Corte di legittimità e in particolar modo del dictum di Sez. U. n. 51063/2018 che hanno sancito il principio che la predisposizione di un’organizzazione di mezzi non è di per sé incompatibile con l’affermazione della
lieve entità del fatto. E nemmeno si applicherebbe correttamente quanto statuito da Sez. 6 n. 15642/2015 e n. 41090/2013 in tema di piccolo spaccio e, più recentemente, da Sez. 6 n. 44061/2022, in quanto si trascurerebbe che i quantitativi asseritamente ceduti si collocano in soglie statistiche entro cui opera il fatto di lieve entità.
Il tribunale del riesame, con riferimento alla qualificazione giuridica del fatto, avrebbe tralasciato di confrontarsi con le argomentazioni difensive.
Specificamente, con riferimento alla posizione di NOME, l’ordinanza impugnata non terrebbe conto: 1. che le condotte perpetrate consistono in una serie di micro-cessioni di sostanza stupefacente protratte per un lasso di tempo di soli sei mesi; 2. che le cessioni sono un numero non particolarmente elevato (46) e poste in essere dall’agosto 2022 al gennaio 2003; 3. che le cessioni concernono quantitativi esigui, ovvero al massimo 5 grammi in alcune occasioni, mentre altri quantitativi non sono specificati e sono inferiori; 4. del ruolo asseritamente assunto dal ricorrente ovvero di dominus di tante piccole micro cessioni al dettaglio.
I ricorrenti chiedono, pertanto, che questa Corte annulli l’ordinanza impugnata, con tutte le conseguenze di legge.
3. Il PG ha rassegnato le conclusioni scritte riportate in epigrafe
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I proposti ricorsi sono inammissibili.
2. Ed invero, quanto a NOME NOME, agli arresti domiciliari, assorbente, come ha riconosciuto il tribunale del riesame, è la considerazione che la stessa non ha interesse a impugnare la misura – essendo estranea al devoluto anche in questa sede ogni questione afferente a problemi di scadenza termini – sul presupposto di una riconducibilità dei fatti alla meno grave ipotesi di cui al quinto comma dell’articolo 73 T.U. stup. in quanto anche l’ipotesi lieve sarebbe atta a giustificare la misura in atto.
Questa Corte di legittimità, infatti, ha da tempo chiarito che, in tema di misure cautelari personali, sussiste l’interesse ad impugnare quando l’indagato tende ad ottenere una diversa qualificazione giuridica del fatto dalla quale consegua per lui una concreta utilità (così Sez. 6, n. 46387 del 24/10/2023, Giordano Rv. 285481 – 01 che, in un caso speculare a quello che ci occupa ha escluso l’interesse del ricorrente all’inquadramento del fatto ascrittogli nella più lieve fa tispecie di cui dell’art. 73, 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, poiché la derubricazione non avrebbe avuto alcuna valenza ostativa rispetto alla misura dell’obbligo
di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria, nelle more disposta dal riesame in sostituzione di quella degli arresti domiciliari; conf. la richiamata Sez. 6, n. 10941 del 15/02/2017 Leocata Rv. 269783 – 01 che ha ritenuto sussistente l’interesse del ricorrente all’inquadramento del fatto ascrittogli nella più lieve fa tispecie di cui dell’art.73, comma quinto, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, il cui limite edittale di pena avrebbe impedito l’adozione della custodia cautelare in carcere; Sez. 6, n. 41003 del 07/10/2015 Mazzariello Rv. 264762 – 01).
3. Diversamente per NOME, tenuto presente il limite edittale di quattro anni di pena detentiva vigente per l’ipotesi lieve all’epoca dei fatti (risalendo l’i nalzamento a cinque anni solo al d.l. 15 settembre 2023, convertito con modificazioni nella I. 13 novembre 2023, n. 159), non appare conferente il richiamo al dictum di Sez. 6 n. 10941/2017 che, anzi, dà conto proprio dell’interesse all’impugnazione, trattandosi di indagato sottoposto alla custodia cautelare in carcere.
Il ricorso proposto nell’interesse dello stesso tuttavia – che si palesa, peraltro, assai generico ed aspecifico, limitandosi ad un collage di massime di giurisprudenza senza un reale confronto critico con l’ordinanza impugnata e senza la reale indicazione di quelle circostanze complessive del fatto che avrebbero dovuto giustificare la riconducibilità degli stessi all’ipotesi lieve – è manifestamente infondato.
Ed invero, il giudice del gravame cautelare dà conto di come le condotte ascrivibili al ricorrente presentino profili di rilevante lesione del bene giuridico t telato, trattandosi di un’attività di spaccio consolidata e connotata da profili organizzativi, come la presenza di luoghi di occultamento e la capillare ramificazione in grado di fornire rilevanti guadagni, che al contempo ne documentano l’ampiezza. Si sottolinea peraltro che NOME, ancorché in relazione a tale capo non sia stata applicata la misura cautelare in quanto il Gip ha ritenuto la propria incompetenza territoriale, è indagato anche quale importatore di ingenti quantità di hashish dal Marocco.
Peraltro, proprio in relazione ai capi 2 e 3, che costituiscono titolo cautelare, l’ordinanza genetica, a pag. 11, aveva dato conto di come NOME fosse risultato attivo nello spaccio di cocaina, e in misura marginale anche di hashish, nelle zone del basso vicentino e della bassa veronese, attraverso cessioni in singole dosi preconfezionate di pochi grammi, con contatti che avvenivano con i clienti, come indica il medesimo indagato, sfruttando applicazione di messaggistica come Whatsapp, mediante l’utilizzo di faccine e puntini al fine di indicare il numero di grammi richiesti dal cliente.
Lo stesso Gip dà atto nell’ordinanza genetica che l’attività di spaccio realizzata dal ricorrente era fiorente e impegnava considerevolmente l’indagato, il quale
nelle intercettazioni si paragona ad un corriere di Amazon e riferisce alla moglie che è riuscito a guadagnare 200.000 euro in due anni; e in altre occasioni, allorquando si trova in macchina con due connazionali, riferisce loro che sono 5 anni che “lavora con i tossici” e che con la sua attività riesce a fare tra i 30.000 e 50.000 euro al mese, tanto da prendere in considerazione la possibilità di assumere un dipendente, da remunerare con 2.000 euro al mese, oltre vitto e alloggio, facendolo arrivare in Italia dal Marocco, potendo agevolmente recuperare le spese sostenute con i proventi dell’attività illecita.
Si tratta di argomentazioni che, evidentemente, vanno in senso contrario rispetto all’asserita ipotesi di piccolo spaccio e con le quali il ricorrente non par essersi confrontato né in sede di riesame e nemmeno con il presente ricorso.
Ciò appare sufficiente, tenuto conto peraltro che siamo in ambito cautelare, a poter ritenere operato un buon governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimitài secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anc all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, COGNOME, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistati e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Essendo i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
Per NOME vanno dati gli avvisi di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen. relativamente alla posizione di NOME. Così deciso il 18/04/2024