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Fatto di lieve entità: no se l’attività è organizzata

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La Corte ha escluso l’ipotesi di ‘fatto di lieve entità’ a causa della notevole quantità di droga (quasi 100g di cocaina), dell’uso di un appartamento dedicato e della presenza di strumenti per il confezionamento, elementi indicativi di un’attività stabile e organizzata, non di un episodio minore.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: La Cassazione esclude l’ipotesi lieve in caso di attività organizzata

Con la sentenza n. 9132 del 2025, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sui criteri per distinguere lo spaccio di droga ‘comune’ da quello considerato di fatto di lieve entità. La decisione conferma un orientamento consolidato: la presenza di elementi che indicano un’attività stabile e organizzata, come l’uso di un immobile dedicato e di strumenti per il confezionamento, preclude l’applicazione della fattispecie meno grave, anche a fronte di altri indicatori non allarmanti.

I Fatti di Causa: Dalla Condanna per Fatto Lieve alla Riqualificazione

Il caso ha origine da una condanna in primo grado per il reato di cui all’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90 (il cosiddetto spaccio di lieve entità). L’imputato era stato trovato in possesso di 96,6 grammi di cocaina, corrispondenti a 474 dosi medie singole. La pena inflitta era stata di due anni di reclusione e 4.000 euro di multa.

Tuttavia, la Corte d’Appello, accogliendo l’impugnazione del Pubblico Ministero, aveva riqualificato il reato nella sua forma non lieve (art. 73, comma 1), aumentando la pena a due anni e otto mesi di reclusione e 12.000 euro di multa. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

I Motivi del Ricorso: Una Difesa su Tre Fronti

La difesa dell’imputato si articolava su tre punti principali:
1. Errata valutazione delle prove: Si contestava la ricostruzione dei fatti e l’attribuzione della responsabilità, sostenendo che la droga non appartenesse al ricorrente.
2. Errata applicazione della legge penale: Si criticava la scelta della Corte d’Appello di escludere la qualificazione di fatto di lieve entità, sostenendo che non fossero emersi elementi di un’attività di spaccio stabile e continuativa.
3. Violazione di legge sulla recidiva: Si lamentava l’applicazione della recidiva senza un’adeguata valutazione della personalità e della pericolosità del ricorrente.

Fatto di lieve entità: La Valutazione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile in ogni suo punto, confermando la decisione della Corte d’Appello. Il cuore della sentenza risiede nelle motivazioni relative all’esclusione del fatto di lieve entità. I giudici di legittimità hanno ribadito che la valutazione deve essere complessiva e non può limitarsi al solo dato quantitativo della sostanza stupefacente.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello pienamente logica e razionale. Per escludere l’ipotesi lieve, sono stati considerati decisivi i seguenti elementi:

* Il dato ponderale: La quantità di quasi 100 grammi di cocaina è stata giudicata ‘rilevante’.
* Le modalità organizzative: L’utilizzo di un immobile diverso dalla propria abitazione, destinato specificamente alla custodia e allo spaccio, è stato interpretato come un chiaro indice di un’attività strutturata.
* Gli strumenti: Il rinvenimento nell’appartamento di un bilancino di precisione, sostanza da taglio e materiale per il confezionamento (fogli di cellophane identici a quelli usati per un involucro lanciato dalla finestra) ha confermato l’esistenza di una vera e propria attività organizzata per la suddivisione in dosi.

Questi elementi, valutati nel loro insieme, sono stati considerati ostativi alla qualificazione della condotta come fatto di lieve entità, poiché indicativi di un’attività ‘stabile, sistematica e organizzata’. La Corte ha inoltre respinto gli altri motivi di ricorso, giudicando le censure sulla valutazione delle prove come un tentativo non consentito di ottenere un nuovo giudizio di merito e ritenendo l’applicazione della recidiva correttamente giustificata dai numerosi precedenti penali e dalla gravità del nuovo reato.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: la qualificazione di un reato di spaccio come ‘fatto di lieve entità’ non dipende solo dalla quantità di droga, ma da una valutazione globale che comprende mezzi, modalità e circostanze dell’azione. La presenza di una struttura organizzativa, anche minima, come un appartamento dedicato e l’attrezzatura per il confezionamento, è sufficiente a far propendere per la fattispecie più grave, indicando una maggiore pericolosità sociale e un’offensività che travalica i confini della lieve entità.

Quando si può escludere il ‘fatto di lieve entità’ nello spaccio di droga?
Si può escludere quando, oltre al dato quantitativo della sostanza, emergono elementi indicativi di un’attività stabile, sistematica e organizzata. Nel caso di specie, sono stati determinanti l’utilizzo di un immobile diverso dall’abitazione del reo, destinato alla custodia e allo spaccio, e il ritrovamento di materiali e strumenti per la suddivisione della droga in dosi.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e la ricostruzione dei fatti?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o proporre una ricostruzione alternativa dei fatti, ma solo verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge e che la loro motivazione sia logica e non contraddittoria. Per questo motivo, le censure dell’imputato sulla valutazione delle prove sono state dichiarate inammissibili.

Come viene giustificata l’applicazione della recidiva?
L’applicazione della recidiva è stata giustificata sulla base dei numerosi e specifici precedenti penali dell’imputato e della gravità del nuovo reato. La Corte ha ritenuto che le modalità organizzate della condotta fossero espressive di una ‘più spiccata pericolosità sociale’ e di una maggiore capacità a delinquere, tali da rendere adeguato l’aumento di pena previsto per la recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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