Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23011 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23011 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 09/06/2000
avverso la sentenza del 05/02/2025 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in punto di mancata qualificazione dei fatti di cui all’imputazione ai sensi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.affermata responsabilità.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni e del tutto assertivi.
Ne deriva che il proposto ricorso va dichiarato inammissibile,
Al di là di scarne e generiche affermazioni in ordine a supposti vizi logici della motivazione, infatti, il ricorrente in concreto non si confronta affatto con la motivazione della Corte di appello, che, anche legittimamente richiamando per relationem la pronuncia di primo grado, appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
I motivi in questione non si coniugano alla enunciazione di specifiche richieste con connessa indicazione delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che le sorreggono, non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata e sono privi della puntuale enunciazione delle ragioni di diritto giustificanti il ricorso e dei correlati congrui riferimenti alla mot zione dell’atto impugnato.
La doglianza circa la mancata qualificazione dei fatti ai sensi del quinto comma dell’art. 73 d.P.R. 309/90 viene sintetizzata nella tautologica affermazione; «Certa è l’attività di spaccio posta in essere dal NOME COGNOME ma non v’è chi non veda come l’art. 73 dpr. 309/90 comma 5 sanziona la condotta posta in essere dal ricorrente».
Cero, al contrario, è che il ricorrente non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata che, a fronte di un imputato che è stato trovato in possesso di un quantitativo di eroina pari a 1.648 grammi e dalla quale, sulla base del principio attivo accertato, potevano essere ricavate 1.883 dosi medie singole, ha dato infatti conto con ampia motivazione, pienamente corrispondente ai principi più volte affermati sul punto, del perché hanno ritenuto i fatti in contestazione non riconducibili alla previsione incriminatrice di cui all’art. 73 comma 5 d.P.R. 309/90 (cfr. pag. 5 della sentenza impugnata) ritenendo logicamente ineccepibili le argomentazioni del tribunale tese ad evidenziare che l’acclarata detenzione di un vero e proprio “carico di eroina”, qual è quello per cui si procede, è chiaramente dimostrativa dello stabile inserimento dell’imputato nel circuito del narcotraffico e, quindi, della sua capacità di operare «professionalmente» in tale mercato e di intessere fruttosi collaudati legami e relazioni con potenti ambienti criminali grazie
ai quali è in grado dì ottenere la disponibilità di rilevanti quantitativi di droga “pe sante”.
Tali chiare circostanze, allora, sono state correttamente ritenute indicative della posizione di assoluto rilievo di cui gode il Celin nel mercato degli stupefacenti, oltretutto in un territorio, qual è il Comune di Cutro, in cui il traffico cli droga appannaggio di stabili, organizzazioni criminali (anche di stampo mafioso), e dunque radicalmente incompatibili con quelle valutazioni di minima o ridona offensività penale della condotta che costituiscono il logico presupposto della riqualificazione invocata dalla difesa.
Va anche evidenziato che, seppure è stata in talune occasioni riconosciuta la forma lieve del reato contestato in casi in cui la quantità di sostanza stupefacente rinvenuta è stata superiore rispetto a quella del caso qui in esame, la più recente giurisprudenza di legittimità ha condivisibilmente chiarito il principio secondo cui in tema di stupefacenti, la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5,
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R.G.
d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, non può effettuarsi in base al solo dato quantitativo, risultante dalla ricognizione statistica su un campione di sentenze che hanno rico
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nosciuto la minore gravità del fatto, posto che, come da sempre detto, per l’ac
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certamento della stessa, è necessario fare riferimento all’apprezzamento comples
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sivo degli indici richiamati dalla norma (Sez. 3, n. 12551 del 14/02/2023,
Rv. 284319 – 01).
4. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissi
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bilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al
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pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della san zione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle am -mende.
Così deciso il 10/06/2025