Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29069 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29069 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 27/08/1995
avverso la sentenza del 11/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Prato in data 8 ottobre 2018, ha rideterminato la pena nei confronti di NOME COGNOME in anni 2, mesi 8, giorni dieci di reclusione ed euro 12.000,00 di multa per il reato di cui all’art. 73, comma 1, D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
L’imputato ricorre avverso la sentenza della Corte di appello lamentando, con un unico motivo di ricorso, violazione di legge e vizio di motivazione per la mancata riqualificazione ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. 309/90.
Il motivo di ricorso è meramente riproduttivo di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti dal Giudice di merito e non è scandito da specifica critica delle argomentazioni poste alla base della sentenza impugnata. Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, è inammissibile il ricorso per Cassazione fondato su motivi che si risolvono nella pedissequa reiterazione di quelli già dedotti in appello e puntualmente disattesi dalla Corte di merito, dovendosi gli stessi considerare non specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710; Sez. 5, n. 11933 del 27/01/2005, COGNOME, Rv. 231708). Ciò posto, la decisione della Corte di merito è congruamente motivata in ordine al diniego della riqualificazione nell’ipotesi di lieve entità. (pag. 4). I giudici sul punto hanno correttamente valorizzato una pluralità di elementi preclusivi al giudizio di lieve offensività in particolare, con riferimento alla ketamina, hanno sottolineato, il rilevante quantitativo rinvenuto ed il numero di dosi da esso ricavabile (170), la particolare qualità della sostanza, desunta dall’elevato principio attivo (pari all’ 86,3 %). Parimenti, hanno assunto importanza le modalità dell’azione, posto che il ricorrente è stato colto nella flagranza di reato nel momento in cui, contemporaneamente alla detenzione della ketamina, cedeva una dose di ecstasy, sicchè la circostanza della contemporanea detenzione e cessione di due sostanze differenti, una delle quali rientrante nella categoria di droghe pesanti, connotava di maggiore gravità il fatto commesso, essendo l’imputato in grado di soddisfare le esigenze di una più vasta categoria di consumatori. La pronuncia è pienamente rispettosa dei canoni interpretativi GLYPH elaborati dalla giurisprudenza di GLYPH legittimità, che richiedono, per GLYPH l’applicazione dell’art. 73,comma 5, D. P. R. 3 0 9 / 1 9 9 0, di valutare tutti gli element
indicati dalla norma, sia quelli concernenti
GLYPH
l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa),sia quelli che attengono all’oggetto materiale del
reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti) (cfr.
Sez. 6, n. 45694 del 28/09/2016,Rv. 268293;Sez. 6, n. 27809 del 05/03/20
13 Rv. 255856;Sez. U,n. 51063 del 27/09/2018,Murolo,Rv. 274076). Deve in proposito rilevarsi che, contrariamente a quanto sostenuto dal
ricorrente, al di là del peso ponderale, il grado di offensività della condotta di detenzione a fini di spaccio può essere rivelato in concreto dal dato del
principio attivo e del numero delle dosi ricavabili e potenzialmente da diffondere sul mercato (Sez. 4, n. 24509 del 09/05/2018,Rv. 272942;
Sez. 4,n. 50257 del 05/10/2023, COGNOME, Rv. 285706).
4. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, non sussistendo ipotesi di esonero, al versamento
di una somma alla Cassa delle ammende, determinabile in euro tremila, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma in data 8 luglio 2025.