Fatto di lieve entità e detenzione di stupefacenti: la parola alla Cassazione
La distinzione tra detenzione di sostanze stupefacenti per uso personale e per spaccio è una delle questioni più delicate del diritto penale. Un elemento cruciale in questo contesto è la configurabilità del fatto di lieve entità, una circostanza che può ridurre significativamente le conseguenze penali. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre importanti chiarimenti sui criteri utilizzati per valutare tale ipotesi, sottolineando come le modalità di confezionamento e il quantitativo complessivo possano essere decisivi per escluderla.
Il caso: Detenzione di Marijuana e la richiesta di riqualificazione
Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguardava un individuo condannato per detenzione di marijuana. La difesa aveva presentato ricorso, contestando la responsabilità penale e chiedendo, in subordine, la riqualificazione del reato nella fattispecie attenuata del fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (d.P.R. 309/1990).
I fatti materiali erano chiari: l’imputato era stato trovato in possesso di diversi involucri contenenti la sostanza. In particolare, solo una dose pesava 2 grammi, mentre altri quattro pacchetti presentavano un peso variabile tra i 25 e i 50 grammi. Secondo la tesi difensiva, questa circostanza non era sufficiente a provare la destinazione allo spaccio e avrebbe dovuto condurre a una valutazione di minore gravità.
La decisione della Corte d’Appello e il ricorso in Cassazione
La Corte d’Appello aveva già respinto la richiesta di riqualificazione, ritenendo che le prove raccolte indicassero chiaramente una finalità di cessione a terzi. Gli elementi valorizzati erano stati proprio il quantitativo totale della sostanza e, soprattutto, le modalità di confezionamento. La suddivisione in dosi di peso eterogeneo, con alcune palesemente superiori alla dose singola, era stata interpretata come un chiaro indizio dell’attività di spaccio.
Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso per Cassazione, insistendo sulla mancata riqualificazione del reato come fatto di lieve entità. Il ricorrente sosteneva che le modalità del fatto non fossero tali da escludere un giudizio di minore gravità complessiva.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno confermato pienamente il ragionamento della Corte d’Appello, smontando la tesi difensiva. Secondo la Suprema Corte, la combinazione di due fattori è stata decisiva:
1. Il quantitativo detenuto: Sebbene non eccezionale, il totale della sostanza era comunque significativo.
2. Le modalità di confezionamento: Questo è stato l’elemento chiave. La presenza di una sola dose piccola (2 grammi) a fronte di altri pacchetti molto più grandi (da 25 a 50 grammi) è stata considerata una prova logica e ragionevole della destinazione della droga alla vendita.
La Corte ha stabilito che tali modalità erano incompatibili con un giudizio di minore gravità. La logica è che un consumatore personale difficilmente deterrebbe la sostanza suddivisa in quel modo. Al contrario, tale confezionamento è tipico di chi si prepara a cedere la droga a terzi in diverse quantità. Pertanto, le complessive modalità del fatto non consentivano di applicare l’attenuante del fatto di lieve entità.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: per stabilire se un reato di droga sia di lieve entità, il giudice deve compiere una valutazione globale che tenga conto di tutti gli indicatori. In questo quadro, il quantitativo non è l’unico parametro, ma assume un ruolo centrale se letto insieme alle modalità di preparazione e confezionamento della sostanza. La decisione conferma che la suddivisione in dosi di peso variabile e non destinate a un consumo immediato e personale è un forte indizio di spaccio che osta all’applicazione della fattispecie meno grave. La conseguenza per il ricorrente è stata non solo la conferma della condanna, ma anche il pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Quando la detenzione di droga non può essere considerata un fatto di lieve entità?
Secondo la Corte, la detenzione di droga non può essere considerata un fatto di lieve entità quando le modalità complessive del fatto, come il quantitativo e soprattutto il confezionamento in dosi di peso variabile e significativo, indicano ragionevolmente che la sostanza era destinata alla cessione a terzi e non al consumo personale.
Quali elementi ha considerato la Corte per escludere la minore gravità del fatto?
La Corte ha considerato due elementi principali: il quantitativo totale di marijuana detenuta e, in modo decisivo, le modalità di confezionamento. La presenza di più pacchetti con peso variabile (tra 25 e 50 grammi), a fronte di una sola dose piccola, è stata ritenuta incompatibile con l’ipotesi di un fatto di lieve entità.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità comporta che il ricorso viene respinto senza un esame nel merito. Per il ricorrente, questo ha significato la condanna definitiva al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 44453 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 44453 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GRAGNANO il 12/05/1970
avverso la sentenza del 19/01/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; esaminati i motivi del ricorso di NOME NOME; dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto, che è manifestamente infondato e smentito dalle risultanze di prova richiamate nella sentenza impugnata, il motivo di ricorso che contesta la responsabilità del ricorrente e la mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art 73, comma 5, d.P.R. 309/1990:il quantitativo marijuana detenuta e le modalità di confezionamento (solo una delle dosi corrispondeva a gr. 2 mentre gli altri quattro pacchetti avevano peso variabile fra i 25 e 50 gr.) hanno fondato la ragionevole conclusione che la droga fosse destinata alla cessione e che le complessive modalità del fatto fossero non compatibili con un giudizio di minore gravità, quale quello che la fattispecie di cui al comma quinto dell’art. 73 d.PR. cit. comporta;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25 ottobre 2024
Il Consigliere NOME