Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 39351 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 39351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MASSA DI SOMMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
La Corte d’appello di Milano, con la pronuncia di cui in epigrafe, ha confermato la condanna di NOME COGNOME per la fattispecie di cui agli artt. 81 cod. pen. e 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990 (avente a oggetto cocaina).
Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo (di seguito enunciato ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.). Si deduce l’errore nella mancata valutazione globale degli elementi concernenti l’azione e inerenti all’oggetto materiale del reato, che avrebbero dovuto rilevare ai fini dell’accertamento dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990, compatibile con una minima organizzazione dello spaccio, invece esclusa solo in considerazione del quantitativo di stupefacente.
Il ricorso è manifestamente infondato, oltre che in fatto.
Deve preliminarmente ribadirsi che, in riferimento alle condizioni per l’applicabilità dell’ipotesi di cui al comma 5 dell’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990, a fini della concedibilità o del diniego della fattispecie di lieve entità, il giudi tenuto a complessivamente valutare tutti gli elementi indicati dalla norma, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa); potendo comunque ritenersi non configurata l’ipotesi in esame quando anche uno solo di detti elementi porti ad escludere in modo preponderante che la lesione del bene giuridico protetto sia di «lieve entità» (ex plurimis: Sez. 4, n. 20130 del 19/04/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 6, n. 7464 del 28/11/2019, dep. 2020, Riccio, Rv. 27861501). La Corte regolatrice ha in particolare considerato che il riconoscimento del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990 richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità della pena. La configurabilità dell’ipotesi lieve non può essere esclusa sulla base di singoli parametri, quali la diversa tipologia delle sostanze cedute o lo svolgimento non occasionale dell’attività di spaccio, astraendo tali elementi dalla ricostruzione fattuale nell sua interezza, fondata su una razionale analisi riguardante la combinazione di tutte le specifiche circostanze (Sez. 4, n. 17674 del 09/04/2019, COGNOME; Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, Ferretti, Rv. 271959-01). In argomento si registra altresì l’intervento delle Sezioni Unite per le quali la diversità di sostanz stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, proprio in quanto l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indi sintomatici previsti dalla disposizione (Sez. U, n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076-01). La Corte costituzionale, peraltro, con la sentenza n. 40 del 2019, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui prevede la pena minima edittale nella misura di otto anni di reclusione anziché di anni sei, si è soffermata sulla fattispecie di cui al comma 5 del citato art. 73, sviluppando considerazioni di certa conducenza ai fini di interesse e sulla base del diritto vivente in materia. Nell’evidenziare l divaricazione di ben quattro anni venutasi a creare tra il minimo edittale di pena previsto dal comma 1 dell’art. 73 cit. il massimo edittale della pena comminata dal comma 5 dello stesso articolo, il Giudice delle leggi ha rilevato che «il costante orientamento della Corte di cassazione è nel senso che la fattispecie di Corte di Cassazione – copia non ufficiale
lieve entità di cui all’art. 73, comma 5, può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione». Le considerazioni che precedono inducono conclusivamente a confermare che, secondo diritto vivente, l’ipotesi di reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n 309 del 1990 risulta qualificata dalla minima offensività penale della condotta e che, al riguardo, il giudice di merito deve procedere a una valutazione complessiva dei parametri indicati dalla citata norma incriminatrice pur potendo, all’esito, uno solo di essi essere ritenuto tale da escludere in modo preponderante che la lesione del bene giuridico protetto sia di «lieve entità» (ex plurimis: Sez. 4, n. 20130/2022, DoNOME, cit.; Sez. 7, n. 39953 del 21/09/2022, COGNOME).
Segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, ex art. 616 cod. proc. pen. (equa in ragione delle evidenziate cause d’inammissibilità).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Éassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 02.F D E POSITATA IN CANCELL RIA