Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 14861 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 14861 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 11/10/2023 del TRIBUNALE di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto
dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
lette le conclusioni scritte del difensore.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 16 ottobre 2023 il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza avanzata nell’interesse di NOME COGNOME di applicazione della circostanza attenuante del fatto di lieve entità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 2023 in relazione alla condanna dallo stesso subita per il delitto di estorsione, per effetto della sentenza del Tribunale di Napoli del 12 ottobre 2021, confermata dalla Corte di appello di Napoli in data 23 settembre 2022.
Premesse generali considerazioni sull’ammissibilità dell’istanza avanzata nell’interesse del condannato, onde ottenere la rivisitazione del giudicato penale allo scopo di conformare la pena ad una cornice edittale coerente con il quadro costituzionale di riferimento, il giudice dell’esecuzione ha ritenuto insussistenti presupposti per riconoscere al condannato la circostanza attenuante.
In tal senso ha valorizzato la circostanza che il condannato aveva posto in essere anche il delitto di furto, oltre a quello di estorsione.
Nonostante l’importo non eccessivo della somma richiesta quale corrispettivo per la restituzione del bene oggetto di furto, il fatto, secondo i giudice dell’esecuzione, doveva essere considerato nella sua «totalità».
Ulteriormente, il Tribunale ha evidenziato la commissione del fatto da parte di più persone riunite e, quindi, complessivamente, tutte le circostanze dell’azione.
L’attività congiunta di più persone è stata, inoltre, ritenuta tale da escludere, anche nel caso di riconoscimento dell’attenuante invocata, il giudizio di prevalenza, unitamente alle attenuanti generiche, rispetto alla correlata aggravante.
Risulterebbe confermato, pertanto, anche nel caso di riconoscimento dell’invocata attenuante, il già operato giudizio di bilanciamento delle circostanze e al condannato non deriverebbe alcun beneficio.
Avverso il provvedimento ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, AVV_NOTAIO, articolando due motivi.
2.1. Con il primo ha eccepito violazione di legge con riguardo agli artt. 132 e 133 cod. pen. alla luce del principio costituzionale di cui all’art. 27, commi primo e terzo, Cost.
Il giudice della cognizione aveva riconosciuto le attenuanti generiche tenuto conto della giovane età degli imputati, delle circostanze e modalità dell’azione e
per adeguare la pena prevista per l’estorsione consumata alla complessiva entità del fatto.
A fronte di tali elementi, il giudice dell’esecuzione avrebbe reso una motivazione contraddittoria rispetto alle valutazioni compiute in sede di cognizione in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio e di applicazione dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo ha eccepito la contraddittorietà e la manifesta illogicità dell’ordinanza impugnata.
Sul tema sollevato nell’istanza originaria il Tribunale si sarebbe pronunciato con una motivazione apodittica e carente per non avere preso in considerazione la complessità del caso in esame.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Il difensore ha depositato conclusioni scritte.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Con la sentenza indicata in narrativa, NOME COGNOME è stato condannato per i delitti di furto (così riqualificato il reato di rapina originariam contestato) ed estorsione, in continuazione, per avere concorso a sottrarre un monopattino elettrico e costretto la persona offesa, sotto la minaccia della perdita definitiva del bene, a consegnare 4,50 euro e a procurarsi ulteriori 40/50 euro allo scopo di ottenere la restituzione dello stesso.
Ad COGNOME sono state concesse le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti all’aggravante delle più persone riunite.
La norma incriminatrice di cui all’art. 629 cod. pen., successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è stata oggetto di declaratoria di illegittimità costituzionale per effetto della sentenza del 15 giugno 2023, n. 120 con la quale la Consulta ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 629 cod. pen. «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
Pertanto, analogamente a quanto avvenuto per altre fattispecie attinte dalla medesima tipologia di declaratoria di illegittimità costituzionale, il giudice dell’esecuzione può essere legittimamente adito ai fini della rideterminazione del trattamento sanzionatorio invocando l’applicazione dell’attenuante.
In tal senso, per l’analoga fattispecie della dichiarazione di illegittimit dell’art. 630 cod. pen. a causa della mancata previsione della lieve entità del fatto, si ricorda il principio di diritto per cui «in tema di sequestro di persona scopo di estorsione, il condannato con sentenza divenuta irrevocabile prima della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 630 cod. pen., nella parte in non prevedeva l’attenuante della lieve entità del fatto (Corte cost., sent. 19 marzo 2012, n. 68), può richiedere, con incidente di esecuzione, l’applicazione della predetta attenuante al fine di rideterminare il trattamento sanzionatorio, ed il giudice adito “in executivis” è tenuto a compiere una valutazione circa la sussistenza della circostanza nei limiti consentiti dalla decisione di merito, ovvero sulla base delle risultanze acquisite e degli apprezzamenti operati, in base ad esse, nel giudizio di cognizione» (Sez. 1, Sentenza n. 5973 del 04/12/2014, dep. 2015, Ciriello, Rv. 262270).
Si tratta dell’applicazione del principio generale secondo cui «quando, successivamente alla pronuncia di una sentenza irrevocabile di condanna, interviene la dichiarazione d’illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, incidente sulla commisurazione del trattamento sanzionatorio, e quest’ultimo non è stato interamente eseguito, il giudice dell’esecuzione deve rideterminare la pena in favore del condannato pur se il provvedimento “correttivo” da adottare non è a contenuto predeterminato, potendo egli avvalersi di penetranti poteri di accertamento e di valutazione, fermi restando i limiti fissati dalla pronuncia di cognizione in applicazione di norme diverse da quelle dichiarate incostituzionali, o comunque derivanti dai principi in materia di successione di leggi penali nel tempo, che inibiscono l’applicazione di norme più favorevoli eventualmente “medio tempore” approvate dal legislatore» (Sez. U, n. 42858 del 29/05/2014, Gatto, Rv. 260697).
Nell’operazione di rideterminazione della pena, il giudice deve operare discrezionalmente e considerare i parametri di cui agli artt. 132 e 133 cod. pen., tenendo conto degli elementi fattuali accertati nel giudizio di cognizione e coperti dal giudicato definitivo.
Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione si è attenuto ai principi di diritto che governano la materia fornendo una motivazione all’esito di un procedimento esente dalla violazione di legge di cui al primo motivo di ricorso che si rivela, quindi, manifestamente infondato.
Invero, il giudice adito, al fine di valutare la concedibilità dell’attenuan invocata, ha preso in considerazione la circostanza che, oltre che per il delitto di estorsione, il condannato è stato ritenuto responsabile anche del furto del monopattino, esaminando il fatto nella sua globalità e non solo sotto il profilo
dell’entità della somma versata dalla persona offesa per ottenere la restituzione.
E’ stato dato, quindi, rilievo sia alla circostanza che il furto era avvenuto (da parte di più persone riunite) pochi istanti prima della richiesta estorsiva (con ciò dimostrandosi una particolare «pervicacia criminale» del condannato).
Analizzando, complessivamente, come imposto dalla sentenza dichiarativa dell’illegittimità costituzionale, i «mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione» è stata esclusa la concedibilità dell’attenuante.
Nel compiere tale operazione, dunque, il giudice dell’esecuzione non ha posto in essere alcuna violazione di legge avendo tenuto conto dei parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen., alla luce degli accertamenti fattual definitivi.
Rivalutativo, invece, si rivela il motivo incentrato sul vizio di illogicit contraddittorietà della motivazione che affiggerebbe l’ordinanza impugnata.
Non diversamente da quanto accade nel giudizio di cognizione, nella individuazione del trattamento sanzionatorio il giudice di merito gode di ampia discrezionalità nell’ambito dei criteri individuati dall’art. 133 cod. pen. e sindacato di legittimità è consentito esclusivamente in caso di vizi (sub specie di mancanza o illogicità della motivazione) manifesti.
Nel caso di specie, i parametri seguiti dal giudice dell’esecuzione, per quanto sin qui illustrato, sono evidentemente esenti dai vizi indicati essendo stati valorizzati plurimi elementi fattuali puntualmente indicati.
Nel procedimento valutativo non è dato individuare alcun profilo fra quelli eccepiti dal ricorrente.
Peraltro, nel provvedimento impugnato è dato rinvenire un profilo della motivazione non attinto da censure difensive.
Si tratta della motivazione ad abundantiam di cui alla parte finale del provvedimento in cui è stato evidenziato come, anche nel caso in cui fosse riconosciuta la configurabilità dell’attenuante invocata, la stessa non potrebbe ritenersi, anche con il concorso delle già riconosciute attenuanti generiche, prevalente rispetto all’aggravane delle più persone riunite; aggravante ritenuta di particolare pregnanza, tenendo conto, peraltro, del comportamento processuale del condannato e della sua biografia penale.
Anche sotto tale profilo, il ragionamento del giudice di merito è esente da censure anche in ragione del principio di diritto secondo cui «le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea
realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto» (Sez. 2, Sentenza 31543 del 08/06/2017, Pennelli, Rv. 270450).
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve esse pertanto, dichiarato inammissibile.
Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente pagamento delle spese processuale e, alla luce della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e in mancanza di elementi per ritenere che parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione de causa di inammissibilità» i al versamento della somma, equitativamente fissata in euro tremila, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso in data 16/02/2024
Il Consigliere eslensore
Il Presidente