Fatto di Lieve Entità: La Valutazione Complessiva Vince sui Singoli Indici
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi sui criteri per il riconoscimento del fatto di lieve entità in materia di stupefacenti. La decisione sottolinea come la valutazione del giudice non possa limitarsi a un esame frammentario dei singoli elementi, ma debba basarsi su un’analisi globale e complessiva della condotta illecita. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati.
I Fatti del Caso
Un individuo veniva condannato in primo e secondo grado alla pena di due anni e otto mesi di reclusione e a una multa di oltre 5.500 euro per numerosi episodi di detenzione e cessione di marijuana. I giudici di merito avevano unificato i vari reati sotto il vincolo della continuazione e avevano tenuto conto della recidiva.
L’imputato decideva di presentare ricorso in Cassazione, affidandosi a un unico motivo: il mancato riconoscimento della fattispecie attenuata del fatto di lieve entità, prevista dall’articolo 73, comma 5, del Testo Unico sugli Stupefacenti (D.P.R. 309/1990). Tale norma prevede una pena notevolmente più mite per chi commette un reato legato agli stupefacenti che, per mezzi, modalità, quantità e altre circostanze, risulti di minima offensività.
La Decisione della Cassazione sul Fatto di Lieve Entità
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La motivazione di tale decisione risiede nel fatto che la censura sollevata dall’imputato era una mera riproposizione di argomenti già esaminati e correttamente respinti dalla Corte d’Appello. Quest’ultima, con un percorso logico e coerente, aveva già spiegato perché il caso in esame non potesse rientrare nella nozione di fatto di lieve entità.
Le Motivazioni: la Valutazione Complessiva per il Fatto di Lieve Entità
Il cuore della pronuncia risiede nel richiamo a un fondamentale orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 51063/2018). Secondo tale principio, per stabilire se un reato sia di lieve entità, il giudice deve compiere una valutazione ‘complessiva’ di tutti gli indici a sua disposizione. Non è sufficiente, quindi, soffermarsi su un unico aspetto, come la quantità di droga, ma è necessario considerare l’intero contesto.
Nel caso specifico, gli elementi che ostacolavano il riconoscimento dell’attenuante erano molteplici:
1. Sistematicità degli approvvigionamenti: le forniture di droga non erano occasionali, ma sistematiche, come riferito da tutti gli acquirenti.
2. Pluralità delle condotte: i reati erano numerosi e concentrati in un breve lasso di tempo e in una specifica area geografica.
3. Modalità operative identiche: l’attività di spaccio seguiva un copione consolidato, denotando una certa ‘professionalità’.
4. Precedenti specifici: l’imputato aveva già commesso reati simili in passato.
Questi fattori, nel loro insieme, delineavano una stabile dedizione all’attività di spaccio, incompatibile con la ‘lieve entità’. La Corte ha chiarito che non è necessario che tutti gli indici siano negativi per escludere l’attenuante. Può esistere un rapporto di ‘compensazione’ tra indici di segno opposto. Tuttavia, all’esito della valutazione globale, è possibile che un solo elemento assuma un ‘valore assorbente’, ovvero che la sua gravità sia tale da non poter essere bilanciata da altri fattori positivi. In questa vicenda, la natura sistematica e continuativa dell’attività illecita è stata ritenuta un elemento di tale peso.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio cruciale: la valutazione del fatto di lieve entità non è un esercizio matematico, ma un giudizio ponderato che deve tenere conto di ogni aspetto della condotta. Un’attività di spaccio, anche se riguardante droghe ‘leggere’ e quantitativi non eccezionali, perde il carattere della lieve entità quando assume i contorni di un’attività organizzata e persistente. La decisione serve da monito, confermando che il sistema giudiziario guarda alla sostanza e all’offensività complessiva del comportamento, piuttosto che a singoli dettagli che, presi isolatamente, potrebbero apparire di minor rilievo.
Quando un reato di spaccio può essere considerato di ‘lieve entità’?
Un reato di spaccio è considerato di lieve entità solo a seguito di una valutazione complessiva di tutti gli indicatori rilevanti (mezzi, modalità, quantità, pericolosità della condotta). Non è sufficiente che un solo elemento sia positivo, ma è necessario un giudizio globale che attesti la minima offensività del fatto.
Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché era una semplice riproposizione di un motivo già analizzato e respinto dalla Corte d’Appello con una motivazione logica, coerente e giuridicamente corretta, rendendo superfluo un nuovo esame da parte della Cassazione.
Un solo elemento negativo, come la vendita continuativa, può escludere la lieve entità?
Sì. Secondo la Corte, dopo una valutazione globale di tutti gli indici, un singolo elemento può assumere un ‘valore assorbente’. Ciò significa che la sua gravità intrinseca, come la stabile dedizione all’attività di spaccio, può essere così significativa da non poter essere compensata da altri fattori di segno opposto, escludendo così il riconoscimento della lieve entità.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23004 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23004 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANZARO il 16/01/1989
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ha presentato ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro del 15 gennaio 2024 di conferma della pronuncia dei Tribunale locale con la quale lo stesso è stato condannato, ritenuta la recidiva e unificati i reat sotto il vincolo della continuazione, alla pena di anni due e mesi otto di reclusione ed euro 5.564,00 di multa in relazione a numerose ipotesi di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti del tipo marijuana.
Rilevato che il motivo unico con il quale è stato dedotto il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della fattispecie attenuata di cui al comma 5 dell’art. 73 d.P.R. 309/1990 è inammissibile in quanto meramente riproduttivo di censura già adeguatamente vagliata e disattesa dalla Corte di merito con percorso argomentativo logico e coerente, con cui si è spiegato che ostavano a detto inquadramento i sistematici approvvigionamenti riferiti da tutti gli assuntori e, dunque, l’offensività della condotta, la pluralità delle stesse in un ristretto ambit temporale e geografico caratterizzate da identiche modalità operative in uno ai precedenti specifici che delineavano una stabile dedizione all’attività di spaccio.
La Corte territoriale ha dunque svolto, in ossequio all’orientamento interpretativo sposato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sez. U, n.51063 del 27/09/2018, COGNOME, in motivazione), una valutazione «complessiva» del caso concreto per desumerne l’insussistenza degli indici della fattispecie di cui all’art. 73, co. 5 d.P.R n.309/1990. Con la citata sentenza, il massimo consesso della Corte di legittimità ha precisato che nella verifica occorre abbandonare l’idea che gli indici attinenti al valore ponderale, alle modalità del fatto, ai mezzi dell’azione ed alla pericolosità sociale della condotta possano essere utilizzati dal giudice alternativamente, «riconoscendo od escludendo, cioè, la lieve entità del fatto anche in presenza di un solo indicatore di segno positivo o negativo, a prescindere dalla considerazione degli altri. Ma allo stesso tempo anche che tali indici non debbano tutti indistintamente avere segno positivo o negativo». Essendovi «la possibilità che tra gli stessi indici si instaurino rapporti di compensazione e neutralizzazione in grado di consentire un giudizio unitario sulla concreta offensività del fatto anche quando le circostanze che lo caratterizzano risultano prima facie contraddittorie in tal senso». Solo all’esito «della valutazione globale di tutti gli indici che determinano il profilo tipico del fatto di l entità, è poi possibile che uno di essi assuma in concreto valore assorbente e cioè che la sua intrinseca espressività sia tale da non poter essere compensata da quella di segno eventualmente opposto di uno o più degli altri».
3. Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in
favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 giugno 2025
La C GLYPH
liera est.