Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22749 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22749 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato il 26/06/1985
NOME nato il 03/03/1984
avverso la sentenza del 30/09/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con sentenza del 30 settembre 2024 la Corte di appello di Ancona ha confermato la pronuncia del G.I.P. del Tribunale di Macerata del 10 maggio 2022 con cui NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati alla pena di anni quattro, mesi sei di reclusione ed euro 24.000,00 di multa (NOME COGNOME) e di anni quattro, mesi quattro di reclusione ed euro 22.000,00 di multa (NOME COGNOME) in ordine a reati in materia di sostanze stupefacenti.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del loro difensore, deducendo, con due distinti motivi: violazione di legge e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’ipotesi prevista dall’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990; violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 62-bis, 125 e 133 cod. pen. per omessa concessione delle circostanze attenuanti generiche.
I ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, in quanto proposti con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. In primo luogo manifestamente infondata è l’introduttiva censura, tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale per cui il riconoscimento dell’ipotesi della lieve entità richiede un’adeguata valutazione complessiva del fatto, in relazione a mezzi, modalità e circostanze dell’azione, qualità e quantità della sostanza con riferimento al grado di purezza, in modo da pervenire all’affermazione di lieve entità in conformità ai principi costituzionali di offensività e proporzionalità della pena (cfr. Sez. 6, n. 1428 del 19/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 271959-01), per cui il giudice è tenuto a valutare complessivamente tutti gli elementi normativamente indicati, e, quindi, sia quelli concernenti l’azione (mezzi, modalità e circostanze della stessa), sia quelli che attengono all’oggetto materiale del reato (quantità e qualità delle sostanze stupefacenti oggetto della condotta criminosa), dovendo conseguentemente escludere il riconoscimento dell’attenuante quando anche uno solo di questi elementi porti ad escludere che la lesione del bene giuridico protetto sia di lieve entità (così, tra le tante, Sez. 6, n. 39977 del 19/09/2013, Tayb, Rv. 256610-01).
E’ necessario, cioè, che la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, D.P.R. n. 309 del 1990 costituisca l’approdo della valutazione complessiva di tutte le circostanze del fatto rilevanti per stabilire la sua entità alla luce dei criteri normativizzati e che tale percorso valutativo, così ricostruito, si rifletta nella motivazione della decisione, dovendo il giudice dimostrare di
avere vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della ritenuta prevalenza eventualmente riservata solo ad alcuni di essi.
Risulta allora che, nel caso di specie, la Corte territoriale, correttamente valutando i dati probatori disponibili, ha offerto una motivazione pienamente
adeguata in ordine al disposto diniego del riconoscimento della fattispecie della lieve entità (cfr. p. 4 della sentenza impugnata), essendo stati posti in rilievo
alcuni aspetti rivelatori della professionalità con cui l’attività di spaccio veniva svolta da parte degli imputati, perciò negando la ricorrenza della più lieve ipotesi
sulla base di elementi cui ha ritenuto di attribuire una rilevanza maggiormente significativa rispetto ad altri ai fini dell’esclusione della minima offensività.
2.2. Del pari inammissibile è la doglianza eccepita con la seconda censura, in quanto proposta con motivo manifestamente infondato, osservato che la
motivazione resa dalla Corte di appello (cfr. p. 4) ben rappresenta e giustifica, in punto di diritto, le ragioni per cui il giudice di secondo grado ha ritenuto di
negare il riconoscimento del beneficio ex art.
62-bis cod. pen. agli imputati,
esprimendo una motivazione priva di vizi logici e coerente con le emergenze processuali, in quanto tale insindacabile in sede di legittimità (Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME e altri, Rv. 242419-01).
All’inammissibilità dei ricorsi segue, per legge, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 20 maggio 2025
Il Consigliere estensore
Il P y ‘ sidente