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Fatto di lieve entità: la valutazione complessiva

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. Si conferma che per escludere il fatto di lieve entità non basta la quantità di droga, ma conta la valutazione complessiva di tutti gli indici, come la diversità delle sostanze e gli strumenti per il confezionamento.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità nello Spaccio: La Valutazione Complessiva della Cassazione

L’inquadramento di un reato di spaccio come fatto di lieve entità può cambiare radicalmente l’esito di un processo penale, comportando una pena significativamente più bassa. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione attenta e globale di tutti gli elementi del caso. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione su quali siano i criteri che guidano questa decisione, chiarendo perché non basta la sola quantità di droga a definire la gravità del reato.

Il Caso: Dalla Condanna al Ricorso in Cassazione

La vicenda giudiziaria inizia con la condanna di un uomo da parte del Tribunale, confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, alla pena di due anni e otto mesi di reclusione e 14.000 euro di multa per reati legati agli stupefacenti. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidando la sua difesa a due motivi principali.

I Motivi del Ricorso: Due Punti Chiave

L’imputato ha basato il suo ricorso su due argomentazioni principali, cercando di smontare l’impianto accusatorio e la logica della condanna.

La Durata della Detenzione

Il primo motivo era una critica generica alla ricostruzione dei fatti. L’imputato sosteneva che non si potesse escludere che avesse detenuto la sostanza stupefacente da meno di 72 ore, un’argomentazione che, se accolta, avrebbe potuto incidere sulla valutazione della sua condotta. Questo motivo è stato però considerato dalla Cassazione come una semplice riproposizione di una tesi già valutata e respinta dai giudici di merito, ritenendola inverosimile e non supportata da prove concrete.

La Questione del Fatto di Lieve Entità

Il secondo e più rilevante motivo di ricorso riguardava il mancato riconoscimento della fattispecie attenuata del fatto di lieve entità. La difesa lamentava una violazione della legge penale e un vizio di motivazione, sostenendo che le circostanze concrete del reato avrebbero dovuto condurre a una qualificazione meno grave del reato.

La Decisione della Corte: Ricorso Inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato entrambi i motivi inammissibili. Il primo perché mera ripetizione di argomenti già vagliati, il secondo perché manifestamente infondato. La decisione si concentra sull’analisi dei criteri per il riconoscimento del fatto di lieve entità, confermando l’orientamento consolidato della giurisprudenza.

Le Motivazioni: Perché il Fatto non è di Lieve Entità

La Corte ha spiegato che la valutazione per riconoscere il fatto di lieve entità deve essere complessiva. Non si può guardare solo a un singolo elemento, come la quantità di droga, ma bisogna considerare tutti gli “indici sintomatici” previsti dalla legge. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente motivato la loro decisione di escludere l’ipotesi lieve basandosi su una serie di elementi concreti:

* Il dato quantitativo e il valore di mercato: La quantità di sostanza sequestrata non era trascurabile.
* La diversità delle sostanze: La detenzione di diverse tipologie di droga è un indice di maggiore pericolosità e inserimento nel mercato dello spaccio.
* La disponibilità di strumenti: La presenza di strumenti per il confezionamento delle dosi (come bilancini di precisione o materiale per l’imballaggio) dimostra una certa organizzazione e una finalità di vendita strutturata.

Questi elementi, considerati nel loro insieme, delineavano un quadro di attività criminale che superava la soglia della “minore portata” richiesta per l’applicazione dell’attenuante.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Ordinanza sul Fatto di Lieve Entità

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità non è un automatismo, ma il risultato di un’analisi globale e ponderata. La Corte di Cassazione ci ricorda che la giustizia penale deve guardare alla sostanza dei fatti. La presenza di più tipi di droga, unita a strumenti che ne rivelano la destinazione alla vendita, costituisce una prova logica forte di un’attività non occasionale o di modesta portata. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questa decisione è un monito: la valutazione della gravità di un reato è un processo complesso, che va oltre la semplice matematica del peso della sostanza sequestrata.

Quando un reato di detenzione di stupefacenti non può essere considerato un ‘fatto di lieve entità’?
Quando la valutazione complessiva degli elementi del caso concreto (come la varietà delle sostanze, la loro quantità, il valore di mercato e la disponibilità di strumenti per il confezionamento) indica un’attività di spaccio con una portata criminale non trascurabile e una certa organizzazione.

Quali elementi considera il giudice per escludere il fatto di lieve entità?
Il giudice non si limita a valutare il dato quantitativo della droga, ma considera tutti gli indici previsti dalla norma, tra cui: la detenzione di sostanze differenti, la disponibilità di strumenti utili al confezionamento, la compresenza di diverse tipologie di droga e il relativo valore di mercato. L’insieme di questi fattori deve indicare una ridotta circolazione di merci e denaro.

È sufficiente riproporre in Cassazione gli stessi motivi già respinti in Appello per ottenere una revisione della condanna?
No. Secondo la Corte, la mera riproposizione di un profilo di censura già adeguatamente vagliato e disatteso dalla Corte di merito, con un percorso argomentativo logico e coerente, rende il ricorso inammissibile. Il ricorso per Cassazione deve evidenziare specifici errori di diritto, non limitarsi a contestare la valutazione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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