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Fatto di lieve entità: la valutazione complessiva

La Corte di Cassazione ha confermato una condanna per spaccio di stupefacenti, rigettando la richiesta di riqualificare il reato come ‘fatto di lieve entità’. La decisione si fonda su una valutazione complessiva che va oltre il mero dato quantitativo della sostanza, considerando le modalità professionali della condotta, come l’uso di telecamere e locali blindati, quali indici di una non minima offensività. L’ordinanza ribadisce che tutti gli elementi previsti dalla norma devono essere vagliati per determinare la reale gravità del reato.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: Non Basta la Poca Droga, Serve una Valutazione Complessiva

La qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità è una questione cruciale che può determinare una significativa riduzione della pena. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce che la sola analisi della quantità di stupefacente sequestrata non è sufficiente. È necessario un esame approfondito di tutti gli aspetti della condotta per stabilire la reale offensività del reato.

I Fatti del Caso

Il caso analizzato riguardava un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti ai sensi dell’art. 73, comma 1, del Testo Unico Stupefacenti. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione lamentando principalmente due aspetti: in primo luogo, la mancata riqualificazione del reato nella fattispecie attenuata del fatto di lieve entità (prevista dal comma 5 dello stesso articolo); in secondo luogo, l’erronea applicazione della recidiva, che era stata ritenuta equivalente alle attenuanti generiche, neutralizzando di fatto la potenziale diminuzione della pena.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando integralmente la decisione della Corte d’Appello. Gli Ermellini hanno ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse solida, logica e coerente con i principi di diritto consolidati, respingendo le censure difensive come tentativi di rimettere in discussione una valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità.

Le Motivazioni: Analisi Approfondita per il Fatto di Lieve Entità

Il fulcro della decisione risiede nelle motivazioni con cui i giudici hanno escluso l’ipotesi del fatto di lieve entità. La Corte ha sottolineato come la valutazione non possa limitarsi al solo dato quantitativo della droga.

Oltre il Dato Ponderale

I giudici di merito avevano correttamente evidenziato una serie di “indici sintomatici” che delineavano un quadro di elevata professionalità e pericolosità sociale, incompatibile con la minima offensività richiesta dalla norma. Tra questi elementi figuravano:

* Modalità di detenzione: La sostanza era conservata con metodi che suggerivano un’attività organizzata.
* Sistemi di controllo: L’imputato disponeva di sistemi di sorveglianza e addirittura di una camera blindata.
* Rete di protezione: La presenza di coinquilini offriva una sorta di scudo protettivo all’attività illecita.

Questi fattori, nel loro insieme, indicavano una capacità di diffusione sul mercato degli stupefacenti ben superiore a quella di un piccolo spacciatore. La Corte ha ribadito il principio, già affermato dalle Sezioni Unite (sentenza Murolo), secondo cui il giudice deve dimostrare di aver vagliato tutti gli aspetti normativamente rilevanti e spiegare le ragioni della prevalenza di alcuni di essi.

La Gestione della Recidiva

Anche la seconda doglianza, relativa alla recidiva, è stata respinta. La Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata avesse adeguatamente motivato il riconoscimento dell’aggravante, evidenziando l’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, pur in presenza di precedenti non specifici. La comparazione tra circostanze di segno opposto (il cosiddetto giudizio di bilanciamento) è un’attività tipicamente discrezionale del giudice di merito che, se supportata da una motivazione congrua come in questo caso, sfugge al sindacato della Cassazione.

Conclusioni

Questa ordinanza offre un’importante lezione pratica: per ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità, non è sufficiente appellarsi a un modesto quantitativo di droga. La difesa deve essere preparata a confrontarsi con una valutazione a 360 gradi della condotta dell’imputato. Elementi come l’organizzazione, l’uso di tecnologie per proteggere l’attività e la professionalità dimostrata possono trasformare un fatto apparentemente minore in un reato a pieno titolo, con conseguenze sanzionatorie ben più gravi. La decisione riafferma che il fine della norma è colpire la reale offensività della condotta, non solo il suo aspetto più evidente.

Per qualificare un reato di spaccio come ‘fatto di lieve entità’, è sufficiente considerare solo la quantità di droga?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione deve essere complessiva e tenere conto di tutti gli indici sintomatici previsti dalla norma, come le modalità dell’azione e la professionalità del reo. Il solo dato quantitativo non è di per sé decisivo.

Quali elementi possono escludere la qualificazione di ‘fatto di lieve entità’ anche in presenza di poca droga?
Elementi che indicano una certa professionalità e organizzazione, come le specifiche modalità di detenzione della sostanza, la disponibilità di sistemi di sorveglianza, l’utilizzo di locali blindati e una rete di protezione, possono escludere la lieve entità del fatto perché dimostrano una capacità di diffusione sul mercato non compatibile con una minima offensività.

Può il giudice considerare equivalenti la recidiva e le attenuanti generiche, annullando di fatto lo sconto di pena?
Sì, il bilanciamento tra circostanze aggravanti (come la recidiva) e attenuanti rientra nella valutazione discrezionale del giudice di merito. Se la decisione è sorretta da una motivazione logica e adeguata, come nel caso in cui si evidenzi un’accresciuta pericolosità sociale dell’imputato, essa non è sindacabile in sede di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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