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Fatto di lieve entità: la valutazione complessiva

La Corte di Cassazione ha rigettato i ricorsi di diversi imputati condannati per traffico di stupefacenti. I ricorrenti chiedevano il riconoscimento del fatto di lieve entità, ma la Corte ha stabilito che la valutazione non può basarsi solo sulla quantità della singola cessione. È necessario un giudizio complessivo che consideri la professionalità, l’organizzazione criminale e il contesto generale del traffico, confermando così le condanne della Corte di Appello.

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Pubblicato il 7 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: La Cassazione Spiega i Criteri di Valutazione

Nel complesso panorama del diritto penale in materia di stupefacenti, la nozione di fatto di lieve entità rappresenta uno snodo cruciale che può determinare una notevole differenza nel trattamento sanzionatorio. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito con forza un principio fondamentale: la valutazione sulla lieve entità del reato non può limitarsi al singolo episodio, ma deve abbracciare l’intero contesto criminale. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da un’articolata indagine che ha smantellato un’organizzazione familiare dedita al traffico di stupefacenti in un noto quartiere di una grande città del Sud Italia. Le attività investigative, basate su intercettazioni e pedinamenti, hanno delineato un capillare sistema di spaccio che coinvolgeva diversi membri della stessa famiglia.

Le imputazioni riguardavano una pluralità di episodi, tra cui la gestione di diverse piazze di spaccio e l’organizzazione di acquisti di ingenti quantitativi di droga, come hashish (in partite da 25 kg e 45 kg) e cocaina. Un episodio significativo concerneva anche un tentativo di introdurre droga all’interno di un istituto penitenziario, ideato da un detenuto e attuato da suoi familiari all’esterno.

Condannati in primo e secondo grado, gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, lamentando diversi vizi della sentenza d’appello.

I Motivi del Ricorso e il Fatto di Lieve Entità

I difensori degli imputati hanno articolato le loro difese su più fronti. Tra le principali censure vi erano:

* Travisamento della prova: Secondo i ricorrenti, i giudici di merito avrebbero interpretato erroneamente il contenuto delle intercettazioni, attribuendo un significato illecito a conversazioni che, a loro dire, non costituivano prova certa delle attività di spaccio (la cosiddetta “droga parlata”).
* Carenza dell’elemento soggettivo: In alcuni casi, si sosteneva la mancanza di consapevolezza di partecipare a un’attività di traffico, adducendo per esempio che la droga fosse destinata a uso personale.
* Qualificazione giuridica: Il punto centrale di molti ricorsi era la richiesta di riqualificare i reati contestati nella fattispecie attenuata del fatto di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Questa richiesta si basava sul fatto che alcuni singoli episodi di cessione riguardavano quantitativi modesti di sostanza.

Inoltre, venivano contestati il diniego delle attenuanti generiche, l’eccessività della pena e il riconoscimento della recidiva per alcuni degli imputati.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi infondati, offrendo motivazioni chiare e in linea con il suo consolidato orientamento.

Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione dei criteri per il riconoscimento del fatto di lieve entità. La Corte ha ribadito che la valutazione non può essere frammentaria e ancorata esclusivamente al dato quantitativo della singola cessione. Al contrario, il giudice deve compiere un’analisi globale e complessiva, considerando tutti gli indici previsti dalla norma: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e la quantità e qualità delle sostanze.

Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che l’inserimento degli imputati in un’articolata e professionale organizzazione criminale a base familiare fosse un elemento ostativo al riconoscimento della lieve entità. L’operatività del gruppo, capace di gestire acquisti di decine di chili di droga e di investire ingenti capitali (fino a 100.000 euro), dimostrava una spiccata capacità criminale e un’offensività della condotta ben superiore alla soglia della lieve entità.

La Corte ha specificato che anche episodi singolarmente di modesta portata, se inseriti in un flusso continuo e organizzato di spaccio, perdono la caratteristica di lieve entità perché contribuiscono a un’attività illecita ben più ampia e pericolosa.

In merito alle altre censure, la Corte ha stabilito che:

* L’interpretazione delle intercettazioni è una questione di fatto riservata al giudice di merito e, se logicamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.
* Le attenuanti generiche sono state legittimamente negate a causa della negativa personalità degli imputati e dell’intensità del dolo, desunta dalla professionalità delle condotte.
* La recidiva è stata correttamente applicata a chi, con i nuovi reati, ha dimostrato una crescente pericolosità sociale, confermando un’inclinazione al delitto.

Le Conclusioni

La sentenza conferma un principio di rigore nella lotta al traffico organizzato di stupefacenti. La Cassazione chiarisce che la qualificazione di un fatto di lieve entità non è un automatismo legato alla quantità, ma il risultato di un giudizio ponderato sull’intera condotta e sul contesto in cui si inserisce. L’appartenenza a un gruppo criminale strutturato, la reiterazione delle condotte e la capacità di movimentare ingenti quantitativi di droga sono tutti elementi che, secondo la Corte, escludono categoricamente la possibilità di beneficiare del più mite trattamento sanzionatorio, anche a fronte di singole cessioni di modesto valore.

Perché la Corte ha escluso il “fatto di lieve entità” nonostante alcuni episodi riguardassero quantità modeste di droga?
Perché la valutazione non può essere frammentaria. Deve essere complessiva e tenere conto del contesto criminale in cui i singoli episodi si inseriscono. L’appartenenza a un’organizzazione professionale e strutturata, capace di gestire ingenti traffici, è un elemento che esclude la lieve entità del fatto.

Quali elementi sono necessari per valutare la sussistenza del “fatto di lieve entità”?
La valutazione deve essere globale e basarsi su tutti gli indici previsti dalla legge, come le concrete capacità di azione del soggetto, le sue relazioni con il mercato, l’entità della droga movimentata in un certo periodo, il numero di assuntori riforniti e le modalità organizzative adottate per eludere i controlli.

Il mancato atteggiamento collaborativo dell’imputato può influire sulla concessione delle attenuanti generiche?
Sì. Sebbene l’imputato abbia il diritto di non collaborare, la Corte ha confermato che un atteggiamento processuale “non collaborativo” può giustificare il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, in quanto tale comportamento viene valutato dal giudice ai fini della valutazione complessiva della personalità del reo, ai sensi dell’art. 133 del codice penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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