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Fatto di lieve entità: la quantità esclude la lieve entità

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per detenzione di un ingente quantitativo di stupefacenti (ecstasy e anfetamine), escludendo l’ipotesi del fatto di lieve entità a causa dell’enorme numero di pastiglie. La difesa dell’imputata, basata sulla presunta ignoranza della natura drogante delle sostanze, è stata respinta in quanto ritenuta non credibile dai giudici.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando la quantità della droga esclude la sua applicazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 8623/2025, torna a pronunciarsi su un tema centrale in materia di stupefacenti: la configurabilità del fatto di lieve entità. Questa pronuncia chiarisce come un quantitativo eccezionalmente elevato di droga possa diventare l’elemento decisivo, tale da assorbire ogni altra valutazione e impedire l’applicazione della più mite fattispecie prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Processo: Detenzione di un Ingente Quantitativo di Stupefacenti

Il caso ha origine dalla condanna di una donna, in primo grado e in appello, per la detenzione di un notevole numero di sostanze stupefacenti: ben 968 pastiglie di ecstasy e 741 pastiglie di anfetamina. La difesa dell’imputata si era basata sulla tesi della mancanza dell’elemento psicologico del reato. La donna sosteneva di aver custodito le sostanze per conto di un’altra persona, nella convinzione che non si trattasse di droghe, fuorviata dalle rassicurazioni ricevute da quest’ultimo.

I giudici di merito, tuttavia, avevano già rigettato questa versione, ritenendola inverosimile. La Corte d’Appello, pur confermando la condanna, aveva modificato il trattamento sanzionatorio. Contro questa decisione, la difesa ha proposto ricorso in Cassazione.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Il ricorso si articolava su tre punti principali:

1. Vizio di motivazione sull’elemento psicologico: La difesa lamentava una valutazione contraddittoria delle dichiarazioni dell’imputata, che a suo dire non aveva mai saputo della natura stupefacente delle pastiglie.
2. Errata esclusione del fatto di lieve entità: Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva erroneamente escluso l’ipotesi del fatto di lieve entità basandosi unicamente sul dato ponderale (la quantità), senza considerare gli altri parametri previsti dalla legge (modalità dell’azione, mezzi, ecc.).
3. Mancata applicazione dell’attenuante speciale: Si contestava infine la mancata concessione dell’attenuante per la collaborazione (art. 73, comma 7), sostenendo che la sentenza non avesse motivato a riguardo.

L’Analisi della Corte sul Fatto di Lieve Entità

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti cruciali su ciascuno dei motivi sollevati.

La Questione dell’Elemento Psicologico

I giudici hanno ritenuto infondato il primo motivo. La versione dei fatti fornita dall’imputata è stata giudicata inverosimile, soprattutto perché lei stessa aveva ammesso di essere a conoscenza dell’attività di spaccio della persona per cui deteneva le pastiglie. Secondo la Corte, se pure poteva esserci stata una rassicurazione iniziale, questa non poteva giustificare la detenzione in una seconda occasione, in cui le era stato palesato che si trattava di “sostanze attive e non innocue”.

L’Esclusione del Fatto di Lieve Entità per Quantità

Sul punto più rilevante, quello relativo al fatto di lieve entità, la Cassazione ha confermato la decisione della Corte d’Appello. Richiamando il principio stabilito dalle Sezioni Unite, i giudici hanno ribadito che la valutazione deve essere globale e deve considerare tutti gli indici previsti dalla norma. Tuttavia, è possibile che uno di questi indici, per la sua eccezionale rilevanza, assuma un “valore assorbente”, tale da neutralizzare gli altri.

Nel caso di specie, il dato ponderale – quasi mezzo chilo di pastiglie, da cui erano ricavabili oltre duecento dosi – è stato ritenuto talmente importante da configurarsi come elemento del tutto assorbente rispetto a ogni altro aspetto della condotta. Di conseguenza, la grande quantità ha reso impossibile qualificare il reato come di lieve entità.

La Mancata Applicazione dell’Attenuante Speciale

Infine, la Corte ha respinto anche il terzo motivo. L’applicazione dell’attenuante della collaborazione non richiede solo l’offerta di informazioni, ma che queste siano veritiere e utili a un risultato investigativo. Avendo i giudici di merito ritenuto il narrato dell’imputata inattendibile e non veritiero, è venuto meno il presupposto fondamentale per la concessione di tale beneficio.

Le Motivazioni della Decisione

La decisione della Cassazione si fonda su un’interpretazione rigorosa dei principi che regolano la materia degli stupefacenti. La Corte sottolinea che, di fronte a una destinazione allo spaccio accertata, il quantitativo complessivo di principio attivo diventa l’elemento centrale. La circostanza che ogni singola pastiglia potesse non avere un effetto psicotropo è irrilevante, poiché rileva la possibilità concreta di cedere a terzi più pastiglie insieme, raggiungendo così dosi efficaci.

Per quanto riguarda il fatto di lieve entità, la sentenza ribadisce l’orientamento consolidato secondo cui, sebbene la valutazione debba essere comprensiva di tutti gli elementi, il dato quantitativo può avere un peso preponderante e decisivo quando raggiunge soglie di particolare allarme sociale, come nel caso esaminato.

Conclusioni

La sentenza in commento offre un’importante lezione pratica: nel reato di detenzione di stupefacenti, la quantità gioca un ruolo da protagonista. Quando il volume delle sostanze è ingente, le possibilità di ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità si riducono drasticamente, poiché questo dato viene considerato un indicatore inequivocabile di un’elevata offensività della condotta, capace di prevalere su ogni altro elemento di valutazione.

La grande quantità di droga detenuta può da sola escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, richiamando una precedente pronuncia delle Sezioni Unite, il dato ponderale (la quantità), se talmente importante, può assumere un valore assorbente rispetto agli altri indici previsti dalla legge (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), configurando da solo un elemento sufficiente a escludere la qualificazione del reato come di lieve entità.

È credibile sostenere di non sapere che si tratti di droga se si custodiscono delle sostanze per conto di uno spacciatore conosciuto?
No. La Corte ha ritenuto tale versione dei fatti inverosimile e inattendibile. La conoscenza pregressa dell’attività di spaccio della persona per cui si detengono le sostanze rende la difesa basata sull’ignoranza della natura delle stesse difficilmente sostenibile.

Per ottenere l’attenuante della collaborazione è sufficiente offrire informazioni alle autorità?
No, non è sufficiente. La Corte ha chiarito che per l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 73, comma 7, d.P.R. 309/1990, le informazioni fornite devono essere veritiere e in grado di consentire il perseguimento di un risultato utile di indagine. Se il narrato dell’imputato viene ritenuto inattendibile, l’attenuante non può essere concessa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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