Fatto di Lieve Entità: La Cassazione Nega la Riqualificazione per Spaccio
La distinzione tra il reato di spaccio di sostanze stupefacenti e il cosiddetto fatto di lieve entità rappresenta un punto cruciale nel diritto penale, con conseguenze significative sulla pena applicabile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 36612 del 2024, offre un’importante chiave di lettura sui criteri che i giudici devono seguire per operare questa distinzione, ribadendo che non basta una semplice richiesta della difesa, ma è necessaria una valutazione complessiva e rigorosa di tutti gli elementi del caso.
Il Contesto del Ricorso in Cassazione
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo, condannato in Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/90. La difesa aveva impugnato la sentenza, lamentando la mancata riqualificazione del reato nella fattispecie più lieve prevista dal comma 5 dello stesso articolo. L’obiettivo del ricorrente era ottenere il riconoscimento che la sua condotta, per le sue specifiche caratteristiche, rientrasse nell’ipotesi del fatto di lieve entità, beneficiando così di un trattamento sanzionatorio notevolmente più mite.
La Valutazione del Fatto di Lieve Entità: Criteri e Parametri
La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha confermato la validità del ragionamento seguito dai giudici di merito. La decisione di non concedere l’attenuante del fatto di lieve entità si basava su una serie di elementi concreti che, nel loro insieme, delineavano un quadro incompatibile con la nozione di minima offensività. I giudici hanno posto l’accento su:
* Il quantitativo della sostanza: Una quantità rilevante di stupefacente sequestrata è un primo, forte indicatore della gravità del fatto.
* Le modalità di detenzione: Le specifiche modalità con cui la sostanza era conservata e occultata possono rivelare un’organizzazione e una premeditazione che eccedono una condotta occasionale o marginale.
* La professionalità dell’attività: La Corte ha evidenziato come gli elementi raccolti indicassero una vera e propria professionalità nell’attività illecita.
* La capacità di diffusione sul mercato: La condotta dell’imputato è stata giudicata idonea a immettere sul mercato una quantità non trascurabile di stupefacenti, dimostrando una notevole capacità operativa.
le motivazioni
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la sentenza impugnata sorretta da un “conferente apparato argomentativo”. I giudici di legittimità hanno spiegato che la Corte d’Appello ha fatto buon governo della norma, attingendo correttamente a tutti i dati probatori disponibili. La valutazione complessiva della condotta dell’imputato ha portato i giudici di merito a negare la ricorrenza della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90. La combinazione degli elementi emersi – in particolare il quantitativo, le modalità di detenzione e l’indicazione di professionalità – è stata considerata del tutto incompatibile con la nozione di “minima offensività” che caratterizza il fatto di lieve entità. Pertanto, secondo la Cassazione, non vi erano i presupposti per accogliere le doglianze della difesa, in quanto la decisione della corte territoriale era logica, coerente e giuridicamente corretta.
le conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: la qualificazione di un fatto di spaccio come di lieve entità non è automatica, ma discende da un’analisi globale e ponderata di tutti gli indici previsti dalla legge. Non è sufficiente che uno solo degli aspetti sia di modesta entità; è la visione d’insieme della condotta a determinare la sua gravità. La decisione sottolinea che elementi indicativi di professionalità e di una significativa capacità di incidere sul mercato degli stupefacenti ostacolano in modo decisivo il riconoscimento della fattispecie più lieve. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questo significa che la valutazione della lieve entità rimane un giudizio di fatto, ancorato a parametri oggettivi, la cui assenza rende impossibile una riqualificazione del reato.
Quando un reato di spaccio può essere considerato un ‘fatto di lieve entità’?
La qualificazione di ‘fatto di lieve entità’ dipende da una valutazione complessiva di tutti gli elementi del caso. Non si applica quando fattori come il rilevante quantitativo di sostanza, le modalità di detenzione e la professionalità dell’attività indicano una capacità di diffusione sul mercato e un’offensività non minima.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta corretta, completa e logicamente argomentata. I giudici di merito avevano già adeguatamente valutato tutti gli elementi, concludendo che non sussistevano i presupposti per la riqualificazione del reato in fatto di lieve entità.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36612 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36612 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/01/2024 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminato il ricorso proposto, a mezzo del difensore, da NOME COGNOME, ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 309/90.
Rilevato che, a motivi di ricorso, la difesa si duole della motivazione espressa dalla Corte di merito in ordine alla mancata riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90.
Ritenuto che la sentenza impugnata è sorretta da conferente apparato argonnentativo sotto ogni profilo dedotto dalla difesa.
Considerato che la Corte di merito ha fatto buon governo della norma che si assume violata: attingendo correttamente a tutti i dati probatori disponibili ed effettuando una valutazione complessiva della condotta dell’imputato, i giudici di merito hanno negato la ricorrenza della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 sulla base di una serie di elementi (rilevante quantitativo della sostanza caduta in sequestro, modalità di detenzione) indicativi della professionalità dell’attività illecita e della rilevante capacità di diffusione mercato degli stupefacenti non compatibile con la nozione della minima offensività.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10 luglio 2024
Il Consigliere estensore
GLYPH