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Fatto di lieve entità: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che chiedeva la riqualificazione del reato di spaccio in un fatto di lieve entità. La Suprema Corte ha confermato la decisione di merito, sottolineando che il rilevante quantitativo di sostanza, le modalità di detenzione e la professionalità dell’attività illecita sono incompatibili con la nozione di minima offensività richiesta per la fattispecie meno grave.

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Pubblicato il 21 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: La Cassazione Nega la Riqualificazione per Spaccio

La distinzione tra il reato di spaccio di sostanze stupefacenti e il cosiddetto fatto di lieve entità rappresenta un punto cruciale nel diritto penale, con conseguenze significative sulla pena applicabile. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 36612 del 2024, offre un’importante chiave di lettura sui criteri che i giudici devono seguire per operare questa distinzione, ribadendo che non basta una semplice richiesta della difesa, ma è necessaria una valutazione complessiva e rigorosa di tutti gli elementi del caso.

Il Contesto del Ricorso in Cassazione

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo, condannato in Corte d’Appello per il reato previsto dall’art. 73, comma 4, del d.P.R. 309/90. La difesa aveva impugnato la sentenza, lamentando la mancata riqualificazione del reato nella fattispecie più lieve prevista dal comma 5 dello stesso articolo. L’obiettivo del ricorrente era ottenere il riconoscimento che la sua condotta, per le sue specifiche caratteristiche, rientrasse nell’ipotesi del fatto di lieve entità, beneficiando così di un trattamento sanzionatorio notevolmente più mite.

La Valutazione del Fatto di Lieve Entità: Criteri e Parametri

La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso, ha confermato la validità del ragionamento seguito dai giudici di merito. La decisione di non concedere l’attenuante del fatto di lieve entità si basava su una serie di elementi concreti che, nel loro insieme, delineavano un quadro incompatibile con la nozione di minima offensività. I giudici hanno posto l’accento su:

* Il quantitativo della sostanza: Una quantità rilevante di stupefacente sequestrata è un primo, forte indicatore della gravità del fatto.
* Le modalità di detenzione: Le specifiche modalità con cui la sostanza era conservata e occultata possono rivelare un’organizzazione e una premeditazione che eccedono una condotta occasionale o marginale.
* La professionalità dell’attività: La Corte ha evidenziato come gli elementi raccolti indicassero una vera e propria professionalità nell’attività illecita.
* La capacità di diffusione sul mercato: La condotta dell’imputato è stata giudicata idonea a immettere sul mercato una quantità non trascurabile di stupefacenti, dimostrando una notevole capacità operativa.

le motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la sentenza impugnata sorretta da un “conferente apparato argomentativo”. I giudici di legittimità hanno spiegato che la Corte d’Appello ha fatto buon governo della norma, attingendo correttamente a tutti i dati probatori disponibili. La valutazione complessiva della condotta dell’imputato ha portato i giudici di merito a negare la ricorrenza della fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90. La combinazione degli elementi emersi – in particolare il quantitativo, le modalità di detenzione e l’indicazione di professionalità – è stata considerata del tutto incompatibile con la nozione di “minima offensività” che caratterizza il fatto di lieve entità. Pertanto, secondo la Cassazione, non vi erano i presupposti per accogliere le doglianze della difesa, in quanto la decisione della corte territoriale era logica, coerente e giuridicamente corretta.

le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza: la qualificazione di un fatto di spaccio come di lieve entità non è automatica, ma discende da un’analisi globale e ponderata di tutti gli indici previsti dalla legge. Non è sufficiente che uno solo degli aspetti sia di modesta entità; è la visione d’insieme della condotta a determinare la sua gravità. La decisione sottolinea che elementi indicativi di professionalità e di una significativa capacità di incidere sul mercato degli stupefacenti ostacolano in modo decisivo il riconoscimento della fattispecie più lieve. Per gli operatori del diritto e per i cittadini, questo significa che la valutazione della lieve entità rimane un giudizio di fatto, ancorato a parametri oggettivi, la cui assenza rende impossibile una riqualificazione del reato.

Quando un reato di spaccio può essere considerato un ‘fatto di lieve entità’?
La qualificazione di ‘fatto di lieve entità’ dipende da una valutazione complessiva di tutti gli elementi del caso. Non si applica quando fattori come il rilevante quantitativo di sostanza, le modalità di detenzione e la professionalità dell’attività indicano una capacità di diffusione sul mercato e un’offensività non minima.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la motivazione della Corte d’Appello è stata ritenuta corretta, completa e logicamente argomentata. I giudici di merito avevano già adeguatamente valutato tutti gli elementi, concludendo che non sussistevano i presupposti per la riqualificazione del reato in fatto di lieve entità.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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