Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19243 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19243 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a REGGIO CALABRIA il 08/04/1998
avverso la sentenza del 23/01/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
Motivi della decisione
NOME ricorre, a mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte di Appello di Reggio Calabria ha confermato la pronuncia del Tribunale locale del 20 ottobre 2020 in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 4, d. P.R., n. n. 309/1990.
Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato accoglimento del motivo con cui chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità ex art. 73 co. 5 DPR. 309/90.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
In data 15/04/2025 è stata depositata memoria a firma dell’Avv. NOME COGNOME nell’interesse del ricorrente, con cui si insiste per l’inammissibilità e conseguente accoglimento del ricorso.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivo non deducibile in questa sede di legittimità. Lo stesso, in particolare, lungi dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limita a reiterare profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello.
2.1. I giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto con ampia motivazione, pienamente corrispondente ai principi più volte affermati sul punto, del perché hanno ritenuto i fatti in contestazione non riconducibili alla previsione incriminatrice di cui all’art. 73 co. 5 Dpr. 309/90 (cfr. pag. 2 della sentenza impugnata), a tal fine evidenziando sia l’elevato numero di dosi rinvenute (quasi pari a 100), sia il rinvenimento sul bilancino di precisione usato dall’imputato di tracce di diverso stupefacente (cocaina), così integrando la condotta censurata un’attività di spaccio di stupefacenti di carattere professionale presumibilmente volta al commercio di differenti tipi di droga.
La sentenza de quo, pertanto, appare pienamente conforme ai dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’es della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti
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dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv.
274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010,
Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 cfr.
anche ex multis,
Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME Rv. 263551, nel giudi- care un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame
per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga ac- quistati e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezio-
namento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del
27/03/2015, COGNOME, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconosci- mento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la ven-
dita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori).
3. Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 13/05/2025
Il C nsigliere est