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Fatto di lieve entità: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, escludendo la configurabilità del fatto di lieve entità a causa della notevole quantità (1,20 kg di marijuana e 20 grammi di hashish) e della diversa tipologia delle sostanze sequestrate. Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato e il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità e stupefacenti: quando quantità e tipologia escludono l’attenuante

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, fornisce un importante chiarimento sui criteri per il riconoscimento del fatto di lieve entità nel reato di detenzione di sostanze stupefacenti. La Suprema Corte ha confermato la condanna di un soggetto, ritenendo che la notevole quantità e la diversa tipologia di droga detenuta fossero ostative alla concessione dell’attenuante prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990. Analizziamo nel dettaglio la vicenda processuale e le motivazioni dei giudici.

I fatti del processo

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello alla pena di due anni e due mesi di reclusione e 6.000 euro di multa per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. Nello specifico, l’imputato era stato trovato in possesso di 1,20 kg di marijuana e 20 grammi di hashish.

Contro la sentenza della Corte d’Appello, l’imputato proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Un vizio di motivazione riguardo al mancato riconoscimento del fatto di lieve entità, sostenendo che il reato dovesse essere inquadrato nell’ipotesi più lieve.
2. La mancata esclusione della recidiva, che a suo dire avrebbe potuto portare a un trattamento sanzionatorio più mite.

L’importanza del fatto di lieve entità nella valutazione del giudice

La Corte di Cassazione ha esaminato entrambi i motivi di ricorso, dichiarandoli entrambi inammissibili per manifesta infondatezza. Per quanto riguarda il primo punto, quello cruciale relativo al fatto di lieve entità, i giudici hanno pienamente condiviso le argomentazioni della Corte territoriale.

La decisione si è basata su una valutazione complessiva degli elementi emersi durante il processo. La Corte ha sottolineato come la detenzione di sostanze stupefacenti di diversa tipologia (cannabinoidi in due diverse forme, marijuana e hashish) e soprattutto il rilevante peso ponderale complessivo fossero elementi decisivi per escludere la lieve entità del fatto.

Questa valutazione è in linea con il consolidato orientamento delle Sezioni Unite della Cassazione (sentenza Murolo), secondo cui per qualificare un fatto come di lieve entità è necessario considerare tutti gli indici previsti dalla norma, quali i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, la qualità e quantità delle sostanze.

La questione della recidiva

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alla recidiva, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha osservato che il ricorrente si era limitato a esprimere un semplice dissenso rispetto alla decisione dei giudici di merito, senza individuare una specifica violazione di legge o un vizio logico nella motivazione della sentenza impugnata. L’argomentazione dell’imputato, secondo cui la non applicazione della recidiva “avrebbe potuto condurre alla disapplicazione”, è stata ritenuta troppo generica e non sufficiente a incrinare la logicità della decisione d’appello.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha ribadito principi consolidati. In primo luogo, la valutazione sulla sussistenza del fatto di lieve entità è un giudizio di merito che, se logicamente e congruamente motivato, non può essere censurato in sede di legittimità. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva correttamente argomentato la sua decisione basandosi su dati oggettivi e incontestabili: la grande quantità e la varietà della droga.

In secondo luogo, la dichiaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, per legge (art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Inoltre, la Corte ha condannato l’imputato a versare una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende, ritenendo che il ricorso fosse stato proposto con colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, data la sua manifesta infondatezza.

Conclusioni

Questa ordinanza conferma che per ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità non è sufficiente una generica richiesta, ma è necessario che le circostanze concrete del reato depongano in tal senso. La detenzione di oltre un chilogrammo di sostanza stupefacente, per di più di tipologie diverse, rappresenta un indicatore oggettivo di una certa gravità che difficilmente può essere compatibile con l’ipotesi attenuata. La decisione ribadisce l’importanza di una motivazione solida e ancorata ai fatti da parte dei giudici di merito e sottolinea come i ricorsi per Cassazione palesemente infondati comportino conseguenze economiche negative per chi li propone.

Quando la detenzione di sostanze stupefacenti non può essere considerata un fatto di lieve entità?
Secondo la Corte, la detenzione non può essere considerata un fatto di lieve entità quando la quantità della sostanza è rilevante (nel caso specifico, 1,20 kg di marijuana e 20 grammi di hashish) e quando le sostanze sono di diversa tipologia, poiché questi elementi indicano una maggiore gravità del reato.

Perché il ricorso per Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. I motivi presentati, sia sul diniego del fatto di lieve entità sia sulla mancata esclusione della recidiva, non hanno individuato specifiche violazioni di legge o vizi logici nella motivazione della sentenza precedente, limitandosi a esprimere un mero dissenso.

Quali sono le conseguenze per chi presenta un ricorso inammissibile?
A seguito della declaratoria di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato, come previsto dall’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di 3.000,00 euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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