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Fatto di lieve entità: la Cassazione sui criteri

Un soggetto agli arresti domiciliari per spaccio di stupefacenti ha presentato ricorso in Cassazione chiedendo la riqualificazione del reato come fatto di lieve entità e la revoca della misura. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che la continuità e la sistematicità dell’attività di spaccio, protratta per anni, costituiscono un elemento di gravità tale da escludere la qualificazione di lieve entità e giustificare il mantenimento della misura cautelare, ritenuta proporzionata.

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Pubblicato il 30 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità e spaccio: quando la continuità del reato esclude l’attenuante

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 20358 del 2025, offre un’importante analisi sui criteri di applicazione del cosiddetto fatto di lieve entità nel contesto dei reati di spaccio di stupefacenti. La Corte ha stabilito che la sistematicità e la durata prolungata dell’attività illecita possono impedire la riqualificazione del reato come lieve, giustificando il mantenimento di misure cautelari significative come gli arresti domiciliari. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti del Caso: Dalla Custodia in Carcere al Ricorso in Cassazione

La vicenda processuale ha origine da un’ordinanza del GIP del Tribunale di Cosenza, che disponeva la custodia cautelare in carcere per un individuo accusato di molteplici episodi di cessione e detenzione di stupefacenti, nonché di tentato omicidio in concorso.

In sede di riesame, il Tribunale della Libertà di Catanzaro accoglieva parzialmente le istanze della difesa. Pur confermando la gravità indiziaria per i reati legati alla droga, annullava l’ordinanza per il tentato omicidio e, di conseguenza, sostituiva la misura del carcere con quella degli arresti domiciliari.

Non soddisfatto, l’indagato proponeva ricorso per Cassazione, lamentando due principali violazioni:
1. La mancata riqualificazione dei reati di spaccio nella fattispecie più lieve prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90 (il cosiddetto fatto di lieve entità).
2. L’illegittimità del mantenimento della misura cautelare domiciliare, ritenuta sproporzionata dopo l’annullamento dell’accusa più grave.

L’Analisi della Cassazione sul Fatto di Lieve Entità

Il cuore della decisione della Suprema Corte riguarda il primo motivo di ricorso. La difesa sosteneva che le condotte di spaccio dovessero essere considerate di lieve entità. Tuttavia, la Cassazione ha ritenuto la motivazione del Tribunale del riesame congrua e priva di vizi logici.

La legge prevede una serie di “indicatori” per valutare la lieve entità del fatto: i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, oppure la qualità e quantità delle sostanze. La giurisprudenza, incluse diverse pronunce delle Sezioni Unite, ha chiarito che la valutazione deve essere complessiva. Tuttavia, se anche uno solo di questi indicatori risulta “negativamente assorbente”, ovvero di gravità tale da escludere la minima offensività, ogni altra considerazione perde di rilevanza.

Nel caso specifico, il Tribunale aveva evidenziato la “costante disponibilità della sostanza stupefacente”, attestata da numerose cessioni avvenute in un lungo arco temporale (tra il 2019 e il 2022). Questa continuità e sistematicità dell’attività illecita è stata considerata un elemento decisivo per negare la qualificazione di fatto di lieve entità.

La Proporzionalità della Misura Cautelare

Anche il secondo motivo di ricorso è stato respinto. La Corte ha osservato che la censura della difesa era generica e non teneva conto di un fatto cruciale: la misura non era stata semplicemente “mantenuta”, ma era stata attenuata da carcere ad arresti domiciliari proprio in virtù dell’annullamento del capo d’imputazione per tentato omicidio.

La decisione di mantenere una misura custodiale si fondava sulla continuità e diuturnità delle condotte di spaccio, elementi che da soli indicavano una concreta pericolosità sociale e un rischio di reiterazione del reato. Inoltre, sebbene l’indagato non fosse stato ritenuto consapevole dell’intento omicida del coindagato, la sua presenza durante l’aggressione confermava l’inserimento in un contesto criminale che giustificava ulteriormente la necessità della misura.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si basano su un principio consolidato: per valutare la gravità di un reato di spaccio, non si deve guardare solo al singolo episodio, ma all’intera condotta del reo. La sistematicità e la professionalità, anche in un’attività di piccolo spaccio, dimostrano una spiccata capacità a delinquere e una persistenza nel tempo che sono incompatibili con la nozione di “minima offensività” richiesta per il fatto di lieve entità. L’attività protratta per anni è stata considerata un indice di gravità talmente significativo da assorbire ogni altra valutazione e da giustificare una misura cautelare restrittiva come gli arresti domiciliari, ritenuta proporzionata alla luce delle accuse residue.

Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un importante insegnamento per operatori del diritto e cittadini: la qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità non dipende solo dalla quantità di droga ceduta in una singola occasione. La continuità, la frequenza e l’organizzazione dell’attività illecita sono fattori determinanti che il giudice deve considerare. Una condotta criminale protratta nel tempo, anche se composta da singoli episodi di modesta entità, configura un quadro di pericolosità sociale che impedisce l’applicazione di un trattamento sanzionatorio più mite e giustifica l’adozione di misure cautelari idonee a prevenire la reiterazione del reato.

La vendita continuata di droga può essere considerata un fatto di lieve entità?
No. Secondo la sentenza, la costante disponibilità di stupefacenti e la natura prolungata e sistematica dell’attività di spaccio sono elementi che dimostrano una significativa gravità, precludendo la classificazione del reato come fatto di lieve entità.

Perché è stata mantenuta la misura degli arresti domiciliari anche dopo l’annullamento dell’accusa di tentato omicidio?
La Corte ha ritenuto la misura degli arresti domiciliari proporzionata e adeguata per i restanti reati di spaccio. La decisione si è basata sulla continuità e sulla lunga durata della condotta criminale, che indicavano un concreto rischio di reiterazione del reato. La misura, inoltre, rappresentava già un’attenuazione rispetto alla custodia in carcere inizialmente disposta.

Quali sono i criteri per definire un reato di spaccio come “fatto di lieve entità”?
La valutazione deve essere complessiva e basata sugli indicatori previsti dalla legge: mezzi, modalità o circostanze dell’azione, e qualità e quantità delle sostanze. Se anche un solo indicatore risulta di particolare gravità (come, in questo caso, la continuità dell’azione), può essere sufficiente a escludere la qualificazione di lieve entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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