Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20358 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20358 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato in Marocco il 2/06/1978 avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Catanzaro del 07/08/2024 udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni rassegnate, ex art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 e succ. mod., dal Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 agosto 2024 il Tribunale del riesame di Catanzaro, pronunciato sull’assistenza di riesame proposta nell’interesse di NOME COGNOME cui il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza, con ordinanza del 10 luglio 2024, aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione alle diverse ipotesi di cessione ( capi nn. 58, 88, 167, 279, 288, 293 e 33) e di detenzione (capo n. 382), nonché di tentato omicidio in concorso (capo n. 120), in parziale accoglimento delle istanze difensive, ha annullato l’ordinanza impugnata quanto al capo 120, e sostituito la misura originariamente applicata
con quella degli arresti domiciliari -assistiti dai divieti di cui in dispositivoeseguirsi presso domicilio presso domicilio da indicarsi al momento del rilascio.
NOME ha proposto, a mezzo del difensore di fiducia, tempestivo ricorso affidato a due motivi.
2.1. Lamenta, ex articolo 606, comma 1, lett. b) ed e) cod.proc.pen., violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 273, 275, commi 1 e 2 -bis, cod.proc.pen., e 73, comma 5, dPR 309/90.
Illogica ed illegittima sarebbe stata la mancata derubricazione ai sensi dell’articolo 73, comma 5, dPR 309/90, predicabile risultando l’esistenza di tutti gli indici sintomatici che la caratterizzano, con doverosa valutazione, ex art. 275, comma 2-bis, cod.proc.pen., circa l’inapplicabilità della misura cautelare domiciliare, attesa la pena edittale e la presumibile concessione in sede di cognizione, del beneficio di cui all’art. 163 cod. pen..
2.2. Lamenta, col secondo motivo, l’illegittimità e la manifesta illogicità, per contrasto con le risultanze in atti e con l’insegnamento di questa Corte di legittimità, della conferma della restrizione domiciliare il luogo delle invocate misure coercitive non detentive, in ragione della in operatività del disposto di cui all’articolo 275, comma 2-bis, cod.proc.pen., dei principi di proporzionalità ed adeguatezza che informano la materia del riconoscimento dell’efficacia dissuasiva delle invocate misure gradate, anche in considerazione dell’assenza di precedenti giudiziari e/o di polizia controindicanti e dell’evidente sperequazione della decisione in relazione al ridimensionamento della piattaforma cautelare a carico.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorrente censura la mancata riqualificazione delle condotte di cessione di sostanze stupefacenti contestate nei capi nn. 58, 88, 167, 279, 288, 293, 333 e 382 dell’ordinanza di prime cure ai sensi dell’articolo 73, comma 5, dPR 309/90.
Il comma 5 dell’articolo 73 dPR 309/90 può essere riconosciuto in ipotesi di «minima offensività» della condotta.
La norma prevede una serie di «indicatori» da cui desumere la «lieve entità»: i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione, ovvero (si tratta di una disgiuntiva corrispondente al termine latino ve!) la qualità e quantità delle sostanze.
Le Sezioni Unite della Corte sono reiteratamente intervenute sul punto, affermando in primo luogo (Sez. U. n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 24791101) che la fattispecie in esame è configurabile «solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli
altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio».
Tale principio è stato poi ribadito, dopo l’autonomizzazione della fattispecie, dalle sezioni semplici, affermandosi (Sez. 3, n. 23945 del 29/04/2015, COGNOME, Rv 263651-01) che «la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’articolo 73, comma 5, dPR 309 del 90, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014), può essere riconosciuta solo nell’ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio».
La più recente pronuncia resa dalla Corte nella sua massima composizione (Sez U. , n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076) ha confermato che la diversità di sostanze stupefacenti oggetto della condotta non è di per sé ostativa alla configurabilità del reato di cui all’articolo 73, comma 5, dPR 309/90, in quanto l’accertamento della lieve entità del fatto implica una valutazione complessiva degli elementi della fattispecie concreta, selezionati in relazione a tutti gli indic sintomatici previsti dalla disposizione.
La motivazione resa, al proposito, dal Tribunale è congrua e non manifestamente illogica allorquando evidenzia, per negare la richiesta qualificazione, la costante disponibilità della sostanza stupefacente attestata da plurime cessioni operate tra il 2019 e il 2022, come risultante dal contenuto delle conversazioni intercettate dalle dichiarazioni degli acquirenti.
La censura relativa all’asseritamente illegittimo mantenimento della misura custodiale parte dal presupposto che sia stata mantenuta la misura disposta prima dell’annullamento del capo relativo al tentato omicidio, ma non coglie nel segno perché, in ragione di tanto, la custodia, in prima battuta intramuraria, è stata attenuata con la forma domiciliare.
E’ poi generica, allorquando discetta dei principi che regolano la materia cautelare, e non si confronta con la decisione adottata che, a fondamento del mantenimento di una misura custodiale, adduce continuità e di diuturnità delle condotte e trae ulteriore conferma dalla vicenda del tentato omicidio di NOME COGNOME posto che, sebbene ritenuto non consapevole dell’intenzione omicidiaria del coindagato COGNOME il COGNOME presenziava alla reciproca aggressione che si
atteggiava come un regolamento di conti, così dimostrando una intraneità a dinamiche criminali che non tranquillizza circa lo spontaneo adeguamento a limiti
e prescrizioni che alle altre eventuali misure ineriscono.
5. Ne deriva la inammissibilità del ricorso.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali e la corresponsione di una somma di denaro in
favore della Cassa delle ammende, pari a euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3,000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, 11 dicembre 2024
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Il Presidente