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Fatto di lieve entità: la Cassazione e la quantità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. La Corte ha ribadito che una quantità ingente di stupefacente (1,5 Kg) è un elemento di per sé sufficiente a escludere la configurabilità del cosiddetto ‘fatto di lieve entità’, previsto dalla legge sulle droghe, rendendo irrilevanti gli altri parametri di valutazione.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità: la Quantità della Droga può Escluderlo?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, fornisce un’importante chiarificazione sui criteri per il riconoscimento del fatto di lieve entità nei reati di spaccio di stupefacenti. La Suprema Corte ha confermato un principio consolidato: quando la quantità di droga è notevole, questo singolo elemento può essere sufficiente a escludere l’applicazione della più mite fattispecie prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/1990, indipendentemente dagli altri indicatori.

La Vicenda Processuale

Il caso trae origine dalla condanna di un imputato da parte del Tribunale di Messina a 4 anni di reclusione e 30.000 euro di multa. La Corte d’Appello, in parziale riforma, aveva ridotto la pena a 3 anni e 15.000 euro di multa. L’imputato ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: il mancato riconoscimento del fatto di lieve entità e la mancata esclusione della recidiva con il connesso diniego delle attenuanti generiche.

L’Analisi della Cassazione sul Fatto di Lieve Entità

Il cuore della decisione riguarda il primo motivo di ricorso. L’imputato sosteneva che la sua condotta dovesse essere inquadrata nella fattispecie autonoma e meno grave del fatto di lieve entità. La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto il motivo manifestamente infondato, richiamando la giurisprudenza costante delle Sezioni Unite.

La legge elenca una serie di ‘indicatori’ per valutare la lieve entità: i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione, la qualità e la quantità delle sostanze. La Corte ha sottolineato che questi indicatori devono essere valutati complessivamente. Tuttavia, ha anche ribadito un principio cruciale: se uno di questi indici risulta ‘negativamente assorbente’, ovvero di una gravità tale da indicare una significativa offensività della condotta, ogni altra considerazione diventa irrilevante.

Nel caso specifico, la quantità di sostanza sequestrata – 1,5 Kg, corrispondenti a oltre 5.000 dosi singole – è stata ritenuta dalla Corte un dato quantitativo assolutamente incompatibile con la nozione di lieve entità. Questo elemento, da solo, è stato considerato decisivo e sufficiente a escludere l’applicazione della norma di favore.

La Recidiva e le Attenuanti Generiche

Anche il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile, questa volta per difetto di specificità. La Cassazione ha osservato come l’imputato si sia limitato a riproporre le stesse argomentazioni dell’appello, senza confrontarsi criticamente con le motivazioni della sentenza impugnata.

La Corte d’Appello aveva infatti giustificato l’applicazione della recidiva e il diniego delle attenuanti generiche sulla base di precisi elementi: i numerosi precedenti specifici dell’imputato e la circostanza che il reato fosse stato commesso poco dopo la fine di un periodo di sorveglianza speciale. Questi fattori negativi, secondo i giudici di merito, impedivano il riconoscimento di qualsiasi circostanza a favore.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte Suprema si fondano su due pilastri procedurali e sostanziali. Sul piano sostanziale, la Corte ha rafforzato l’orientamento secondo cui la valutazione del fatto di lieve entità non è una mera somma algebrica di elementi positivi e negativi. La presenza di un fattore di eccezionale gravità, come l’ingente quantitativo, ‘assorbe’ e neutralizza gli altri, rendendo la condotta intrinsecamente grave. Questa interpretazione mira a preservare la finalità della norma, destinata a punire in modo più mite solo le condotte di minima offensività penale. Sul piano processuale, la decisione evidenzia l’onere dell’imputato di formulare un ricorso specifico, che non si limiti a una sterile ripetizione dei motivi d’appello, ma che si confronti analiticamente con la logica argomentativa della sentenza che intende contestare. La mancanza di tale confronto critico porta inevitabilmente all’inammissibilità del ricorso.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un monito chiaro: nei reati legati agli stupefacenti, il dato quantitativo mantiene un ruolo centrale e, in alcuni casi, decisivo. Anche in presenza di modalità di spaccio non particolarmente elaborate, una quantità ingente di sostanza è un ostacolo insormontabile per ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità. Inoltre, la decisione ribadisce l’importanza della tecnica di redazione dei ricorsi per cassazione, che devono essere mirati e critici verso la sentenza impugnata, pena la loro inammissibilità. La condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende sigilla l’esito negativo del suo tentativo di impugnazione.

Quando un reato di spaccio di stupefacenti può essere considerato un ‘fatto di lieve entità’?
Un reato di spaccio è considerato di lieve entità quando tutti gli indicatori previsti dalla legge (mezzi, modalità, circostanze dell’azione, qualità e quantità delle sostanze) concorrono a dimostrare una minima offensività penale della condotta.

La grande quantità di sostanza stupefacente può da sola escludere la lieve entità del fatto?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, se uno degli indici previsti dalla legge, come la quantità della sostanza, risulta ‘negativamente assorbente’, ovvero di gravità tale da essere incompatibile con una minima offensività, questo è sufficiente a escludere la fattispecie del fatto di lieve entità, anche se altri elementi potrebbero deporre in senso favorevole.

Perché il secondo motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il secondo motivo, relativo alla recidiva e alle attenuanti generiche, è stato dichiarato inammissibile per difetto di specificità. L’imputato si è limitato a riproporre i motivi già presentati in appello, senza confrontarsi in modo critico con le argomentazioni contenute nella sentenza impugnata, che aveva giustificato la sua decisione sulla base dei numerosi precedenti e della recente sottoposizione a sorveglianza speciale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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