Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8193 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8193 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/12/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/07/2023 della CORTE APPELLO di MESSENA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
Con sentenza del 03/07/2023 la Corte d’appello di Messina, in parziale riforma 4r tRa sentenza emessa il 09/03/2023 dal Tribunale di Messina, con cui l’imputato era stato condannato alla pena di anni 4 di reclusione ed euro 30.000,00 di multa, rideterminava la pena inflitta in anni 3 di reclusione ed euro 15.000 di multa.
Avverso tale sentenza l’imputato ha presentato ricorso per cassazione.
2.1. Con il primo motivo lamenta il mancato riconoscimento della fattispecie attenuata di cui al com3 05 dell’articolo 73 d.P.R. 309/1990.
ft-00 2.1. Con il 42àdiftet motivo lamenta la mancata esclusione della recidiva e il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Il ricorrente censura la motivazione dei giudici del merito ritenendo che il fatto avrebbe dovuto essere ricondotto alla autonoma fattispecie di reato di cui al comma 5 dell’articolo 73 del d.P.R. 309/1990.
La norma invocata dal ricorrente prevede una serie di «indicatori» da cui desumere la «lieve entità»: i mezzi, la modalità o le circostanze dell’azione ovvero (si tratta di una disgiuntiva corrispondente al termine latino «ve/») la qualità e quantità delle sostanze.
Le Sezioni Unite della Corte sono reiteratamente intervenute sul punto, affermando in primo luogo (Sez. U, Sentenza n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911-01) che la fattispecie in esame è configurabile «solo in ipotesi di minima offensività penale della condotta, deducibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati dalla disposizione (mezzi, modalità, circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio».
Tale principio è stato poi ribadito, dopo l’autonomizzazione della fattispecie, dalle Sezioni semplici, affermandosi (Sez. 3, Sentenza n. 23945 del 29/04/2015, Xhihani, Rv. 263651-01) che «la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990, anche all’esito della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014), può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati
espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con la conseguenza che, ove uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione resta priva di incidenza sul giudizio».
Nel caso di specie, la Corte territoriale ha valorizzato, per la sua valenza escludente, il dato quantitativo, ritenendo che la sostanza sequestrata (1,5 Kg., per complessive 5.117 dosi singole) fosse incompatibile con la lieve entità del fatto, con ciò facendo buon governo della giurisprudenza dianzi riportata.
Il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità, limitandosi a riproporre pedissequamente i motivi di appello senza confrontarsi in modo critico con la sentenza impugnata (circostanza che determina l’inammissibilità del ricorso, v. Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, non massimata), la quale, a pag. 2, evidenzia come la recidiva sia stata correttamente applicata in ragione dei numerosi precedenti in materia di stupefacenti, l’ultimo dei quali per fatti del 2018, con IDena eseguita nel 2020, e che le attenuanti generiche non potevano essere applicate, ostandovi il fatto di avere commesso il presente reato poco tempo dopo la cessazione della sorveglianza speciale di P.S., difettando elementi positivi per il loro riconoscimento.
Alla declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 15 dicembre 2023.