Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35674 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35674 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a BITONTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/10/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe deducendo vizio motivazionale e violazione di legge con un primo motivo in relazione al mancato accoglimento del motivo con cui chiedeva il riconoscimento del fatto di lieve entità ex art. 73 co. 5 DPR. 309/90 e con un secondo motivo in relazione alla ritenuta recidiva. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
I motivi sopra richiamati sono manifestamente infondati, in quanto assolutamente privi di specificità in tutte le loro articolazioni, ripropositivi di ques già vaglite dai giudici del merito e del tutto assertivi. Ne deriva che il propos ricorso va dichiarato inammissibile.
Il ricorrente in concreto non si confronta adeguatamente con la motivazione della Corte di appello, che appare logica e congrua, nonché corretta in punto di diritto -e pertanto immune da vizi di legittimità.
2.1. Quanto al primo motivo, i giudici del gravame del merito, hanno dato infatti conto con ampia motivazione, pienamente corrispondente ai principi più volte affermati sul punto, del perché hanno ritenuto i fatti in contestazione non riconducibili alla previsione incriminatrice di cui all’art. 73 co. 5 Dpr. 309/90.
Come si ricorda in sentenza nell’atto d’impugnazione nel merito la Difesa invoca la derubricazione del fatto nell’ipotesi di lieve entità allegando – senza meglio argomentare – la “rudimentalità dell’attività di spaccio”, “il quantitativo droga.. .non particolarmente significativo”, roccasionala della condotta”.
Ebbene, quanto al dato ponderate, la Corte territoriale ha rimarcato il numero esorbitante delle dosi medie droganti (1.233 di hashish, 568 di marijuana, 95 di cocaina) nonché- secondo quanto risultante dal confezionamento fatto in funzione dello spaccio dallo stesso COGNOME – quello ragguardevole delle “dosi da strada” (60 di hashish, 73 di marijuana, 49 di cocaina). Ad avviso della Corte, questa eterogenea provvista di droga avrebbe consentito all’imputato di dar luogo ad un’attività di spaccio protratta nel tempo nonché di soddisfare le richieste di un gran numero di tossicofili.
In sentenza si ricorda che nella memoria finale la Difesa ha invocato il principio interpretativo cha valorizza i limiti ponderali individuabili statisticamente ne giurisprudenza maggioritaria (Sez. 6, n. 45061/2022) che la Corte territoriale, con motivazione non censurabile, ha ritenuto di non condivide sul corretto rilievo che si tratta di un non consolidato, ed anzi isolato, orientamento perché la qualificazione del fatto ai sensi dell’art. 73, comma 5 non può effettuarsi in base al solo dato quantitativo, risultante dalla ricognizione statistica su un campione di sen-
tenze che hanno riconosciuto la minore gravità del fatto, posto che, per l’accertamento della stessa, è necessario fare riferimento all’apprezzamento complessivo degli indici richiamati dalla norma (ex plurimis la richiamata Sez. 3, n. 12551/2023).
In ordine agli altri due elementi di valutazione evocati dalla Difesa, la Corte territoriale ha altrettanto motivatamente ritenuto di condividere il giudizio del Tr bunale che ha escluso la connotazione di rudimentale occasionalità della condotta in ragione, oltre che della eterogeneità e della quantità della droga, delle complessive circostanze dell’azione. Ed invero, il COGNOME fu trovato in possesso della non trascurabile somma di 350 curo in banconote di vario taglio, di un foglio manoscritto con annotazioni di cifre e sigle, di un celefono cellulare e, soprattutto, una radio ricetrasmittente. L’impiego di quest’ultimo strumento per i giudici di appello è logicamente coerente con le non contestate risultanze dell’attività di osservazione compiuta dai carabinieri – in occasione dell’arresto e nei giorni precedenti – presso lo stabile nel seminterrato del quale fu sorpreso il COGNOME: l’immobil ed il suo porticato ospitavano una diuturna attività di spaccio alla quale erano addetti più soggetti alcuni dei quali, in funzione di vedetta, selezionavano gli ac quirenti, li indirizzavano alio scambio e, all’occorrenza, segnalavano la presenza delle forze dell’ordine. Alla luce di tali emergenze, sembra difficilmente contestabile che l’imputato, utilizzando finanche una ricetrasmittente, fosse inserito in quel contesto di ‘piazza dello spaccio’ e, dunque, autore di un’attività di smercio degli stupefacenti tutt’altro che rudimentale ed occasionale.
La sentenza de quo, pertanto, appare pienamente conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fat di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’esito d formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv. in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una vaiutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, Murolo, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, COGNOME, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la
protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquista e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, COGNOME, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori).
2.2. La Corte territoriale ha motivatamente disatteso la richiesta di disapplicazione della recidiva, sul rilievo che il reato per il quale si procede è connotato da maggiore colpevolezza ed appare sintomatico di proclività agli illeciti in materia di stupefacenti perché l’imputato è gravato da un precedente specifico nonché da un precedente giudiziario, giusta quanto risultante dalla nota dei Carabinieri di Bari Santo Spirito del 21.9.2022 che ivi riferiscono della sopravvenuta sottoposizione del COGNOME ad altra misura custodiale emessa dal G.I.P. di Trani il 15.9.2022. Si rileva, inoltre, in sentenza che l’odierno ricorrente non esercita alcuna attività l vorativa ed è privo di mezzi e risorse (con l’eccezione del reddito di cittadinanza), sicché è ragionevole presumere che viva prevalentemente dei proventi dell’attività di spaccio.
I giudici del gravame del merito hanno, dunque, operato una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo, di talché la sentenza impugnata non presenta i denunciati profili di censura.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 17/09/2024