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Fatto di lieve entità: la Cassazione e la droga

La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per spaccio. Esclusa l’ipotesi del fatto di lieve entità a causa dell’ingente quantitativo e varietà di droghe, dell’organizzazione dello spaccio e dell’uso di una ricetrasmittente, elementi che indicano un’attività non occasionale ma strutturata.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando lo spaccio è un’attività strutturata?

La qualificazione di un reato di spaccio come fatto di lieve entità rappresenta una linea di difesa cruciale, capace di ridurre significativamente le conseguenze penali. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e dipende da una valutazione complessiva che va ben oltre il mero dato quantitativo della droga sequestrata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce questo principio, chiarendo quali elementi possono trasformare uno spaccio, anche se non di quantitativi enormi, in un’attività criminale strutturata e non occasionale, escludendo così l’ipotesi più lieve.

I fatti del caso

Il caso analizzato riguarda un uomo condannato per detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione chiedendo di riconoscere l’ipotesi del fatto di lieve entità (prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90) e di non applicare la recidiva.

Le prove raccolte erano significative: l’imputato era stato trovato in possesso di un numero considerevole di dosi medie (1.233 di hashish, 568 di marijuana, 95 di cocaina), già confezionate in dosi ‘da strada’ pronte per la vendita (60 di hashish, 73 di marijuana e 49 di cocaina). Oltre alla droga, gli erano stati sequestrati 350 euro in banconote di piccolo taglio, un foglio con cifre e sigle, un cellulare e, soprattutto, una radio ricetrasmittente.

Le indagini avevano inoltre collocato l’imputato all’interno di una vera e propria ‘piazza di spaccio’, un’area dove l’attività era continua e organizzata, con la presenza di altri soggetti che fungevano da vedette per segnalare l’arrivo delle forze dell’ordine.

La valutazione del fatto di lieve entità

I giudici di merito, sia in primo grado che in appello, avevano respinto la richiesta della difesa. La Corte di Cassazione, nel dichiarare il ricorso inammissibile, ha confermato la correttezza di questa decisione.

La Corte ha sottolineato come la valutazione per il riconoscimento del fatto di lieve entità debba essere globale. Non ci si può basare solo sul dato quantitativo, ma è necessario considerare tutti gli ‘indici’ previsti dalla norma: i mezzi, le modalità e le circostanze dell’azione. Nel caso specifico, sono emersi elementi che indicavano un’attività tutt’altro che rudimentale od occasionale.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto le motivazioni della Corte d’Appello logiche e giuridicamente corrette. Gli elementi chiave che hanno portato ad escludere il fatto di lieve entità sono stati:

1. Quantità ed eterogeneità delle sostanze: La disponibilità di tre diversi tipi di droga in quantità tali da poter soddisfare un gran numero di tossicodipendenti per un periodo di tempo prolungato è stata considerata un primo, importante indicatore di gravità.
2. Organizzazione dell’attività: Il possesso di una radio ricetrasmittente è stato giudicato un elemento decisivo. Questo strumento, logicamente collegato alla presenza di vedette e a un’organizzazione strutturata, dimostra un livello di professionalità e una capacità organizzativa incompatibili con l’occasionalità.
3. Contesto operativo: L’inserimento dell’imputato in una ‘piazza dello spaccio’ attiva e organizzata ha ulteriormente rafforzato la tesi di un’attività di smercio sistematica e non di un episodio isolato.
4. Situazione personale: La Corte ha anche considerato la situazione dell’imputato, privo di un’attività lavorativa lecita e con precedenti specifici, elementi che suggeriscono come lo spaccio fosse la sua principale fonte di sostentamento, indicando una maggiore capacità a delinquere.

La Corte ha inoltre specificato che, sebbene alcuni orientamenti giurisprudenziali valorizzino i limiti ponderali statistici, tale approccio non è consolidato e non può sostituire la valutazione complessiva del caso concreto, come stabilito dalle Sezioni Unite della Cassazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: per ottenere il riconoscimento del fatto di lieve entità, non basta che la quantità di droga sia contenuta. È l’intera condotta a dover essere analizzata. La presenza di strumenti professionali (come una ricetrasmittente), l’organizzazione dell’attività, la varietà delle sostanze e il contesto operativo sono tutti elementi che, letti insieme, possono delineare un quadro di gravità tale da escludere il beneficio. Per la difesa, diventa quindi essenziale non solo contestare il dato quantitativo, ma dimostrare l’assenza di quegli indici di professionalità e organizzazione che la giurisprudenza considera decisivi per negare la minore gravità del fatto.

Quando lo spaccio di droga non può essere considerato un fatto di lieve entità?
Lo spaccio di droga non può essere considerato un fatto di lieve entità quando la valutazione complessiva della condotta rivela una significativa offensività. Questo accade non solo in presenza di grandi quantità di stupefacenti, ma anche quando le modalità dell’azione, i mezzi utilizzati (come radio ricetrasmittenti) e le circostanze generali (come l’operare in una ‘piazza di spaccio’ organizzata) indicano un’attività non occasionale ma protratta nel tempo e ben strutturata.

Quali elementi, oltre alla quantità di droga, sono decisivi per escludere il fatto di lieve entità?
Oltre alla quantità, sono decisivi: l’eterogeneità delle sostanze (che indica la capacità di servire un mercato più ampio), il possesso di strumenti per l’attività (denaro in piccoli tagli, fogli con contabilità, telefoni e ricetrasmittenti), le modalità organizzate dello spaccio (come l’uso di vedette) e le circostanze dell’azione che dimostrano un’attività non rudimentale ma professionale e continuativa.

Perché il ricorso in Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati sono stati ritenuti manifestamente infondati, generici e ripropositivi di questioni già correttamente valutate e decise dai giudici di merito. La Corte ha ritenuto che l’imputato non si fosse confrontato adeguatamente con la motivazione logica, congrua e legalmente corretta della Corte d’Appello, che aveva già ampiamente spiegato perché i fatti non potessero essere ricondotti all’ipotesi di lieve entità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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