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Fatto di lieve entità: la Cassazione decide sul ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso riguardante l’applicazione della clausola del fatto di lieve entità a reati legati agli stupefacenti. L’imputato, condannato per cessione e acquisto di eroina a fini di spaccio, contestava la mancata applicazione dell’attenuante a tutte le condotte, pur essendo state unificate dal vincolo della continuazione. La Corte ha stabilito che la continuazione non impone una qualificazione giuridica uniforme e che la professionalità dell’attività di acquisto, dimostrata da frequenza e quantitativi, giustifica l’esclusione del fatto di lieve entità per quella specifica condotta.

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Pubblicato il 30 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando la professionalità esclude l’attenuante

La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, ha offerto un’importante precisazione sulla configurabilità del fatto di lieve entità nel contesto dei reati legati agli stupefacenti, specialmente quando più condotte sono legate dal vincolo della continuazione. La Suprema Corte ha stabilito che la professionalità e la sistematicità di una parte dell’attività illecita possono giustificare l’esclusione di tale attenuante, anche se altre condotte contestuali sono state ritenute di minore gravità.

I fatti del processo

Il caso trae origine da un ricorso presentato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. L’imputato era stato condannato per due distinte tipologie di reato: plurimi episodi di cessione di eroina (capo A) e plurime condotte di acquisto della medesima sostanza, destinata alla vendita a terzi (capo B). I giudici di merito avevano riconosciuto l’ipotesi del fatto di lieve entità, prevista dall’art. 73, comma 5, del d.P.R. 309/90, solamente per gli episodi di cessione (capo A), escludendola invece per l’attività di acquisto (capo B), nonostante avessero riconosciuto il vincolo della continuazione tra tutte le condotte.

La difesa dell’imputato ha basato il proprio ricorso per Cassazione su una presunta contraddittorietà della motivazione, sostenendo che, una volta accertata la continuazione, tutti gli episodi avrebbero dovuto essere ricondotti alla fattispecie meno grave.

La questione giuridica e il fatto di lieve entità

Il punto centrale della controversia riguardava la possibilità di differenziare la qualificazione giuridica di reati unificati dal vincolo della continuazione. Può un giudice considerare “di lieve entità” la vendita al dettaglio e, allo stesso tempo, ritenere “grave” l’attività di approvvigionamento della droga, pur facendo parte dello stesso disegno criminoso? Per la difesa, questa distinzione appariva illogica e contraddittoria.

La norma sul fatto di lieve entità è pensata per mitigare il trattamento sanzionatorio per quelle condotte che, pur integrando un reato, presentano una minima offensività, valutata sulla base di indici quali i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e la quantità di stupefacente.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendo la decisione della Corte d’Appello immune da vizi logici e giuridici. Gli Ermellini hanno fornito una motivazione chiara e strutturata, basata sui seguenti principi:

1. Autonomia delle qualificazioni giuridiche: Il riconoscimento del vincolo della continuazione opera ai fini della determinazione della pena, ma non impone una qualificazione giuridica unitaria per tutti i reati. Ogni singolo episodio deve essere valutato autonomamente per stabilire se integri o meno la fattispecie di lieve entità.

2. Valutazione complessiva della condotta: Per escludere il fatto di lieve entità riguardo al capo B (acquisto per la rivendita), i giudici di merito hanno correttamente considerato una serie di elementi indicativi di una spiccata professionalità e di una rilevante capacità di diffusione sul mercato. Tali elementi includevano il lungo arco temporale dell’attività, l’intensa frequenza degli episodi di acquisto e i quantitativi di sostanza commerciati.

3. Incompatibilità con la minima offensività: La professionalità e la sistematicità dell’attività di approvvigionamento sono state ritenute incompatibili con la nozione di “minima offensività” che costituisce il presupposto per l’applicazione dell’art. 73, comma 5.

4. Limiti del giudizio di legittimità: La Corte ha ribadito che le censure della difesa relative all’interpretazione delle prove (come le dichiarazioni dei testimoni) esulano dal perimetro del giudizio di Cassazione, che non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, logicamente motivata, dei giudici di merito.

Conclusioni

La decisione in esame consolida un principio fondamentale: nel valutare la sussistenza del fatto di lieve entità, il giudice deve condurre un’analisi specifica per ogni singola condotta, anche se inserita in un disegno criminoso unitario. La presenza di indici di professionalità, come l’organizzazione stabile dell’attività di acquisto e la gestione di quantitativi significativi, può legittimamente portare a un trattamento sanzionatorio differenziato. Questa ordinanza rappresenta un’utile guida per distinguere lo spaccio occasionale e di modesta entità da attività più strutturate che, pur non raggiungendo i livelli del grande traffico, dimostrano una pericolosità sociale tale da non meritare il più mite trattamento previsto per i fatti di lieve entità.

Il riconoscimento del ‘vincolo della continuazione’ tra più reati di spaccio obbliga il giudice a qualificarli tutti come ‘fatto di lieve entità’?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il vincolo della continuazione non incide sulla qualificazione giuridica dei singoli fatti. Pertanto, il giudice può legittimamente ritenere che alcuni episodi rientrino nella fattispecie di lieve entità e altri no, sulla base delle loro specifiche caratteristiche.

Quali elementi possono escludere la qualificazione di un reato di spaccio come ‘fatto di lieve entità’?
Secondo la sentenza, elementi come un lungo periodo di tempo dell’attività illecita, l’intensa frequenza degli episodi, i quantitativi commerciati e, in generale, la professionalità dell’attività e la capacità di diffusione sul mercato sono incompatibili con la nozione di minima offensività richiesta per il ‘fatto di lieve entità’.

Perché la Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché le motivazioni della Corte d’Appello sono state ritenute congrue, adeguate e prive di vizi logici. Inoltre, le obiezioni della difesa riguardavano l’interpretazione delle prove, che costituisce una valutazione di merito non consentita in sede di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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