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Fatto di lieve entità: la Cassazione conferma condanna

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per detenzione di stupefacenti. La Corte ha escluso la possibilità di qualificare il reato come fatto di lieve entità a causa della notevole quantità di principio attivo, della presenza di una piantagione di 110 piante e dei numerosi precedenti penali dell’imputato, che commise il reato mentre era ai domiciliari.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di lieve entità: quando la quantità di droga lo esclude

L’applicazione dell’ipotesi di reato di fatto di lieve entità in materia di stupefacenti è uno dei temi più dibattuti nelle aule di giustizia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 18737 del 2024, offre un chiaro esempio di come i giudici valutino i parametri per concedere o negare questa attenuante, sottolineando il peso decisivo del dato quantitativo e delle circostanze della condotta.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado dal GUP presso il Tribunale di Reggio Calabria per una serie di reati, tra cui la detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti. La Corte d’Appello, in parziale riforma, rideterminava la pena, escludendo un’accusa per mancanza di querela.

L’imputato decideva di ricorrere in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: il mancato riconoscimento della fattispecie di fatto di lieve entità prevista dall’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/1990 e una generica violazione di legge riguardo la concessione delle attenuanti generiche e la determinazione della pena.

La Decisione della Cassazione e il concetto di fatto di lieve entità

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo generico e manifestamente infondato. La decisione si concentra sull’analisi dei criteri che impediscono di qualificare la condotta come lieve.

La Corte d’Appello aveva già evidenziato, con una motivazione ritenuta logica e corretta, elementi ostativi al riconoscimento della lieve entità. Nello specifico, erano stati sequestrati oltre 27 grammi di principio attivo (THC), dai quali si sarebbero potute ricavare quasi 1.110 dosi singole. Inoltre, all’interno dell’abitazione dell’imputato era stata scoperta una vera e propria “piantagione” di cannabis indica, composta da 110 piante di varie dimensioni, oltre a tutto il necessario per il confezionamento.

Secondo la Cassazione, questi elementi sono sufficienti per escludere la minima offensività della condotta, requisito fondamentale per l’applicazione della norma.

Le motivazioni

Il Collegio ha ribadito un principio consolidato, espresso dalle Sezioni Unite (sentenza Rico, n. 35737/2010): il fatto di lieve entità può essere riconosciuto solo in ipotesi di minima offensività penale. Tale valutazione deve basarsi su tutti i parametri indicati dalla legge, quali i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e, soprattutto, il dato quali-quantitativo della sostanza.

Nel caso di specie, il dato quantitativo era talmente significativo da risultare “negativamente assorbente”. Ciò significa che, quando anche uno solo degli indici previsti dalla legge è particolarmente grave (in questo caso, l’enorme numero di dosi ricavabili), ogni altra considerazione perde di rilevanza e impedisce di per sé il riconoscimento della lieve entità. Il ricorso dell’imputato è stato giudicato generico proprio perché non si confrontava con questa solida motivazione.

Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alle attenuanti generiche, è stato respinto. La Corte ha sottolineato che l’imputato aveva numerosi precedenti penali, era già stato dichiarato recidivo e, fatto ancor più grave, aveva commesso il reato mentre si trovava in detenzione domiciliare. Tale condotta, in palese dispregio delle regole e del rischio di controlli, dimostrava una spiccata pericolosità sociale che giustificava ampiamente il diniego delle attenuanti generiche.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che la valutazione del fatto di lieve entità non è un mero automatismo, ma un giudizio complessivo sulla condotta del reo. La presenza di un quantitativo di droga non trascurabile, specialmente se unito a prove di un’attività organizzata come una piantagione domestica, è un ostacolo quasi insormontabile per ottenere il beneficio. Inoltre, la decisione ribadisce l’importanza della condotta processuale e pregressa dell’imputato: un ricorso generico e una storia criminale significativa rendono ancora più difficile scalfire una decisione di merito ben motivata.

Quando un reato di droga può essere considerato un fatto di lieve entità?
Un reato di droga può essere considerato un fatto di lieve entità solo quando presenta una minima offensività penale, valutata sulla base di tutti i parametri come i mezzi, le modalità, le circostanze dell’azione e il dato quali-quantitativo della sostanza. Se anche uno solo di questi indici è particolarmente negativo (ad esempio, una grande quantità di droga), il riconoscimento del beneficio è escluso.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza. L’atto di impugnazione non si confrontava adeguatamente con le motivazioni della sentenza d’appello, che aveva chiaramente spiegato perché la quantità di droga e la presenza di una piantagione escludevano la lieve entità del fatto.

I precedenti penali e la condotta dell’imputato possono influenzare la decisione?
Sì, in modo significativo. Nel caso specifico, i numerosi precedenti penali dell’imputato, la sua condizione di recidivo e il fatto che abbia commesso il reato mentre era ai domiciliari sono stati elementi decisivi per negare la concessione delle attenuanti generiche e per confermare la gravità della condotta, escludendo qualsiasi occasionalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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