Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22969 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22969 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a VASTO il 04/07/1991
avverso la sentenza del 21/10/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Motivi della decisione
NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, ricorre avverso la sentenza di cui in epigrafe, con la quale la Corte di appello dell’Aquila, in parziale riforma della pronuncia di condanna del Tribunale di Vasto del 16 novembre 2023 in ordine al reato di cui all’art. 73, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, ha limitato la disposta confisca alla sola sostanza stupefacente sequestrata, con conseguente dissequestro e restituzione del denaro.
Il ricorrente articola quattro motivi di ricorso.
Con i primi due motivi lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del fatto di lieve entità ex art. 73, comma 5 d.P.R. 309/90; con il terzo e quarto motivo violazione dell’art. 99, comma 2, n. 1 cod. pen., nonché manifesta illogicità della motivazione in ordine all’applicazione della recidiva contestata ovvero, in subordine, al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche.
Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità. Gli stessi, in particolare, lun dal confrontarsi criticamente con gli argomenti utilizzati nel provvedimento impugnato, si limitano a reiterare profili di censura già adeguatamente vagliati e disattesi con corretti argomenti giuridici dalla Corte di appello.
2.1. Quanto ai primi due motivi, i giudici del gravame del merito hanno dato infatti conto con ampia motivazione, pienamente corrispondente ai principi più volte affermati sul punto, del perché hanno ritenuto i fatti in contestazione non riconducibili alla previsione incriminatrice di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 (cfr. pag. 4-5 della sentenza impugnata), a tal fine evidenziando sia il quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuta (pari a 218,3 grammi di eroina e 0,2347 grammi di cocaina, con un principio attivo idoneo a ricavare 218 dosi medie singole di eroina e una dose di cocaina), sia il rinvenimento non soltanto di un bilancino di precisione, ma altresì di un disturbatore di frequenza, c.d. COGNOME, notoriamente utilizzato per l’agevolazione di condotte criminose, così potendosi ritenere che la condotta censurata riguardasse un’attività di spaccio di stupefacenti di carattere professionale, ulteriormente avvalorata dal curriculum criminale dell’imputato.
La sentenza de quo, pertanto, appare pienamente conforme al dictum di questa Corte di legittimità secondo cui, in tema di stupefacenti, la fattispecie del fatto di lieve entità di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309 del 1990 – anche all’es della formulazione normativa introdotta dall’art. 2 del D.L. n. 146 del 2013 (conv.
in legge n. 10 del 2014) e della legge 16.5.2014 n. 79 che ha convertito con modificazioni il decreto-legge 20.3.2014 n. 36 – può essere riconosciuta solo nella ipotesi di minima offensività penale della condotta, desumibile sia dal dato qualitativo e quantitativo, sia dagli altri parametri richiamati espressamente dalla disposizione (mezzi, modalità e circostanze dell’azione), con una valutazione che deve essere complessiva, ma al cui esito è possibile che uno degli indici previsti dalla legge risulti negativamente assorbente, ogni altra considerazione restando priva di incidenza sul giudizio (così Sez. U. n. 51063 del 27/09/2018, COGNOME, Rv. 274076 che, a pag. 14 della motivazione, ricordano che rimangono pertanto attuali i principi affermati nei precedenti arresti delle Sez. U, n. 35737 del 24/06/2010, Rico, Rv. 247911 e Sez. U, n. 17 del 21/06/2000, Primavera, Rv. 216668 cfr. anche ex multis, Sez. 3, n. 23945 del 29/4/2015, COGNOME, Rv. 263551, nel giudicare un caso in cui è stata ritenuta legittima l’esclusione dell’attenuante in esame per la protrazione nel tempo dell’attività di spaccio, per i quantitativi di droga acquistati e ceduti, per il possesso della strumentazione necessaria per il confezionamento delle dosi e per l’elevato numero di clienti; conf. Sez. 3, 32695 del 27/03/2015, Genco, Rv. 264491, in cui la Corte ha ritenuto ostativo al riconoscimento dell’attenuante la diversità qualitativa delle sostanze detenute per la vendita, indicativa dell’attitudine della condotta a rivolgersi ad un cospicuo e variegato numero di consumatori).
2.2. Parimenti inammissibili sono le doglianze afferenti al trattamento sanzionatorio, essendo lo stesso sorretto da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (sull’onere motivazionale del giudice in ordine alla determinazione della pena, Sez. 3, n. 29968 del 22/2/2019, COGNOME, Rv. 276288-01; Sez. 2, n. 36104 del 27/4/2017, COGNOME, Rv. 271243).
Quanto alla recidiva, va ricordato l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice ha il compito di verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosit del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale oc casionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali (Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, COGNOME, Rv, 247838).
I giudici del gravame del merito hanno, dunque, operato una concreta verifica in ordine alla sussistenza degli elementi indicativi di una maggiore capacità a delinquere del reo, ritenendo che l’applicazione della contestata recidiva specifica, già operata dal giudice di primo grado, risulti conseguenza di valutazioni logiche,
R.G.N. 9034/2025
lineari e congrue, fondate sulla significativa gravità del fatto in contestazione e sulla presenza di ben tre precedenti specifici, evidentemente sintomatici di una
rinnovata e rafforzata capacità a delinquere del reo.
Infine, con riferimento al mancato riconoscimento della prevalenza delle circostanze attenuanti generiche, la Corte territoriale ha dato atto, con motiva-
zione logica e congrua, che negli stessi elementi posti a fondamento del riconosci- mento della recidiva non si ravvisano valide ragioni per un giudizio di prevalenza
delle concesse attenuanti generiche.
La sentenza impugnata si colloca pertanto nell’alveo del consolidato e condi- visibile dictum di questa Corte di legittimità secondo cui le statuizioni relative al
giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione di- screzionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora
non siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la solu-
zione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realizzare l’adegua- tezza della pena irrogata in concreto (Sez. U., n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME
Rv. 245931; conf. Sez. 2 n. 31543 dell’8/6/2017; COGNOME, Rv. 270450; Sez. 4, n. 25532 del 23/5/2007, COGNOME Rv. 236992; Sez. 3, n. 26908 del 22/4/2004, COGNOME, Rv. 229298). Tale giudizio, in altri termini, è congruamente motivato alla stregua anche solo di alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 cod. pen., senza che occorra un’analitica esposizione dei criteri di valutazione adoperati (Sez. 5, n. 33114 del 08/10/2020, Rv. 279838).
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 10/06/2025