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Fatto di lieve entità: la Cassazione annulla la pena

Una donna è stata posta in custodia cautelare per spaccio di stupefacenti. La Cassazione ha annullato l’ordinanza, criticando la mancata valutazione del fatto di lieve entità. Il tribunale non aveva considerato adeguatamente la quantità minima di droga (1,5 grammi) e si era basato su precedenti remoti e sul comportamento di terzi per escludere l’ipotesi lieve, commettendo un errore di motivazione.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Fatto di Lieve Entità nello Spaccio: Quando la Quantità Conta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, sez. 4 Penale, n. 13549/2025, offre un’importante lezione sulla corretta qualificazione del fatto di lieve entità nel reato di spaccio di stupefacenti. La Corte ha annullato con rinvio un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, sottolineando come i giudici di merito debbano evitare ‘salti logici’ e valutare con rigore gli elementi oggettivi del caso, senza lasciarsi influenzare da contesti ambientali o precedenti datati.

La Vicenda Processuale

Una donna veniva arrestata in flagranza di reato per aver ceduto una dose di crack in cambio di dieci euro. Al momento del controllo, veniva trovata in possesso di altre sette dosi, per un totale di 1,5 grammi di sostanza stupefacente. L’operazione di polizia veniva ostacolata da altre persone presenti nell’abitazione dell’indagata, che cercavano di impedire la perquisizione.

Il Tribunale del Riesame confermava la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal GIP. Secondo il Tribunale, nonostante la quantità esigua di droga, l’indagata aveva organizzato una vera e propria ‘piazza di spaccio’ domestica. A sostegno di questa tesi, veniva evidenziata la professionalità della condotta, la presenza di ‘vedette’ pronte a ostacolare le forze dell’ordine e due precedenti specifici, sebbene risalenti al 2008.

Il Ricorso e la Qualificazione del fatto di lieve entità

La difesa proponeva ricorso in Cassazione, lamentando un vizio di motivazione. Il punto centrale del ricorso era la mancata riqualificazione del reato come fatto di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del D.P.R. 309/90. Secondo il legale, il Tribunale aveva ignorato la limitata valenza oggettiva dei fatti (una sola cessione e il sequestro di 1,5 grammi di sostanza) per costruire un quadro di gravità sproporzionato, basato su elementi esterni e non direttamente riconducibili alla condotta dell’indagata.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno censurato duramente l’operato del Tribunale del Riesame, evidenziando un ‘salto logico’ nella motivazione. Il Tribunale, infatti, aveva sviato il tema della limitata offensività del fatto concreto, concentrandosi esclusivamente su elementi di contesto, come la reazione dei vicini e i precedenti penali molto datati, per giustificare la gravità della condotta.

La Cassazione ha chiarito che, per escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità, non è sufficiente richiamare un presunto contesto organizzato. È necessario che la motivazione del giudice sia ancorata a fatti concreti e non si risolva in deduzioni illogiche. Nel caso di specie, derivare l’esistenza di una ‘piazza di spaccio’ dalla condotta di terze persone e da precedenti vecchi di oltre quindici anni è stato considerato un errore motivazionale che destruttura la coerenza logica dell’intero provvedimento.

Inoltre, la Corte ha ribadito un principio giurisprudenziale fondamentale: la fattispecie del fatto di lieve entità non è incompatibile, di per sé, con un’attività di spaccio non occasionale o inserita in un contesto criminale. La valutazione deve essere sempre globale e attenta a tutti gli indici previsti dalla norma, senza automatismi.

Conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito. La valutazione sulla gravità di un reato di spaccio deve basarsi su un’analisi rigorosa e completa di tutti gli elementi del caso concreto, in primis la quantità e la qualità della sostanza. Le circostanze ambientali e i precedenti dell’imputato possono avere un peso, ma non possono sostituire o stravolgere la valutazione del fatto storico. Annullando l’ordinanza, la Cassazione ha imposto al Tribunale di Napoli un nuovo esame che colmi le lacune argomentative e valuti correttamente se la condotta contestata rientri o meno nell’alveo del fatto di lieve entità, con tutte le conseguenze del caso sulla misura cautelare da applicare.

Anche uno spaccio non occasionale o organizzato può essere considerato un fatto di lieve entità?
Sì. La Corte di Cassazione, richiamando un suo precedente orientamento, afferma che la fattispecie del fatto di lieve entità non è di per sé incompatibile con lo svolgimento di un’attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un’attività criminale organizzata o professionale. La valutazione deve essere complessiva.

Come deve motivare un giudice per escludere il fatto di lieve entità?
Il giudice deve basare la sua decisione su un’analisi logica e coerente dei fatti emersi nel procedimento. Non può compiere ‘salti logici’ deducendo la gravità della condotta da elementi esterni o slegati dal fatto specifico, come il comportamento di terze persone o precedenti penali molto datati, ignorando dati oggettivi come l’esigua quantità di sostanza stupefacente.

Che valore hanno dei precedenti penali molto vecchi nel valutare la pericolosità di un indagato?
Sebbene i precedenti penali siano un elemento di valutazione, la sentenza evidenzia che quelli ‘assai risalenti nel tempo’ non possono essere l’unico o il principale fondamento per affermare l’esistenza di una professionalità criminale attuale e per escludere l’ipotesi del fatto di lieve entità, specialmente a fronte di dati oggettivi di segno contrario.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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