Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13549 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13549 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 27/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PORTICI il 17/01/1970
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Napoli Udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME sentite le conclusioni della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. udito l’avvocato NOME COGNOME in difesa di NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice del riesame, ha rigettato l’impugnazione proposta da NOME COGNOME confermando l’ordinanza con la quale, in data 21 novembre 2024, il GIP del Tribunale di Napoli aveva applicato alla medesima la misura della custodia cautelare in carcere, nel corso di un procedimento relativo al delitto di cui all’art. 73, co.1, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in seguito all’arresto in flagranza del 20 novembre 2024.
Nel provvedimento impugnato, la vicenda è stata così ricostruita: l’indagata, in data 20 novembre 2024, a seguito di un servizio di osservazione organizzato nei pressi della sua abitazione per contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti nel territorio di Barra, era stata sorpresa mentre, dopo aver ceduto una dose di crack a un acquirente che si era recato presso il suo domicilio per ricevere la dose in cambio del pagamento della somma di dieci euro, tentava di rientrare in casa e di sottrarsi al controllo del personale di P.G. appostato, essendo ancora in possesso di sette dosi della medesima tipologia di stupefacente pronte per essere cedute.
Solo la determinazione degli Operanti e il tempestivo intervento di altri Agenti di RAGIONE_SOCIALE, sopraggiunti a seguito di richiesta di aiuto da parte dei primi, la cui attivi era fortemente contrastata da numerose donne presenti nell’abitazione della Parisi e da altre arrivate successivamente per ostacolare la perquisizione, avevano consentito di ultimare l’attività investigativa e sequestrare le ulteriori dosi narcotico e la banconota di dieci euro provento della cessione avvenuta sotto la diretta osservazione del personale del Commissariato di San Giovanni- Barra.
Il Tribunale ha preso atto che la COGNOME nel corso dell’interrogatorio di garanzia, aveva negato gli addebiti, dichiarando di essere assuntrice di sostanza stupefacente e di essere in procinto di consumare il narcotico sequestrato unitamente all’uomo identificato dai poliziotti, mentre poi, dinanzi al Tribunale, attraverso una dichiarazione scritta depositata dal difensore in udienza, aveva ammesso le proprie responsabilità. Pertanto, non si poneva questione riguardo alla esistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale ha precisato che la condotta non aveva assunto i connotati della speciale tenuità, atteso che la COGNOME aveva organizzato presso il proprio domicilio una vera e propria “piazza” di spaccio; gli acquirenti sapevano di potersi rivolgere a lei per acquistare la sostanza dinanzi all’uscio di casa, all’interno della quale erano presenti più persone, che, consapevoli dell’illecita attività in corso, erano pronte ad intervenire- chiamando altri in aiuto- per contrastare gli interventi delle Forze dell’ordine. Per tali ragio la capacità dell’indagata di soddisfare un significativo numero di richieste di approvvigionamento al dettaglio non era smentita dal rinvenimento di solo otto
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dosi, apparendo evidente che il numero contenuto era tale proprio per evitare il rischio di sequestro di quantitativi cospicui, a riprova della professionalità dell’indagata emergente anche dai precedenti specifici seppure risalenti all’anno 2008.
Cosicché è stata ritenuta necessaria la misura della custodia cautelare in carcere, essendo presente ed attuale il pericolo di reiterazione di analoghi delitti e per recidere i collegamenti con il descritto contesto al cui interno la COGNOME era inserita da anni. La misura custodiale è stata ritenuta indispensabile per fronteggiare l’indole spiccatamente trasgressiva della COGNOME, che, nonostante avesse in passato fruito di regimi penitenziari e cautelari di favore, aveva dimostrato di non aver tratto alcun insegnamento dalle pregresse esperienze; si trattava, in particolare, di due condanne per evasione dagli arresti domiciliari e una condanna per truffa. In tale contesto, la misura degli arresti domiciliari nel comune di Caste! Volturno, vicino a quello di residenza, non è stata ritenuta idonea a scongiurare il rischio di condotte recidivanti, neanche con l’ausilio del sistema di controllo elettronico, che non avrebbe impedito la prosecuzione della condotta illecita.
Il difensore di fiducia dell’indagata ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i motivi che di seguito si riportano nei limiti strettamente necessari alla decisione, come previsto dall’art. 173, comma 1, Digs. 28 luglio 1989 n. 271.
2.1. Con il primo motivo, ha dedotto la mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell’articolo 606 comma 1, lett. e, cod.proc.pen., in relazione all’art. 73 d.P.R. n.309/90, per la mancata riqualificazione giuridica del reato quale fatto lieve ai sensi del comma 5 della medesima disposizione;
2.2. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce nuovamente vizio della motivazione, in ordine all’applicazione dei canoni di logica giuridica, riferita a diniego della concessione degli arresti domiciliari con il presidio elettronico, pur se in provincia diversa da quella ove si sono verificati i fatti, in violazione dell’art. cod.proc.pen.
Il P.G. ha depositato memoria con la quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
Il controllo di legittimità, relativo ai provvedimenti de libertate, secondo giurisprudenza consolidata, è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’ assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazion rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. Sez. 4 sentenza n. 2146 del
25/5/95, dep. 16.06.1995, Rv. 201840; Sez. 2, Sentenza n. 56 del 07/12/2011, dep. 04/01/2012, Rv. 251760).
Il controllo di legittimità non riguarda né la ricostruzione dei fatti, n l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, n. 1769 del 23.3.95, Rv. 201177), sicché, ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ed alle inferenze sul piano cautelare, alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di verificare se il decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto c governano l’apprezzamento delle risultanze 5 probatorie (Sez. 4 n. 22500 del 3.05.2007, Rv. 237012; si veda anche Sez. U. n. 11 del 21.04.1995, Rv. 202001).
Deve ricordarsi che la Corte regolatrice ha affermato che, in tema di procedimento di riesame di misure cautelari personali, sussiste l’obbligo del tribunale di esaminare compiutamente ogni censura difensiva sollevata all’udienza ex art. 309 cod. proc. pen., con la conseguenza che è da ritenersi affetta da vizio di motivazione l’ordinanza che, a fronte di un’eccezione ritualmente proposta, non contenga una compiuta disamina della stessa (Sez. 4, n. 21374 del 11.06.2020, Rv. 279297).
L’applicazione dei richiamati principi di diritto, che il Collegio condivide e riafferma, conduce ad apprezzare la fondatezza innanzi tutto del primo motivo di ricorso, con evidente assorbimento del secondo, tanto in riferimento alla valutazione riguardante la qualificazione giuridica del fatto e la relativa gravità indiziaria, quanto rispetto alle motivazioni poste a giustificazione della scelta della estrema misura in atto.
Sotto il primo profilo, si rileva che il Tribunale, nell’ordinanza che occupa, a fronte delle deduzioni difensive finalizzate a chiarire come la complessiva condotta riferita dagli operanti non potesse che inquadrarsi nell’ipotesi lieve prevista dal comma 5 dell’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, con ogni consequenziale ricaduta in punto di ammissione di responsabilità e prevedibile condanna a pena non superiore a tre anni, ha osservato di essere di contrario avviso, atteso che la COGNOME aveva organizzato presso il proprio domicilio una vera e propria piazza di spaccio, perché gli acquirenti sapevano di potersi rivolgere a lei per acquistare le dosi di narcotico che vengono consegnate dalla donna dinanzi all’uscio della propria abitazione all’interno della quale erano presenti più persone, che, consapevoli dell’illecita
attività in corso, erano pronte a intervenire per contrastare gli interventi delle Forze dell’ordine. Ciò rendeva irrilevante che le dosi sequestrate fossero solo otto, apparendo evidente al Tribunale che la COGNOME fosse in grado di soddisfare le richiese degli acquirenti in modo significativo, venendo rifornita strategicamente con dosi limitate al fine di evitare sequestri di sostanze stupefacenti imponenti. Del resto, la COGNOME era gravata da due precedenti per lo stesso reato risalenti al 2008.
Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, in ordine al sindacato sulla motivazione del provvedimento impugnato, gli atti del procedimento invocati dal ricorrente a sostegno del dedotto vizio di motivazione non devono semplicemente porsi in contrasto con particolari accertamenti o valutazioni del giudicante, ma devono essere autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione risulti in grado di disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n. 41738, del 19.10.2011, Rv. 251516).
Nel caso di specie, si registra il mancato esame del tema introdotto dalla difesa, afferente alla incompatibilità logica tra il provvedimento impugnato e i fatti emersi nel procedimento, riguardanti la valutazione della gravità della condotta ascritta all’indagata. Il Tribunale del riesame, invero, nel provvedimento impugnato, ha sviato il tema della oggettiva limitata valenza del fatto oggetto di constatazione, unico episodio di cessione di una dose di crack e sequestro di altre sette dosi, per un totale complessivo di gr. 1,5 di sostanza stupefacente, richiamandosi esclusivamente a precedenti specifici assai risalenti nel tempo e facendo derivare il convincimento che fosse stata allestita una vera e propria piazza di spaccio dalla condotta di contrasto messa in atto dai vicini dell’indagata.
Il salto logico tra fatti riportati dallo stesso provvedimento e conclusioni in ordine alla qualificazione della fattispecie è tale da destruttu rare la coerenza logica dell’intero impianto motivazionale, oltre che non in linea, in punto di corretta interpretazione dello stesso dato normativo, con la giurisprudenza di legittimità; si è infatti affermato il principio secondo il quale la fattispecie del fatto di li entità di cui all’art. 73, comma quinto, d.P.R. n. 309 del 1990 non è di per sé incompatibile con lo svolgimento di attività di spaccio di stupefacenti non occasionale, ma inserita in un’attività criminale organizzata o professionale (Sez. 6, n. 28251 del 09/02/2017; Rv. 270397 – 01).
Si impone quindi l’annullamento con rinvio al Tribunale di Napoli per nuovo esame della regiudicanda, al fine di colmare le evidenziate lacune argomentative, restando perciò assorbito l’ulteriore motivo di censura, relativo alla scelta del presidio di contenimento.
GLYPH Si dispone che copia del presente provvedimento sia trasmesso al Direttore dell’Istituto penitenziario competente perché provveda a quanto stabilito dall’art. 94, comma 1 ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al tribunale di Napoli competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 27/02/2025